L’UE dimezza la crescita dell’Italia: nel 2025 solo 0,4 per cento, e nel 2027 ultima
Bruxelles – L’Italia va a rilento. La Commissione europea smentisce toni trionfalistici e retorica di governo: l’economia tricolore è quella che soffre di più, sarà penultima per ritmi di crescita nel 2026 e ultima nel 2027. Le previsioni economiche d’autunno mostrano un Paese fortemente dipendente dal Piano per la ripresa (PNRR), unico vero volano per investimenti e un minimo di produttività. Per il resto le incertezze internazionali, il calo dell’export e scelte passato tra cui quella del Superbonus continueranno a gravare sui conti pubblici.
La crescita dimezzata: da 0,7 per cento a 0,4 per cento nel 2025
Rispetto alle previsioni economiche di maggio l’esecutivo comunitario taglia ancora le stime di crescita per l’economia tricolore. Espansione del Prodotto interno lordo per il 2025 non più allo 0,7 per cento bensì allo 0,4 per cento, mentre per il 2026 viene corretto al ribasso di 0,1 punti percentuali per una crescita ora attesa allo 0,8 per cento invece di 0,9 per cento. Per il 2027 attesa crescita sempre a quota 0,8 per cento.
Per ritmi di crescita l’Italia risulta una delle economie più deboli e le più in difficoltà di tutta l’eurozona. Se alla fine di quest’anno la maglia nera sarà per la Finlandia (0,1 per cento) e il Paese potrà vantare ritmi di crescita superiori a quelli della Germania, il governo di Giorgia Meloni nel 2026 dovrà arrendersi al titolo di penultima economia dell’area euro (dietro solo all’Irlanda), per poi scivolare all’ultimo posto per ritmi di crescita nel 2027, quando l’Italia sarà l’unico Paese membro ad avere un Pil ancora sotto la soglia dell’1 per cento di espansione.
Praticamente tutti conosceranno un rimbalzo che l’Italia invece non registrerà. Un grattacapo per i partiti di maggioranza, che avranno un bel da fare a dimostrare che le cose vanno bene e che il Paese marcia a vele spiegate. Perché così non è. Del resto “la produttività del lavoro è destinata a continuare a diminuire quest’anno” lamenta l’esecutivo comunitario. “Con una domanda di lavoro prevista in rallentamento, si prevede che la produttività inizierà a riprendersi nel 2026-27, beneficiando dei recenti investimenti”. Si prevede che il tasso di disoccupazione diminuirà costantemente al 5,9 per cento nel 2027.
Crolla l’export e le famiglie non spendono, il nodo dei conti pubblici
Sull’Italia pesa la crisi dell’export. I tecnici di Bruxelles prevedono che, complici i dazi imposti e le incertezze generalizzate, “le esportazioni di beni si contrarranno dello 0,6 per cento, mentre le esportazioni di servizi aumenteranno. Al contrario, si prevede che “le importazioni di beni e servizi aumenteranno considerevolmente, con una conseguente riduzione delle esportazioni nette”. Questo implica un indebitamento netto del Paese, chiamato a ridurre la traiettoria delle passività che invece è prevista in aumento: alla fine del 2025 il rapporto debito/PIL è previsto al 136,4 per cento, per poi salire al 137,9 per cento nel 2026 e ridursi al 137,2 per cento nel 2027.
Sull’andamento dei conti la Commissione ritiene di dover mettere in risalto almeno due fattori: da una parte l’incidenza degli interessi sul debito, cresciuti, e quindi venuti a rappresentare un fardello ulteriore. Dall’altro continuano a pesare “aggiustamenti stock-flussi correlati ai crediti d’imposta per la ristrutturazione degli alloggi“. E’ questo un riferimento al Superbonus introdotto dal secondo governo Conte.
La scommessa dei consumi interni
In questo quadro di incertezze e ristrettezze, la vera chiave di volta per l’Italia sembra essere determinata dai consumi interni. Attualmente le famiglie tendono a risparmiare, sottolinea i tecnici di Bruxelles, e questo implica minore stimoli per la domanda interna. Tuttavia, “nel 2027, i consumi delle famiglie diventeranno il principale motore di crescita, a causa del rallentamento degli investimenti dovuto alla fine del Recovery Fund”.
Secondo le stime di Bruxelles, l’aumento dei consumi dovrebbe essere garantito da un aumento del potere d’acquisto legato all’aumento delle busta paga: si prevede che “i salari cresceranno ancora in modo sostenuto quest’anno e in modo moderato in seguito”, poiché il rinnovo dei contratti collettivi riflette l’andamento dei prezzi più recente.

Ad ogni modo, incalza il commissario per l’Economia, Valdis Dombrovskis, occorre “un’azione decisa per sbloccare la crescita interna“. Un nuovo e chiaro invito a fare le riforme, dopo aver fatto uso sapiente delle risorse messe a disposizione con il Recovery Fund. Non solo: “Bilanci pubblici solidi e riforme sono i prerequisiti per la crescita”, ricorda, per quello che è un richiamo a tenere sotto controllo i conti, in termini di spesa e modo di spendere. “Gli Stati membri dovranno avere approcci prudenti”, sottolinea, e questo vale soprattutto per l’Italia.
Deficit, si rientra nei parametri
L’unica vera buona notizia per il governo è il ritorno sotto la soglia del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, prevista dal trattati e dal patto di stabilità come soglia di riferimento per i conti pubblici. A differenza del debito, qui la traiettoria è discendente: 3 per cento nel 2025, 2,8 per cento nel 2026, 2,6 per cento nel 2027. I numeri da una parte confermano come l’Italia stia facendo i compiti per casa che Bruxelles ha assegnato, e dall’altra parte consente alla Commissione europea di archiviare la procedura per deficit eccessivo che grava sull’Italia. Non subito, però.
Per poter raccomandare di chiudere ufficialmente la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia “dobbiamo vedere i dati verificati da Eurostat, che saranno disponibili ad aprile“, chiarisce Dombrovskis. Per poter sventolare questo risultato il governo dovrà dunque attendere fino alla primavera.
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