Viaggiare ai tempi dei social e dell’overtourism

Settembre 25, 2025 - 19:00
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Viaggiare ai tempi dei social e dell’overtourism

L’overtourism è un problema sia per gli abitanti del posto che per i visitatori e sta occupando un ruolo centrale nel dibattito sul turismo moderno. In Italia, ad esempio, solo una parte ridotta del territorio e delle sue attrazioni viene inclusa negli itinerari, mentre il resto rimane in ombra. I social media hanno contribuito a concentrare i flussi nei luoghi più popolari, accentuando ulteriormente il fenomeno.

Lo conferma anche l’ultimo report di Visit Italy, secondo cui il turismo si sta trasformando in un consumo superficiale: per tre viaggiatori su quattro la scelta della meta non nasce da un desiderio di esperienza autentica, ma è guidata dalla logica dei social e dalla cosiddetta Checklist Era.

Il fenomeno della Checklist Era

Negli ultimi anni, il viaggio sembra aver perso la sua essenza originaria: la scoperta. Al suo posto, emerge sempre più forte la cosiddetta Checklist Era, un fenomeno che riduce l’esperienza turistica a una sequenza di “spunte su una lista”. Visitare l’attrazione più fotografata, riprodurre un selfie visto su TikTok, replicare itinerari virali: per molti viaggiatori il senso del viaggio si è trasformato da esplorazione autentica a prestazione da documentare.

Secondo il report di Visit Italy, quasi tre turisti su quattro pianificano i propri spostamenti seguendo questo approccio collezionistico e oltre il 70% sceglie la destinazione principalmente sulla base delle tendenze social. Non sorprende, quindi, che il 64% dei visitatori dichiari di aver vissuto situazioni di overtourism durante il proprio soggiorno in Italia.

La Checklist Era racconta un paradosso: viaggiamo sempre di più, ma spesso torniamo a casa con molto meno. Non un ricordo trasformativo, non un arricchimento culturale, ma una cartella di foto identiche a quelle di milioni di altri viaggiatori.

Superare l’overtourism: verso un turismo di rigenerazione

Eppure, l’Italia continua a offrire possibilità infinite per fare viaggi autentici: non solo città d’arte e monumenti famosi, ma anche borghi minori, paesaggi naturali, sapori e tradizioni che resistono fuori dai circuiti di massa. I dati lo confermano, chi visita il Paese cerca ancora relax (69%), cultura (65%) ed enogastronomia (56%), segno che la domanda di esperienze vere non è scomparsa, ma spesso resta soffocata dal rumore dei trend digitali.

Il report introduce un concetto interessante: il turismo come ciclo che può rigenerarsi. Se l’overtourism consuma i luoghi e ne impoverisce la qualità di vita, la rigenerazione punta a ridare centralità alle comunità e a valorizzare ciò che rende unico un territorio. Esempi concreti esistono, città che hanno restituito i centri storici ai residenti, borghi che hanno riportato in vita l’artigianato, progetti che misurano il successo non solo in presenze, ma in impatto sociale e culturale. D’altronde, finché le popolazioni locali non saranno adeguatamente consultate su ciò che vogliono e non vogliono dal turismo, assisteremo a sempre più proteste.

Il futuro del turismo italiano, e non solo, passa quindi da una sfida cruciale: trasformare i numeri in valore. Non ridurre la crescita, ma darle significato. Non una lista di luoghi da collezionare, ma esperienze che lascino un segno sia in chi viaggia che in chi accoglie. Perché viaggiare non dovrebbe mai essere un gesto da spuntare, ma un incontro e un’esperienza che arricchisce.

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Redazione Redazione Eventi e News