Nel 2026 il Governo Meloni quadruplicherà la spesa per finanziare informazione pro nucleare

Il Consiglio dei ministri che si è riunito ieri sera a Palazzo Chigi ha approvato, su proposta della presidente Giorgia Meloni e del ministro Pichetto Fratin, il disegno di legge di delega al Governo (in allegato a coda dell’articolo, ndr) sul “nucleare sostenibile”.
Il testo ha l’obiettivo di intervenire in modo organico sulla produzione di energia da fonte nucleare “sostenibile” e da fusione «inserendola nel mix energetico italiano per raggiungere l’indipendenza energetica e gli obiettivi di decarbonizzazione. Il provvedimento – spiegano dal Cdm – supera le precedenti esperienze nucleari e si concentra sull’uso delle migliori tecnologie disponibili, incluse quelle modulari e avanzate».
Il provvedimento era già stato approvato dal Governo a febbraio e ha già acquisito quest’estate il parere favorevole della Conferenza unificata: le Regioni e le Province autonome hanno espresso parere favorevole a maggioranza, condizionato all’intesa sui decreti legislativi attuativi, mentre l’Anci ha chiesto e ottenuto che i Comuni siano coinvolti nelle consultazioni qualora si proceda all’individuazione ex ante di aree aventi le caratteristiche per ospitare gli impianti, con la valutazione di adeguate misure di compensazione per i territori interessati. La delega prevede, tra l’altro, l’elaborazione di un Programma nazionale per il nucleare sostenibile, l’istituzione di una Autorità per la sicurezza nucleare indipendente, il potenziamento della ricerca scientifica e industriale.
Il Ddl sarà ora trasmesso al Parlamento, e i decreti legislativi attuativi dovranno essere adottati entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge. «L’Italia si dota di uno strumento fondamentale per guardare al futuro con realismo e ambizione – commenta il ministro Pichetto – Vogliamo essere protagonisti delle nuove tecnologie, dagli Smr e Amr fino alla fusione, nel quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea. Il nucleare sostenibile è una scelta di innovazione, sicurezza e responsabilità verso i cittadini, imprese e verso l’ambiente».
Vale la pena osservare che per contribuire a convincerli, i cittadini, il disegno di legge delega conferma il già previsto stanziamento di un importante quantitativo di risorse statali per finanziare “una opportuna campagna di informazione ai cittadini sull’energia nucleare, con particolare riferimento alla relativa sicurezza e sostenibilità” e “opportune forme di informazione capillare per le popolazioni direttamente interessate, nonché di consultazione delle medesime”. Si tratta di 1,5 mln di euro per quest’anno e una cifra quadrupla, 6 milioni di euro, per il 2026. Per gli investimenti previsti dalla legge delega, complessivamente, si aggiungeranno poi 20 milioni di euro per ognuno degli anni 2027, 2028 e 2029.
Tutto legittimo: se il Governo ritiene strategico tornare a produrre energia nucleare in Italia non è solo lecito, ma anche doveroso accompagnare questo percorso con investimenti in informazione e comunicazione istituzionale, certo sperando non si traducano in mera propaganda. Qualche dubbio c’è, dato che al contempo lo Stato sta stanziando zero euro per spiegare ai cittadini “sicurezza e sostenibilità” delle fonti rinnovabili, che peraltro sono le tecnologie più efficaci e rapide sia per abbattere il costo dell’elettricità sia per contrastare la crisi climatica con orizzonte 2030. Lo stesso non si può dire per la fonte nucleare, anche perché nei fantasiosi piani del Governo i primi impianti nucleari dovrebbero vedere la luce nel 2035 con 0,4 GW, quando da gennaio ad agosto di quest’anno – avanzando a passo di lumaca – l’Italia ha installato 4 GW di nuovi impianti rinnovabili.
«Il Governo italiano per il nucleare punta principalmente ai piccoli reattori che proprio nuovi non sono visto che già negli anni ‘90 c’erano due progetti sviluppati in Italia: uno del Politecnico di Milano e uno della Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, con collaborazione di industrie del settore – afferma G.B. Zorzoli, decano italiano dell’energia e già presidente del Coordinamento Free – Già allora tutti avevano concluso che i piccoli reattori non erano competitivi perché era molto complesso ridurre i tempi di cantiere e i costi di realizzazione. Il divario di costo che emergeva allora era così grande che non è pensabile in nessun modo che siano intervenuti sviluppi tecnologici tali da permettere di abbattere in modo drastico i costi dei piccoli reattori».
Come argomentato sempre da Zorzoli in un recente approfondimento per RiEnergia, al contempo, a monte delle difficoltà autorizzative che frenano lo sviluppo delle rinnovabili in Italia – dovremmo installare almeno 11 GW l’anno per traguardare i pur timidi obiettivi che il Governo Meloni si è dato – non ci sono difficoltà tecniche ma disinformazione galoppante.
«Le difficoltà autorizzative – argomenta nel merito Zorzoli – dipendono innanzi tutto dalla mancata decisione da parte di tutti i governi, qualsiasi ne fosse il colore politico, di impegnarsi per comunicare ai cittadini in modo comprensibile e continuativo, utilizzando tutti i canali d’informazione, sia i vantaggi derivanti dalla crescita della produzione di elettricità con fonti rinnovabili sotto il profilo economico (bollette più basse), ambientale e climatico, sia i costi indotti dal loro mancato sviluppo; non dimenticando di spiegare che, diversamente da altri insediamenti, per gli impianti a fonti rinnovabili esiste l’obbligo di ripristinare la condizioni ex-ante del suolo, qualora l’impianto fosse dismesso. Unica eccezione, un efficace documentario realizzato dal Gse. Poiché la numerosità degli impianti fotovoltaici (a dicembre 2024 erano 1.378.780) e la visibilità dei parchi eolici stanno trasformando il paesaggio occorre altresì ricordare che da millenni viviamo in un ambiente costruito in continua evoluzione».
È a coda della disinformazione che si muovono i provvedimenti normativi messi in campo dal Governo Meloni non per accelerare, ma per frenare deliberatamente l’avanzata delle rinnovabili: «A luglio 2024 la conversione in legge di un decreto del Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida ha vietato l'installazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra in aree agricole, fatta eccezione per casi specifici, come gli impianti agrivoltaici e quelli finanziati dal Pnrr […] Con il decreto interministeriale del 21 giugno 2024 il governo si è pilatescamente lavato le mani, affidando alle regioni il compito di identificare le aree idonee all’installazione delle rinnovabili, creando un guazzabuglio che ha portato il Consiglio di Stato a sospendere l’art. 7, comma 2, lettera c) di tale decreto. Di fatto creando un ulteriore ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili che, mentre scrivo queste righe, non è stato ancora rimosso. Infine – conclude Zorzoli – solo la propensione a non accelerare il processo di decarbonizzazione giustifica la continua formulazione di norme che esplicitamente lo rallentano e che, anche quando si propongono di semplificare, snellendole, le precedenti procedure per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, nella sostanza vanno nella direzione opposta: tipico esempio, il Testo unico sulle rinnovabili».
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