Un nuovo partenariato tra Europa e America Latina-Caraibi: la Dichiarazione di Santa Marta 2025

La Dichiarazione di Santa Marta 2025 nasce dall’incontro di organizzazioni sociali, sindacali, femministe, ambientaliste e per i diritti umani provenienti da Europa, America Latina e Caraibi, riunite in occasione del vertice UE-CELAC. Il documento, a cui COSPE -presente fin dagli esordi della sua storia in America Latina- aderisce, rappresenta un appello per ridefinire le relazioni biregionali su basi più giuste, sostenibili e inclusive, ponendo al centro la “transizione giusta” e la difesa dei diritti umani, sociali e ambientali.
La dichiarazione riconosce un rinnovato impegno nelle relazioni tra Unione Europea e America Latina-Caraibi, ma denuncia come le attuali dinamiche economiche e commerciali perpetuino modelli estrattivisti, disuguaglianze storiche e concentrazioni di potere economico. Questi modelli, eredità del colonialismo, relegano la regione latinoamericana al ruolo di fornitrice di materie prime, mentre la maggior parte del valore aggiunto viene generato altrove, aggravando la dipendenza e limitando lo sviluppo locale.
Inoltre, la dichiarazione chiede di riformare i meccanismi finanziari internazionali e affrontare la crescente crisi del debito, che ostacola il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Le organizzazioni firmatarie sostengono gli accordi internazionali sul clima e la biodiversità (COP26, COP27, COP16, Accordo di Parigi) e ribadiscono l’urgenza di una decarbonizzazione equa e inclusiva, l’accesso universale alle energie rinnovabili e la lotta alla povertà energetica. Si chiede di superare i modelli estrattivisti, promuovendo la pace attraverso la giustizia sociale e ambientale, e tutelando i diritti di lavoratori, donne, giovani, persone con disabilità, piccoli agricoltori e popolazioni indigene.
La dichiarazione condanna infine il degrado ambientale e le violazioni dei diritti umani legate all’estrazione mineraria, chiedendo il rispetto del consenso libero, preventivo e informato delle comunità coinvolte, in linea con la Convenzione 169 dell’OIL e l’Accordo di Escazú.
Le nuove iniziative strategiche europee, come il Global Gateway, sono invece ancora marcatamente estrattiviste mirate a privilegiare gli interessi delle imprese europee a discapito dello sviluppo locale, della lotta alla povertà e della tutela dei diritti umani. Per tutto questo, la società civile riunite in un vertice parallelo a quello dei leader mondiali, chiede una revisione urgente degli accordi commerciali, sostituendo la logica estrattivista con un quadro di commercio equo, democratico e sostenibile e lancia un appello a UE e America Latina-Caraibi affinché, rappresentando insieme un terzo dei membri delle Nazioni Unite, promuovano un nuovo modello commerciale globale, fondato su giustizia climatica, equità sociale e sviluppo sostenibile. Senza processi equi, giustizia sociale e protezione sociale, non può esserci una transizione giusta; senza partecipazione, non c’è democrazia.
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