Riforma sanità, i dubbi dei medici del Villa Scassi. Bucci rassicura: “Mai più ospedali di serie B”

Genova. Primo incontro sulla riforma della sanità regionale all’ospedale Villa Scassi, dove il presidente della Regione Liguria Marco Bucci e l’assessore alla Sanità Massimo Nicolò hanno incontrato nel pomeriggio i professionisti sanitari – in maggioranza medici – per illustrare i contenuti della legge in fase di approvazione e raccogliere osservazioni e contributi dal personale. Presenti anche Paolo Bordon, direttore dell’area Salute della Regione Liguria, e il presidente dell’Ordine dei medici di Genova Alessandro Bonsignore.
Secondo il ridisegno della sanità predisposto dalla giunta Bucci, l’ospedale Villa Scassi si troverà di fatto suddiviso tra due diverse realtà: la nuova Azienda Tutela Salute Liguria, che riunirà sotto di sé tutte e cinque le Asl trasformandole in aree sociosanitarie, e l’Azienda Ospedaliera Metropolitana che ingloberà anche il San Martino e il Galliera oltre al futuro polo di Erzelli.
E proprio da qui nascono i principali timori dei professionisti in servizio a Sampierdarena, molti dei quali si occupano sia di attività ospedaliera sia di servizi territoriali. “Ciò che spaventa è che la Asl 3 verrà spaccata in due blocchi, molti ruoli servono da una parte e dall’altra”, sottolinea tra gli altri Nicoletta Gandolfo, direttrice del dipartimento Immagini della Asl 3.
Ma cosa succederà dal 1° gennaio 2026? “Sarebbe folle impedire la trasversalità, chi segue entrambi gli ambiti continuerà a farlo”, assicurano Nicolò e Bordon. “Già oggi ci sono molte attività su aziende diverse, quindi non è un problema. Quello che è importante è che le cose che funzionano oggi, cioè le buone integrazioni tra ospedale e territorio, devono poter funzionare anche in futuro, altrimenti sarebbe un errore enorme. Quindi ci impegniamo affinché questo succeda”, garantisce Bucci.
La novità è che potrebbero rientrare nella futura Azienda Ospedaliera Metropolitana anche gli ospedali più piccoli – Micone, Gallino e la Colletta di Arenzano – che in origine dovevano restare sotto l’Atsl. “Ci sono state delle proposte per rivedere questa nostra decisione – spiega Nicolò -. Noi non abbiamo fatto ancora una legge definitiva, è un disegno di legge che adesso avrà il suo iter delle commissioni, ma prima noi vogliamo sentire anche tutti gli operatori”.
Tra i punti più critici emerge la futura integrazione con l’Irccs e la parte universitaria che oggi gravita solo sul San Martino. Alcuni medici paventano nuove disparità basate sui differenti contratti applicati: chi non dispone di ore da dedicare alla ricerca, e quindi ha meno pubblicazioni all’attivo, rischierebbe di rimanere penalizzato ai fini della carriera. “L’università non è una minaccia, vogliamo sia un’opportunità per tutti“, rimarca Bordon senza però dissipare tutte le preoccupazioni.
Parola d’ordine “omogeneizzazione” perché, scandisce Bucci, “non ci saranno più ospedali di serie A e di serie B, ma tutti saranno in condizioni di dare un eccellente servizio ai cittadini”. Promesse che dovranno tradursi soprattutto in rinforzi sugli organici, secondo le aspettative espresse dai medici intervenuti, a partire dal direttore del pronto soccorso Alessandro Rollero. E gli stipendi? “Verranno livellati verso l’alto, non perderete un euro”, insistono Bucci e Bordon. “Questo ci consentirà anche di rendere più appetibili i concorsi“, aggiunge il governatore. Altro argomento spinoso, quello delle mobilità “coatte” tra quelli che diventeranno presidi della stessa azienda ospedaliera: “Saranno su base volontaria – risponde Bonsignore – oppure serviranno accordi sindacali”.
“Non è un tema di tifoserie pro o contro – interviene alla fine Luca Infantino, segretario generale Funzione Pubblica Cgil Genova -. Quello che non vogliamo è vederci calare le cose dall’alto. Mancano professionalità e strutture. Serve chiarezza in ogni termine e coinvolgimento di tutte le forze sindacali, al di là di chi sottoscrive i contratti”.
Bucci ricorda che “la riforma non è fatta per risparmiare”, perché l’obiettivo è “spostare risorse dal back office alle cure al cittadino. Nel 2026 le risorse per la sanità saranno di più, e nel 2027 ancora di più”. L’intenzione resta quella di approvare la legge entro l’anno per partire dal 1° gennaio col nuovo assetto, ma “noi abbiamo previsto dai nove ai dodici mesi per portarlo a regime – chiarisce il presidente ligure -. Ci vorrà tempo. Continueremo a fare discorsi coi lavoratori e a parlare coi cittadini. Sono loro che dovranno dire se la riforma funziona o no”.
Dal punto di vista politico il dialogo con l’opposizione riprenderà dal documento in nove punti con la contro-riforma proposta dal centrosinistra: un “modello alternativo” che rifiuta l’azienda unica e la fusione degli ospedali puntando invece sulla prossimità.
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