L’Europa vuole creare un muro antidrone per allontanare la minaccia russa

Settembre 28, 2025 - 03:30
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L’Europa vuole creare un muro antidrone per allontanare la minaccia russa

Le ripetute violazioni dello spazio aereo dell’Unione europea e della Nato da parte della Russia sono segnali allarmanti per l’Occidente. Solo nelle ultime due settimane, droni e aerei russi hanno sconfinato nei cieli Polonia, Romania, Estonia e Danimarca. Le contromisure, sempre diverse, hanno costi elevati, alzano il livello della tensione e costringono a ripensare l’intera architettura difensiva europea. Per questo ieri la Commissione europea ha formalmente avviato un’iniziativa per realizzare un muro antidrone lungo il fianco orientale.

Il Commissario alla Difesa Andrius Kubilius ha riunito in videoconferenza i ministri della Difesa di undici Stati membri – quelli che stanno lungo il fianco orientale, più Danimarca, Ungheria e Slovacchia – in stretto coordinamento con la Nato.

Il primo argomento di discussione è stato la necessità di sviluppare capacità congiunte di rilevamento, tracciamento e intercettazione dei droni, integrandole con difese terrestri e sicurezza marittima. La Commissione ha lavorato sui dettagli tecnici e finanziari per rendere il progetto operativo il prima possibile, evidenziando come i droni rappresentino un pericolo per tutta l’Unione, non solo per i Paesi al confine orientale. L’urgenza è acuita dall’inefficienza delle contromisure usate negli ultimi episodi di sconfinamento.

L’iniziativa europea “Eastern Flank Watch” (Sorveglianza del fianco orientale) ha un duplice obiettivo: mappare gli strumenti a disposizione dei Paesi più esposti, e stabilire come colmare le lacune con fondi e tecnologie comuni. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha indicato la direzione da seguire: «L’Europa deve accogliere l’appello dei nostri amici baltici e costruire un muro antidrone. Non è un’ambizione astratta, è il fondamento di una difesa credibile».

Il riferimento ai Paesi baltici non è casuale. Estonia, Lettonia e Lituania da anni convivono con minacce più o meno esplicite della Russia. Per questo la scorsa estate l’Estonia ha iniziato a realizzare un sistema difensivo di ultima generazione. La Polizia di Frontiera lo descrive come «una rete multilivello di sensori per la sorveglianza, il rilevamento e l’applicazione di contromisure contro i droni». Il progetto è una versione minore di ciò che dovrebbero replicare tutti gli Stati europei sotto minaccia. È stato ribattezzato Baltic Drone Wall e prevede radar, sensori ottici, jammer, droni di pattugliamento, intercettori cinetici e software di intelligenza artificiale. Il budget iniziale è di appena venti milioni di euro, con completamento previsto entro il 2027.

È così che dovrebbe essere un’efficace difesa antidrone. Come già raccontato la settimana scorsa, per difendersi dagli attacchi e dalle minacce dei velivoli russi ci sarebbe bisogno di sistemi multilivello, capaci di combinare guerra elettronica, droni intercettori, sensori intelligenti e, quando possibile, la difesa cinetica tradizionale.

I Paesi baltici sono i più reattivi tra gli Stati membri nel contrastare la minaccia russa. Ma l’Europa avrebbe più di qualche lezione da imparare dall’Ucraina. Kyjiv deve affrontare centinaia di droni russi ogni notte, e per questo negli ultimi anni ha sviluppato capacità uniche: è molto più avanti di tutti i Paesi europei della Nato in termini di tecnologia dei droni e in particolare per le misure anti-drone. Non a caso la Danimarca ha già firmato un accordo con l’Ucraina per aprire linee di produzione congiunte. E in settimana, parlando all’Assemblea Generale dell’Onu, Volodymyr Zelensky ha annunciato la revoca del divieto di esportazione di armi: i droni ucraini potrebbero presto arrivare anche sui mercati europei.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha già promesso che Bruxelles «anticiperà sei miliardi di euro dal prestito Era e stipulerà un’alleanza per i droni con l’Ucraina». Perché difendere l’Europa è anche una sfida economica.

Sul tavolo ci sarebbe anche la possibilità di un grande prestito da centoquaranta miliardi finanziato con gli asset russi congelati. È la proposta avanzata ieri dal cancelliere tedesco Friedrich Merz sul Financial Times. «Quel prestito verrà rimborsato solo quando la Russia avrà risarcito l’Ucraina», ha scritto il cancelliere tedesco Friedrich Merz sul Financial Times. L’idea di Merz è dare all’Ucraina il prima possibile un prestito di quasi centoquaranta miliardi di euro senza interessi. Il prestito poi potrebbe essere rimborsato quando la Russia avrà risarcito l’Ucraina per i danni causati dall’invasione su vasta scala. Questi fondi garantirebbero all’Ucraina la possibilità di difendersi per diversi anni. E sarebbero il primo tassello della difesa europea. Perché un’Ucraina più sicura significa un’Europa più sicura, libera e unita.

Secondo Jennifer Rankin, corrispondente a Bruxelles del Guardian, la Commissione europea vorrebbe adottare un piano in linea con la proposta di Merz, per garantire che il Cremlino paghi per la sua guerra di aggressione. La giornalista del quotidiano britannico ha avuto accesso al documento di due pagine che contiene alcuni dettagli su come l’Unione europea potrebbe spendere quei fondi attualmente congelati presso Euroclear in Belgio. Il prestito si basa sull’idea che i beni congelati della banca centrale russa vadano usati per finanziare la ripresa e lo sforzo bellico dell’Ucraina. Ma per non minare la fiducia degli investitori in Euroclear, Mosca rimarrebbe proprietaria dei beni. «Le riparazioni che la Russia fornirebbe all’Ucraina – si legge nel documento – verrebbero utilizzate per rimborsare il prestito di riparazioni dell’Unione, dove l’Unione a sua volta rimborserebbe Euroclear, garantendo che quando le sanzioni saranno revocate, Euroclear avrà il denaro necessario per onorare la propria responsabilità nei confronti della Russia».

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Redazione Redazione Eventi e News