Quando un sodalizio professionale è anche personale

La scena si apre con un piccolo gossip – una cena combinata da un’amica («praticamente un matrimonio combinato», ammette Alessandra Mion) – e una mousse mango-frutto della passione che fa da preludio narrativo e simbolico: «ci vuole sempre la passione», sorride Ernst Knam. Da quel colpo di fulmine, la storia procede per cerchi concentrici: la famiglia che cresce, il lavoro che si intreccia alla vita, la pasticceria che diventa impresa, l’impresa che diventa racconto pubblico.
All’inizio Frau Knam resta dietro le quinte: lascia l’editoria d’arte, entra in azienda «con un ruolo chiaro, commerciale». La regola non scritta per funzionare insieme? «Ognuno fa il suo. Quando ci sono invasioni di campo si litiga, è normale. Ma i ruoli tengono la rotta». Lui, creatività e laboratorio; lei, strategia e numeri. E un punto fermo: «Non sono la moglie dello chef», dice Mion. Prima serve un’identità propria, poi si sale in scena.
La scena arriva con il Covid. Mion – timida dichiarata, «quattro mesi senza uscire di casa» – rischia di affondare. Knam le «lancia una ciambella di salvataggio»: cominciano dirette, ricette, risposte al pubblico. Nasce una voce in duo: lui resta il riferimento tecnico, lei diventa “traduttrice” del mestiere per chi cucina a casa. «Se ce la fa Frau, ce la facciamo insieme»: è la chiave dell’empatia che accende community e televisione. «È stato un gesto d’amore», dice lei. È anche il momento in cui Ernst fa un passo indietro per farla sbocciare: una generosità rara in un mondo di ego – e autoironia, visto il pantheon di “Knam-creazioni” (dal Knamotto al Knametone).
Televisione: restare sé stessi, studiare la scena
Knam racconta l’inseguimento delle produzioni: undici “no”, alla dodicesima volta dice sì, ma «solo nel mio laboratorio». La regola d’oro: «Se devo fare tv, dico le cose come le penso. Se vi serve un attore, cercatelo: io faccio il pasticciere». L’accento tedesco aiuta a essere riconoscibili, il metodo è pedagogico: indicare l’errore, spiegare perché e come migliorare. È la grammatica di “Bake Off”: rigore, leggerezza, chiarezza.
Per Mion, la tv è adrenalina e mestiere: «Prima viene lo show, poi il resto. Il copione si studia: non per snaturarsi, ma per rispettare tempi e camera. Il fare le torte è un pretesto per arrivare alle persone». Dietro il risultato, lezioni di respirazione al Franco Parenti, dizione, postura: «Mi sono costruita gli strumenti per la diretta».

Social: utili ma faticosi, serve responsabilità
I social salvano Frau Knam nel lockdown, ma restano «faticosi da seguire» e spesso tossici: «Il rispetto non è facoltativo. Non puoi dire tutto a tutti». Knam, per parte sua, non li usa: «Non ho tempo e forse è meglio. Se non è offensivo, non rispondo: altrimenti non finisci più». E quando un hater scrive che da Knam «il caffè è cattivo», lui ride: «Non abbiamo neanche la caffetteria». La morale è semplice: «Se non ti piace, vieni in pasticceria, assaggiamo insieme e capiamo».
Dalla voliera al laboratorio: le fondamenta del mestiere
Prima di diventare pasticciere, Knam voleva fare l’ornitologo («ho scelto francese invece di latino, mi sono tagliato fuori da solo»). Poi un apprendistato tedesco “alla lettera”: esami semestrali, scuola e lavoro, disciplina. È qui che nasce la sua linea dura sui giovani: «Prendiamo stagisti dalle scuole: guardo fame e fuoco negli occhi. Sbagliare si può, ma occorre ascoltare e reggere il ritmo». La diagnosi sul sistema italiano è severa: «Se vuoi fondamenta vere, fai apprendistato in Germania, Svizzera, Austria o Francia (ma parlando francese). Qui le scuole private costano e spesso, in apprendistato, ti fanno solo “lavoretti”».
Il nodo lavoro: sostenibilità contro nostalgia
Sulle ore infinite Knam è figlio di un’epoca: «Pagato per otto, lavoravi diciotto». Sa che oggi non regge – costi, turni, normative – ma fotografa un paradosso: per non pagare straordinari servirebbero due brigate, e i conti salterebbero. «Al Nord molti stellati aprono quattro sere. Altrimenti non stai dentro». La trattativa, qui, è culturale prima che contabile: come dice Mion, «serve una legislazione pensata per settori con dinamiche diverse».

Prodotti, brand e un caso virale
Il loro duetto vive anche nei prodotti. Due negozi, due identità: «La sua è una bomboniera», scherza Ernst, «idee sue, le faccio io». E tra le creazioni spiccano due tavolette-fenomeno: la Unica (fondente sottile al 70 per cento, cuore di pasta kataifi croccante, sale di Maldon a richiamare il morso successivo: «come le patatine») e la Provocante di Frau Knam (crema nocciola e kataifi: «il pistacchio non piace a tutti, io penso al pubblico e al costo degli ingredienti»). Il successo? Suono, vista, conforto: lo “spezz” croccante in video, la crema che cola, l’idea di appagamento. Due milioni di view in due giorni per la Unica: è l’algoritmo, ma anche un equilibrio meno dolce e più pulito rispetto all’originale virale.
Lavorare in coppia: l’arte del passo indietro
Consiglierebbero questo mestiere? Knam dice sì, «se si parte con il passo giusto» e non in Italia per l’apprendistato; Mion è più prudente: «Da imprenditori non ci si arricchisce, si lavora molto: serve vocazione». E lavorare con la persona che si ama? «Sì, se il legame è forte e i ruoli sono complementari», dice Frau Knam. Ernst chiude con una regola semplice: «In due, bisogna ascoltare e ogni tanto fare un passo indietro. Le coppie scoppiano quando avanzano tutti e due».
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