Morgana Capasso: “In India lo sviluppo è la nuova forma di colonialismo”

Nelle regioni dell’India orientale, dove la foresta si intreccia con i villaggi delle comunità Adivasi, la parola “sviluppo” ha un significato amaro. Qui, miniere, dighe e zone industriali sorgono su terre ancestrali in nome del progresso nazionale, ma per chi le abita significano spesso perdita, spostamenti forzati e marginalizzazione.
A raccontarlo è Morgana Capasso, dottoranda in antropologia e ricercatrice impegnata nello studio delle comunità indigene del Jharkhand e dell’Orissa. Nei suoi studi, Capasso indaga come l’eredità coloniale britannica continui a influenzare le politiche fondiarie e sociali dell’India contemporanea, e come le comunità Adivasi resistano – con strumenti culturali, religiosi e politici – a un modello economico che considera la terra soltanto una risorsa da sfruttare.
«Uno degli impatti principali del sistema fondiario britannico – spiega – è stata l’introduzione dell’idea di massimizzazione del profitto e di messa a valore del terreno, concetti estranei alle comunità locali». Nelle regioni del Bengala, dell’Orissa, del Bihar e del Jharkhand, l’amministrazione coloniale giustificava l’esproprio delle terre con la retorica della “modernizzazione”. «Oggi – prosegue – la stessa logica si ripresenta sotto la veste dello sviluppo: lo Stato continua a considerare i territori indigeni come aree da valorizzare, accusando implicitamente le comunità di non saper sfruttare adeguatamente le risorse».
Il linguaggio stesso diventa terreno di scontro politico e simbolico. Capasso sottolinea come i termini tribals, indigenous people e Adivasi non siano equivalenti né neutri. «“Tribals” è un’eredità coloniale, carica di stereotipi sull’arretratezza e il primitivismo; “indigenous people” si collega al dibattito internazionale sui diritti dei popoli autoctoni; “Adivasi”, termine sanscrito coniato negli anni Trenta, significa “primi abitanti” ed è quello scelto dalle comunità stesse. Ma oggi anche questa parola è contestata dal potere centrale, che ne teme la carica politica: riconoscere gli Adivasi come primi abitanti significa ammettere la loro priorità storica e culturale sul territorio».
Alla base delle rivendicazioni indigene non vi è solo la difesa della terra, ma anche una diversa concezione del rapporto con la natura. «Le comunità Adivasi mantengono un legame fondato su cura e reciprocità con l’ambiente – spiega Capasso – un modo di intendere la vita che si oppone alla logica estrattivista dello Stato. Le loro epistemologie ci mostrano la possibilità di un rapporto paritario con il mondo naturale, cruciale per affrontare la crisi climatica globale».
La crescita del nazionalismo hindu ha aggravato la marginalizzazione di queste comunità. «Negli ultimi anni – racconta la ricercatrice – si è intensificato il tentativo di induizzare gli Adivasi, spingendoli verso l’assimilazione culturale e religiosa. Ma parallelamente è nato un movimento di rivendicazione identitaria che ruota intorno al culto Sarna, una religione indigena che celebra la reciprocità con la natura».
A questa rinascita culturale si accompagna una crescente repressione del dissenso. «L’India vive oggi un’ondata repressiva che coinvolge attivisti, avvocati e sindacalisti impegnati nella difesa dei diritti delle comunità marginali. È una realtà in profonda contraddizione con l’immagine di “più grande democrazia del mondo” che il governo indiano vuole proiettare all’esterno».
Eppure, anche di fronte alla violenza istituzionale, la resistenza continua. «Accanto alle manifestazioni pubbliche – osserva Capasso – si diffondono forme di mobilitazione meno visibili, come casse di mutuo aiuto per le famiglie sfollate o sostegni economici ai prigionieri politici. E accanto a queste, resistenze culturali che riaffermano valori di solidarietà, reciprocità e rispetto della terra».
Dietro la retorica dello sviluppo e del progresso, l’India degli Adivasi continua così a difendere un altro modello di vita – uno in cui la terra non è proprietà, ma relazione.
Morgana Capasso sarà tra le protagoniste dell’incontro “India sconosciuta: voci, comunità e storie nascoste”, in programma lunedì 10 novembre alle ore 21:00.
Un viaggio nell’India meno conosciuta attraverso le voci e le esperienze delle comunità Adivasi. Insieme alla giornalista Daniela Bezzi, Capasso guiderà il pubblico tra tradizioni, diritti e resistenze contemporanee, svelando un Paese complesso, inedito e sorprendente.
PRENOTA QUI IL TUO POSTO ALLA SERATA
L'articolo Matteo Bianchi: “La Caserma Garibaldi diventi il cuore della Varese universitaria” sembra essere il primo su VareseNews.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




