ChatGPT "spione", un bug ha riversato dati privati su Google Search Console

Nelle scorse settimane è stato individuato un bug in ChatGPT che ha causato la condivisione di informazioni che avrebbero dovuto essere private con Google Search Console, il tool del colosso di Mountain View progettato per permettere ai webmaster di controllare il traffico e le performance dei loro siti. Nel corso del mese di settembre, alcuni sviluppatori utenti del servizio hanno notato qualcosa di davvero insolito: tra i consueti dati sulle ricerche apparivano intere frasi in stile chat, simili a prompt scritti in una sessione di uso di ChatGPT. Non si trattava di semplici parole chiave, ma di veri e propri messaggi, spesso personali o relativi al lavoro, apparentemente digitati da utenti reali.

La scoperta è stata fatta da Jason Packer, fondatore di Quantable, insieme al consulente SEO Slobodan Manić. Dopo settimane di test e incroci di dati, i due hanno capito che qualcosa non quadrava nel modo in cui ChatGPT interagiva con Google. Secondo la loro indagine, alcune sessioni di ChatGPT avevano inoltrato inavvertitamente i prompt degli utenti direttamente a Google Search. A quanto pare, l’elemento discriminante che causava il leak era la parte iniziale dell’URL: se è (era, come vedremo) https://openai.com/index/chatgpt/, allora per qualche ragione finiva nel tool di Google.

A quanto pare, il problema è stato generato dalla capacità di ChatGPT di navigare sui siti internet, funzionalità implementata in tempi relativamente recenti. In buona sostanza, quando ritiene di aver bisogno di informazioni aggiornate, il chatbot effettua una vera e propria ricerca su Google, tecnicamente indistinguibile da quella effettuata da qualsiasi altro utente. Per qualche ragione, un errore nel codice di quella funzionalità allegava tutto il testo del prompt originario all’URL, e quindi indicizzato come parte della ricerca.

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