Ricerca italiana, eccellenze in crescita ma il sistema resta fragile: il bilancio della relazione del Cnr

Novembre 7, 2025 - 17:00
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Ricerca italiana, eccellenze in crescita ma il sistema resta fragile: il bilancio della relazione del Cnr

La scienza italiana, in settori come le biotecnologie, la fisica applicata e le scienze dei materiali si conferma brillante, con risultati riconosciuti anche all’estero

Un Paese ricco di eccellenze scientifiche, che sa fare ricerca ma che è ancora frenato da limiti strutturali. A dirlo è la quinta Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia, presentata a Roma presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Il documento analizza pubblicazioni, brevetti, investimenti e capitale umano per capire dove sta andando la scienza italiana. In particolare, settori come le biotecnologie, la fisica applicata e le scienze dei materiali si confermano tra i più brillanti, con risultati riconosciuti anche all’estero: una dimostrazione, sottolinea il Cnr, della capacità dei ricercatori italiani di competere con i migliori al mondo.

Frutto della collaborazione tra Cnr-Irpps, Cnr-Ircres, Cnr-Issirfa e l’Area Studi Mediobanca, la relazione lancia un segnale positivo anche sul fronte degli investimenti: più fondi pubblici, più basi solide.

Negli ultimi anni la spesa pubblica in ricerca e sviluppo è aumentata, trainata dai finanziamenti nazionali e dalle risorse del Pnrr. Università ed enti pubblici beneficiano oggi di quote crescenti di fondi, consolidando il loro ruolo come motore del progresso scientifico e tecnologico del Paese.

La scorsa primavera è stato infatti rendicontato il 44% degli 8,5 miliardi previsti dalla Missione 4 del Pnrr, con il 60% delle risorse destinate al personale. Gli investimenti hanno permesso l’assunzione di oltre 12.000 nuovi ricercatori, di cui il 47% donne, segnando un passo avanti importante verso un sistema più inclusivo.

Nonostante ciò, senza interventi strutturali, il rischio è che molti dei progressi ottenuti restino temporanei e non si traducano in un rafforzamento stabile del sistema.

Brevetti e startup in crescita

La relazione evidenzia un segnale incoraggiante: oltre 800 brevetti pubblici depositati e un trend di crescita costante. Anche startup e spin-off della ricerca sono in aumento, sostenuti da politiche dedicate e da un sistema universitario sempre più orientato alla valorizzazione dei risultati scientifici.

Tuttavia, il quadro presenta luci e ombre. La spesa complessiva in ricerca e sviluppo, pur in crescita, continua a essere inferiore alla media europea. La limitata partecipazione del capitale privato frena l’innovazione nei settori tecnologicamente più avanzati e riduce la capacità del Paese di attrarre investimenti esteri.

A incidere è anche il divario territoriale: il Nord e il Centro concentrano la gran parte delle attività scientifiche e brevettuali, mentre il Mezzogiorno resta indietro.

Un disallineamento che rischia di ostacolare la nascita di ecosistemi innovativi diffusi e di rallentare la crescita complessiva del Paese. La collaborazione tra università e imprese rimane debole: solo un’azienda su cinque lavora in modo continuativo con centri di ricerca, segno di una difficoltà strutturale nel trasformare i risultati scientifici in prodotti o tecnologie di mercato.

Il tema dei talenti è un altro punto critico. L’Italia registra ancora una carenza di laureati nelle discipline Stem e un’elevata mobilità dei ricercatori: molti giovani formati nel nostro Paese scelgono di proseguire la carriera all’estero, mentre i rientri sono pochi.

Un’emorragia di competenze che impoverisce il sistema e rischia di vanificare parte dei progressi ottenuti. Sul piano della competitività tecnologica, l’Italia mantiene una posizione intermedia: secondo i dati sui brevetti depositati nel ventennio tra il 2002 e il 2022 presso l’Uspto – United States Patent and Trademark Office, ovvero Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti, il Paese resta forte nei comparti manifatturieri tradizionali, ma fatica a tenere il passo nelle aree emergenti come digitale, biotecnologie e intelligenza artificiale.

Meglio la performance nei programmi internazionali, come Horizon Europe, dove l’Italia mostra una buona partecipazione, pur con una concentrazione geografica elevata e una presenza ancora limitata di grant senior.

Le priorità per il futuro

Dalla relazione del Cnr emerge un’Italia della ricerca che avanza, ma che deve ancora consolidare la propria crescita per competere ai massimi livelli.

Servono più investimenti pubblici e privati per raggiungere la media europea, una maggiore integrazione tra ricerca e industria, politiche mirate a valorizzare il capitale umano, in particolare nelle discipline Stem.

Ridurre i divari territoriali e sostenere poli di innovazione anche nel Mezzogiorno resta una priorità per costruire un ecosistema più equilibrato e competitivo.

In questa direzione si inserisce anche l’appello dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che richiama la necessità di garantire stabilità e continuità ai finanziamenti pubblici, considerandoli una leva strutturale per la crescita e la produttività del Paese.

I risultati dell’Istituto – con 1.900 ricercatori, 12 centri sul territorio, oltre 1.300 brevetti e 40 startup nate dalle sue attività – mostrano come la ricerca possa generare valore concreto, economico e occupazionale.

Tuttavia, la riduzione del 10% dei contributi pubblici prevista per il triennio 2025-2027 Legge di Bilancio 2024 (n. 207/2024), rischia di rallentare l’innovazione in settori chiave come robotica, biotecnologie e intelligenza artificiale.

Cnr e Iit, pur da prospettive diverse, convergono su un punto: investire in conoscenza significa investire nel futuro del Paese. L’Italia dispone di talento, creatività e capacità scientifica riconosciute a livello internazionale; ciò che serve ora è una strategia di lungo periodo che trasformi la ricerca in sviluppo, l’eccellenza in crescita, la conoscenza in progresso.

Come sottolinea la relazione 2025 del Cnr, la sfida non è soltanto fare ricerca, ma trasformare la conoscenza in progresso. L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare protagonista della scienza e dell’innovazione globale, a condizione di crederci fino in fondo.

Crediti immagine: Depositphotos

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