Nella fabbrica dei costumi dei campioni del nuoto

Ottobre 12, 2025 - 06:30
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Nella fabbrica dei costumi dei campioni del nuoto

Galeotte furono le Olimpiadi di Monaco del 1972. Horst Dassler, figlio di Adolf fondatore di Adidas, dagli spalti della piscina olimpionica vede gareggiare Mark Spitz, che quell’anno vince sette medaglie d’oro con altrettanti record. Guardando «Mark the shark» in vasca, Dassler (allora 37enne) immagina un’azienda che produca una linea destinata all’élite mondiale dei professionisti del nuoto. Contatta Spitz e lo convince a firmare un contratto, contro il volere della famiglia.

Per produrre la sua prima linea di costumi, rispolvera Arena, un marchio che aveva lanciato l’anno prima con cui produceva scarpe in canvas. Così nasce il logo con i tre diamanti (che riprendono le tre strisce di Adidas) che più di cinquant’anni dopo, dal quartier generale di Tolentino, Macerata, continua a vestire i più grandi nuotatori al mondo.

Il lancio ufficiale del marchio avviene nel 1974 ai campionati Europei di Vienna, dove Horst arriva con una linea fatta di soli tre costumi da uomo che vanno subito a ruba. L’anno dopo la linea si apre anche alle donne. In due anni il successo diventa planetario, grazie alle relazioni personali di Horst con le federazioni e gli atleti. Tra quelli che promuovono il marchio, ci sono tutti i maggiori campioni dell’epoca, da Novella Calligaris al tuffatore Klaus Di Biasi, Schollander e Babashoff, e l’inglese Wilkie. Horst li coinvolge nel processo di sviluppo del prodotto, una novità diventata poi un’abitudine che in Arena sopravvive ancora oggi.

Nel 1975, alle Olimpiadi di Cali, il 70 per cento delle medaglie è vinto con un costume Arena addosso. Come si sia arrivati dal tetto del mondo a stabilire l’headquarter in un comune di diciassettemila abitanti nel cuore delle Marche, vendendo costumi, occhialini, cuffie e pinne in oltre centoquaranta Paesi è una storia lunga che attraversa diversi passaggi proprietari e ripercorre un po’ anche la stessa storia del nuoto.

Negli uffici di Tolentino, diventata oggi caput mundi del nuoto, lungo i corridoi sono affisse le foto dei campioni che ripercorrono l’evoluzione del marchio. Da Mark Spitz a Gregorio Paltrinieri. Da Novella Calligaris a David Popovici. I costumi cambiano forme, logo e matariali. Dal “flyback” con le spalline sottili ai “costumoni” interi full body, poi vietati nel 2010 dalla Fina dopo che ai mondiali di Roma del 2009 vengono battuti ben 43 record, più di qualsiasi precedente campionato o olimpiade.

Dal 2013, il gruppo, guidato dal ceo Peter Graschi, è di proprietà del fondo svizzero Capvis dopo svariati passaggi tra fondi di private equity. Nella storia dell’azienda, c’è infatti un prima e un dopo la morte di Horst Dassler nel 1987, a soli 51 anni. Nel 1990, Adidas vende il marchio e da lì comincia la lunga saga di cambi nella compagine societaria e spacchettamenti tra le banche. In Asia, il marchio Arena viene venduto a Descente, che ancora oggi continua a produrlo e venderlo in quella parte di mondo. Da questa parte, invece Arena negli ultimi anni è passato dalle mani del fondo statunitense The Riverside Company, che a sua volta l’aveva rilevato da BS Private Equity. Prima ancora, nel 2002, Investitori Associati aveva comprato Arena dalla holding tedesca Blb-Beteiligungsgesellschaft, che ne aveva acquisito il controllo dai manager Mario Chesi e Werner Peemoller, che già avevano lavorato fianco a fianco con Dassler.

Si deve a Mario Chesi l’idea di puntare sui designer italiani. Inizialmente Arena Italia aveva sede a Firenze. Poi, alla ricerca di uno stabilimento più grande ed economico, si finisce per spostare momentaneamente tutto a Tolentino, da dove il marchio però non si è più spostato, approfittando della consolidata capacità produttiva tessile del distretto marchigiano.

Nello stabilimento di Tolentino, si contano duecento dipendenti, molti dei quali si sono trasferiti nel distretto della pelle e del tessile marchigiano da ogni parte del mondo, dalla Francia al Sudafrica, dagli Stati Uniti alla Lituania. Su e giù per le scale del quartier generale si sente parlare quasi solo inglese. L’ultimo che ha traslocato dall’Oregon a Tolentino è Mark Pinger, ex nuotatore olimpico tedesco, che dal 2016 guidava il business statunitense di Arena e che da ottobre è stato richiamato in Italia per assumere la carica di chief brand officer.

Il processo che c’è dietro la produzione di ogni costume, cuffia o paio di occhialini è lungo e complesso. L’1,5 per cento del fatturato viene investito in ricerca e sviluppo, con un lavoro certosino sui dettagli. Sia per i costumi da gara sia per quelli destinati ai non professionisti. «Per i nuotatori professionisti, lavoriamo fianco a fianco degli atleti, che provano riprovano i costumi in allenamento e ci danno il loro riscontro», spiega Luca Moroni, Sport Marketing Manager di Arena. «Ma consultiamo anche gli allenatori prima della scelta del costume». Si prendono le misure, si fanno le prove, si raccolgono dati e sensazioni. I costumi vanno e vengono dalle piscine fino all’ok finale.

