“Sono cannibali”: i criceti fanno una cosa terribile, e il motivo potrebbe dipendere anche da te

Novembre 2, 2025 - 10:30
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“Sono cannibali”: i criceti fanno una cosa terribile, e il motivo potrebbe dipendere anche da te

Una specie animale e domestica come i criceti si comporta in un modo terribile nei confronti dei cuccioli, assumendo atteggiamenti cannibali. 

criceto carnivoro
Il criceto è carnivoro, ma quello che fa può lasciare perplessi e disgustati gli esseri umani (Foto Canva -amoreaquattrozampe.it)

La natura è popolata da comportamenti che, a uno sguardo umano, possono apparire brutali o spietati. Tuttavia, si tratta di comportamenti dalla precisa funzione biologica che richiedono di essere osservati con distacco e neutralità etica. L’infanticidio e il cannibalismo verso la prole, ad esempio, non sono affatto eccezionali nel regno animale: sono ben documentati in pesci, uccelli, mammiferi e persino tra le specie che tendiamo a considerare più “docili” e tranquille.

Il cannibalismo nei criceti in cattività: quando le madri mangiano i propri cuccioli per proteggere la specie

Il cannibalismo infantile nei criceti è un fenomeno ampiamente noto e documentato, scatenato primariamente da stati di stress, paura o dalla percezione di una scarsità di risorse. Questo comportamento, lungi dall’essere un atto di malvagità, è in realtà un diffuso istinto di sopravvivenza presente in molteplici specie animali, dettato da una logica biologica e non da una volontà eticamente connotata.

criceto carnivoro
Perché i criceti assumono comportamenti carnivori nei confronti dei loro cuccioli (Foto Canva -amoreaquattrozampe.it)

L’infanticidio e il cannibalismo verso la prole è diffuso tra i criceti, dove persino la madre può arrivare a sopprimere e consumare i propri cuccioli appena venuti alla luce. Questo comportamento, apparentemente efferato, è una risposta a dinamiche incredibilmente complesse, spesso riconducibili a un elevato livello di stress, ma anche a imperativi di sopravvivenza e all’innato istinto di conservazione materna.

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L‘infanticidio materno nei criceti è un fenomeno ben studiato. Le femmine possono uccidere e consumare i propri piccoli, in particolare nei primi giorni dopo il parto, quando i cuccioli sono ciechi, glabri e totalmente dipendenti. Questa azione non è un gesto di “crudeltà”, ma si iscrive in strategie evolutive che, in determinate circostanze, semplificando, hanno l’effetto di accrescere le probabilità di sopravvivenza della madre e, potenzialmente, del resto della nidiata.

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I criceti in cattività sono sottoposti a una grande fonte di stress continua che li porta a comportarsi in modo particolare con i propri cuccioli se si sentono minacciati (Foto Canva -amoreaquattrozampe.it)

Tra i catalizzatori principali vi sono il forte stress fisiologico e la percezione di pericolo ambientale. Se la madre ritiene che il nido non sia sufficientemente sicuro, può decidere di eliminare i cuccioli per non attirare potenziali predatori o per deflettere l’attenzione da sé. Spesso, la carenza di cibo è un fattore determinante: in condizioni difficili e con limitate risorse, la madre può “sacrificare” una parte o l’intera cucciolata per risparmiare energia e migliorare le chance di avere una futura prole in un momento più propizio.

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Nei criceti, anche il senso dell’olfatto gioca un ruolo cruciale. Se una madre rileva odori estranei sul corpo dei piccoli, può non riconoscerli come propri e scatenare un’aggressione. È per questa ragione che è fortemente sconsigliato toccare i cuccioli nelle prime settimane di vita. Sebbene non siano i soli a manifestare tale comportamento, esso sembra essere particolarmente diffuso nei piccoli roditori, come ratti e scoiattoli.

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Informazioni e curiosità sui criceti, animali domestici carnivori con i propri cuccioli (Foto Canva -amoreaquattrozampe.it)

Il cannibalismo nei criceti rappresenta molto spesso una reazione a un acuto stato di stress, sia fisiologico che ambientale. Dopo il parto, le femmine sono estremamente vulnerabili: devono mantenere la temperatura corporea dei piccoli, allattarli in continuazione e contemporaneamente proteggere il nido. A volte, un semplice elemento disturbante – una luce intensa, un rumore improvviso o la vicinanza di altri criceti – è sufficiente a innescare una reazione istintiva. Può anche verificarsi per inesperienza, specialmente in occasione della prima cucciolata.

