Tesero, tragedia dell’incuria, una ferita per le Acli



Il cedimento degli argini dei bacini di decantazione della miniera di fluorite di Prestavel, in Trentino, il 19 luglio 1985 causò la fuoriuscita di circa 180 mila metri cubi di fango che travolsero l’abitato di Stava, una frazione del Comune di Tesero. Morirono 268 persone: i corpi delle vittime furono tutti recuperati grazie all’impegno di migliaia di soccorritori che lavorarono per più di tre settimane all’interno della valle e lungo il torrente Avisio fino al bacino idroelettrico di Stramentizzo A causa di tale circostanza non tutti i corpi poterono essere riconosciuti. In seguito al disastro molte vittime furono riportate ai luoghi di origine, in 64 diversi cimiteri d’Italia. I 71 per i quali non fu possibile il riconoscimento rimasero a Tesero, nel cimitero monumentale delle vittime del disastro adiacente alla chiesa di San Leonardo.
La tragedia di Stava toccò da vicino le Acli milanesi, perché dei tre alberghi travolti dall’inondazione, uno – il Miramonti – era in gestione alla nostra Associazione e veniva frequentato da molti nostri iscritti: furono più di 50 le persone uccise dentro quell’albergo, e la maggior parte di esse apparteneva ai nostri Circoli, soprattutto quelli della Brianza e di Novate Milanese. L’ora del disastro non poteva essere più infausta: le 12.22, l’ora in cui gli ospiti si sedevano a tavola.
Le Acli avvertirono quell’avvenimento come una profonda ferita, soprattutto quando fu chiaro che la causa della tragedia era stata l’incuria nella manutenzione dei bacini di Prestavel, di cui – dopo un estenuante stagione processuale – vennero riconosciute colpevoli le società gerenti e la Provincia autonoma di Trento. Per questo da subito, come Acli, ci organizzammo per sostenere i parenti delle vittime nella loro richiesta di verità e giustizia, ma anche per continuare a vegliare affinché tragedie di questo tipo non si ripetessero più. E così abbiamo fatto, seguendo passo a passo le vicende processuali e cercando di rimanere vicini alle persone nei momenti più dolorosi del ricordo e dell’indignazione.
Una giusta indignazione, perché a Stava – come nel Vajont e in tanti altri luoghi legati a tragedie che hanno sconvolto il nostro Paese – si è manifestata una totale disattenzione da parte di persone che occupavano incarichi delicati in aziende private o in Enti pubblici nei confronti delle conseguenze delle loro azioni (o inazioni).
La parola giudiziaria definitiva venne detta dalla Suprema Corte di Cassazione nel 1992, con la condanna di 10 imputati per i reati di disastro colposo e omicidio colposo, mentre le varie società che dal 1969 al 1985 avevano avuto in concessione la miniera di Prestavel (fra di esse la Montedison e la Snam) e la Provincia autonoma di Trento vennero condannate al risarcimento dei danni per le responsabilità civili degli atti dei loro dipendenti.
Esiste però un problema serio, che va molto oltre la questione puramente giudiziaria, riguardo alla responsabilità personale nel lavoro, manifestatosi qui come in altre circostanze, ed è realmente una delle questioni fondamentali del nostro tempo, perché attiene al rapporto che abbiamo con gli altri: se rimuoviamo il ragionamento delle conseguenze dei nostri atti dalla nostra attività quotidiana, tali conseguenze attengono anche alla nostra responsabilità. Una lunga catena di decisioni (o di mancate decisioni) è stata alla base della tragedia di Stava, e si può ben dire che essa sia allo stesso tempo figlia dell’incuria quanto della volontà di massimizzazione del profitto, che una volta di più si sono date la mano a scapito degli interessi e dell’incolumità dei cittadini.
Per questo sono convinta che senza un recupero della responsabilità personale, nell’attività lavorativa come in quella politica, non si potrà andare molto lontano: è certamente un discorso di tipo etico, ma l’etica è appunto il termine di paragone dell’attività pratica, e da questo punto di vista Stava è la miglior dimostrazione del fatto che in assenza di una vera etica della responsabilità le conseguenze possono essere incalcolabili. Abbiamo quindi il dovere di tenere ben desta l’attenzione sulle tematiche dello sviluppo sostenibile, del corretto rapporto fra essere umano e natura, mantenendo uno sguardo di verità sul mondo che ci circonda.
A questo riguardo, proprio a partire dalla tragedia di Stava, le Acli hanno organizzato un seminario che si terrà lunedì 8 settembre «Stava: 40 anni dopo: cos’è cambiato» (vedi qui il volantino). Un momento per fare memoria della catastrofe, ma anche per stimolare una riflessione sul corretto rapporto tra ambiente, territorio e uomo. Il convegno si aprirà con la celebrazione della Santa Messa in ricordo di tutte le vittime.
Qual è la tua reazione?