I costumi da gara sono un prodotto d’élite sì, ma anche di consumo diffuso, un business che per Arena rappresenta circa il 15 per cento del fatturato.  Destinati non solo ai campioni mondiali e olimpici come Paltrinieri e Ceccon, ma a tutti quelli che si cimentano nelle gare, dai giovani agonisti che fanno i campionati regionali ai nuotatori master che si sfidano per passione nei weekend.

I designer dei costumi a Tolentino sono ricercatissimi. Arrivano dalle scuole di moda, ma nella maggior parte dei casi devono essere formati ex novo. «Disegnare costumi non è come disegnare un vestito, devi avere conoscenza del prodotto e dei tessuti a contatto con l’acqua», dice Moroni. Lo stesso vale per i costumi destinati ai semplici appassionati di nuoto. «Da quattro anni disegniamo tutte le collezioni in 3D, variando i modelli a seconda delle corporature, soprattutto femminili, che cambiano nei diversi Paesi», spiega Roberto Tiburzi, Product Category Swimwear & Sportswear. «Molti modellisti arrivano dal territorio anche grazie alla grande tradizione della moda tessile e dell’intimo che c’è qui».

In questo caso, i prodotti vengono testati in focus group di nuotatori non professionisti. Ma spesso sono gli stessi dipendenti di Tolentino che li provano nella piscina del paese. «Ormai ci sono ben settanta nuotatori tra i dipendenti di Arena», raccontano fieri. A volte sono loro stessi a testare anche gli esperimenti sugli occhialini che vengono fuori dal bellissimo reparto equipment, quello che disegna anche borse, cuffie, palette, pinne e pull buoy.

«Ogni prodotto destinato alle gare nasce sempre dalle conversazioni con gli atleti», racconta Paola Cennerelli, Product Manager Equipment. Dopo il disegno, il prodotto passa alla stampante 3D e cominciano i primi test. I prototipi riempiono scatoloni e scrivanie. «Per i prodotti racing, possono volerci anche due anni prima che un occhialino venga effettivamente prodotto. Per gli altri in media impieghiamo sei mesi», dice Cennerelli. Gli ultimi esperimenti si stanno facendo sulle cuffie, provando a testare anche in Italia quelle in rete diffusissime in Giappone.

Gli atleti sotto contratto di Arena International oggi sono ventuno, più altri dieci con Descente, il distributore asiatico, e un’altra trentina con gli altri distributori. I nomi italiani vanno da Thoams Ceccon a Gregorio Paltrinieri, da Nicolo Martinenghi a Sara Curtis. Ma ci sono anche Kyle Chalmers, David Popovici, Gretchen and Alex Walsh, Kate Douglass, Yohan Brouard, Sarah Sjostrom e Hubert Kos. Arena gli fornisce il materiale tecnico, con contratti costituiti da una parte fissa e una variabile. Ogni mese poi si valuta qualche nome nuovo, soprattutto tra i giovanissimi. Si fanno le prima prove e si parte. E una componente chiave della strategia di marketing di Arena sono anche gli accordi con le federazioni nazionali e le squadre locali dei master nuoto sparse in tutta Italia.

Nel 2024, il gruppo ha chiuso l’anno con un fatturato di 180 milioni di euro. Una crescita del business a doppia cifra, di anno in anno, con l’Italia che oggi è il secondo mercato a livello mondiale dopo gli Stati Uniti. In Italia si fanno design, innovazione e ricerca. Con lo stabilimento di Rovetta, in provincia di Bergamo, completamente dedicato alla ricerca sui “costumoni” (Powerskin) da gara, decisivi a volte per migliorare di quei pochi centesimi di secondo che garantiscono anche le medaglie olimpiche.

Ma la produzione avviene tutta fuori dai confini nazionali, in una rete di stabilimenti e fornitori sparsi tra Europa, Estremo Oriente e Africa. In Asia Arena ha un distretto produttivo tra Cina, Vietnam e Cambogia. Esistono siti produttivi anche in Europa, in Portogallo, Albania e Bulgaria, così come in Africa, in Tunisia e Etiopia. La produzione dei costumi da gara avviene invece solo in Slovacchia. E a Tolentino, c’è anche il magazzino centrale, da dove passa circa 70 per cento di tutti i volumi del gruppo.

Molti dei tessuti utilizzati, soprattutto nei prodotti da gara, sono di origine italiana, grazie alla collaborazione con partner come Carvico ed Eurojersey. E da un paio d’anni, Arena ha deciso di spostare la produzione di una linea di occhialini da piscina dalla Cina all’Emilia-Romagna, affidandola a Lar, azienda di Campogalliano (Modena) specializzata in plastiche tecniche, che a regime dovrebbe realizzare due milioni di occhialini l’anno. È la prima linea di occhialini Made in Europe, in un mercato in cui la maggior parte dei prodotti arriva da Est.

Il rimbalzo del fatturato si è avuto soprattutto dopo il Covid e la riapertura delle piscine. «L’obiettivo è dare costumi a tutti quelli che nuotano, non solo a chi lo fa in maniera competitiva», spiegano dall’azienda. Da qui anche il focus sulle acque libere e l’attenzione alla protezione del mare con la collaborazione con fondazione Healthy Seas.

A ogni Olimpiade, mondiale o europeo, con le medaglie degli atleti crescono anche i ricavi. A Parigi 2024, i costumi Arena hanno raccolto undici ori, dieci argenti e quattordici bronzi, più 177 medaglie paralimpiche. I dati dicono che dopo ogni competizione internazionale vincente per gli Azzurri, il numero di iscritti alle scuole nuoto aumenta. E per Arena cresce anche il numero dei clienti. Intanto, a Tolentino sono già al lavoro in vista di Los Angeles 2028. A ogni Olimpiade, si introduce una nuova tecnologia. E tra un annetto si cominceranno a testare i primi prototipi.

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Redazione Redazione Eventi e News