I motivi del comportamento dei criceti in cattività nei confronti dei loro cuccioli

Non si tratta di un atto deliberato, non nel senso umano del termine, ma di una risposta innata a situazioni di minaccia o sovraccarico. L’animale percepisce la cucciolata come un’ulteriore fonte di stress, un rischio per la sua sopravvivenza o un pericolo. In queste circostanze, l’eliminazione dei piccoli diventa un’estrema forma di “gestione delle risorse”, un modo per proteggere sé stessa e, in alcuni casi, garantire la sopravvivenza dei cuccioli restanti. In determinati frangenti, le femmine possono anche mangiare i piccoli nati morti o i più deboli per “ripulire” il nido e recuperare nutrienti essenziali, come proteine e grassi, necessari per affrontare il dispendioso periodo post-parto. In natura, questa pratica è diffusa in diverse specie animali e serve anche a ridurre il rischio di attrarre predatori con l’odore dei resti.

Come evitare l’infanticidio nei criceti

Secondo le ultime indagini, il numero di animali domestici in Italia è in aumento. Nonostante la maggior parte delle persone abbia scelto di adottare cani e gatti, anche animali di piccola taglia come pesci, tartarughe e conigli sono molto presenti nelle abitazioni, con una percentuale del 10% per i pesci, dell’8% per le tartarughe e il 3% per i conigli. Nelle case degli italiani sono diffusi pet come i coniglietti, i criceti e i furetti. Si tratta di animali domestici estremamente affettuosi: dal temperamento dolce e mite, instaureranno dei forti legami con le loro famiglie umane, riempiendo di gioia le loro giornate. Animali che però possono soffrire notevolmente la vita in gabbia.

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Per minimizzare il rischio che una madre criceto uccida i propri cuccioli, è essenziale garantirle condizioni ambientali di sicurezza, stabilità e comfort, fornendo abbondante cibo, materiali idonei per la costruzione del nido e rifugi tranquilli. In un contesto domestico, questo comportamento può essere mitigato o prevenuto assicurando alla madre un ambiente calmo, sicuro e isolato. Dopo il parto, è cruciale non toccare i piccoli e non disturbare il nido per un periodo di almeno 10-14 giorni. La madre deve disporre di spazio adeguato, abbondanza di cibo, materiali da nidificazione e un ambiente silenzioso e confortevole, caratterizzato da luce soffusa e temperatura costante.

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Vitale è separare il maschio prima del parto, poiché la sua presenza può generare tensione e sfociare in aggressività. Se la gabbia ospita più femmine, anche queste devono essere divise, dato che le madri criceto sviluppano un forte senso di territorialità durante l’allattamento. È utile evitare l’uso di odori forti, manipolazioni eccessive o frequenti cambiamenti di ambiente. Un contesto il più possibile stabile e tranquillo riduce notevolmente lo stress materno e aumenta le probabilità che la madre si occupi della prole fino al completo svezzamento.

Altri casi di cannibalismo e infanticidio negli animali

Nei pesci e negli anfibi, il cannibalismo infantile è molto comune quando le risorse sono limitate o la competizione tra i giovani è eccessiva. Tra gli uccelli, alcune specie possono eliminare i pulcini più deboli, soprattutto in condizioni di carestia o sovraffollamento del nido. Le upupe, per esempio, possono deporre un pullo “di riserva” da utilizzare come potenziale fonte di nutrimento per i fratelli più forti.

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Tra i mammiferi, il cannibalismo si manifesta in topi, conigli e persino in alcune specie di primati. In questi ultimi, può avere la funzione di eliminare la prole di altri maschi per accelerare il ritorno all’estro della femmina e favorire un nuovo accoppiamento. È fondamentale distinguere il cannibalismo vero e proprio dall’infanticidio, che è ancora più comune, soprattutto quando un adulto – tipicamente un maschio – sopprime cuccioli che non sono suoi.

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L’esempio più emblematico è quello dei leoni: quando un nuovo maschio adulto subentra al dominante in un branco, quasi sempre uccide i cuccioli – che non sono geneticamente suoi – per indurre le femmine a tornare ricettive, assicurandosi così l’accoppiamento e una propria cucciolata. Questo è un comportamento molto frequente, in particolare nelle specie sociali con dominanza maschile, ma si può osservare per motivi analoghi anche in animali solitari, come gli orsi. (di Elisabetta Guglielmi)

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