Xenotrapianti: più chiari i motivi del rigetto

Novembre 15, 2025 - 08:00
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Xenotrapianti: più chiari i motivi del rigetto
La generosità di un paziente che ha donato il suo corpo alla scienza e dei suoi familiari ha permesso di studiare, per il tempo più lungo finora, le complesse interazioni tra un rene di maiale trapiantato e l'organismo del ricevente. I risultati della ricerca, pubblicati su Nature, consentiranno di affinare i protocolli medici per scongiurare le reazioni di rigetto negli xenotrapianti.. Il timo: un'aggiunta calmante. Un'equipe di chirurghi della New York University Langone Health ha collaborato con immunologi della Columbia University nel trapianto di un rene di maiale geneticamente modificato su un 57enne malato terminale di glioblastoma, che era stato dichiarato in morte cerebrale e che era tenuto in vita da un sistema di ventilazione artificiale. Oltre all'organo è stata trasferita nel ricevente anche una parte del timo dell'animale, la ghiandola che fa parte del sistema immunitario in cui si sviluppano i linfociti T (le cellule più coinvolte nei meccanismi di rigetto).. Il timo insegna alle cellule immunitarie a distinguere tra elementi nativi, interni all'organismo, ed elementi estranei. Precedenti studi su animali suggerivano che trapiantarne una parte durante gli xenotrapianti potesse avere un effetto calmante sulle reazioni immunitarie del paziente ricevente. È andata così: il tessuto ha ridotto gli attacchi del sistema immunitario dell'uomo al rene di maiale, e ha anche evitato una pericolosa perdita di proteine attraverso l'urina dovuta al cattivo funzionamento del rene - una grave complicanza degli xenotrapianti che spesso si verifica nei pazienti in vita. In sostanza, per ben 61 giorni, il rene donato ha fatto il suo lavoro.. Il rigetto in tempo reale. Attraverso un'analisi dettagliata dell'attività genetica e delle proteine prodotte nelle cellule umane e di maiale, gli scienziati hanno potuto prevedere gli attacchi immunitari verso il rene anche cinque giorni prima che si vedessero i loro effetti dannosi sui tessuti. Ne hanno osservati principalmente tre: una prima ondata, generica e aspecifica, il 21esimo giorno dopo l'operazione, da parte del sistema immunitario innato; una seconda da parte dei macrofagi al 33esimo giorno, durante la quale questi globuli bianchi hanno tentato di inglobare le cellule intruse; e un terzo attacco il 45esimo giorno, guidato dai linfociti T del paziente. Quest'ultimo episodio è stato trattato con successo eliminando temporaneamente l'attività delle cellule T nel ricevente. . Poche modifiche necessarie. Il rene trapiantato aveva subito poche modifiche (come quella per eliminare uno zucchero, l'alfa-gal, presente sugli organi di maiale ma non su quelli umani, che avrebbe causato una reazione di rigetto immediata). Ciò nonostante, l'organo era ancora funzionante dopo due mesi, quando i familiari del paziente hanno scelto di porre fine all'esperimento. Questo sembra suggerire che organi minimamente modificati, più facili ed economici da produrre, potrebbero funzionare bene per gli xenotrapianti, e che controllare la risposta dei linfociti T preesistenti nei pazienti potrebbe essere più importante che dedicare tempo e risorse a una massiccia operazione di editing genetico sull'animale..

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Redazione Redazione Eventi e News