“Comunità, ospitalità e collaborazione”: da Samarate al Brasile, il viaggio missionario di Martina

Ottobre 11, 2025 - 13:00
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“Comunità, ospitalità e collaborazione”: da Samarate al Brasile, il viaggio missionario di Martina
"Comunità, ospitalità e collaborazione": da Samarate al Brasile, il viaggio missionario di Martina

Tra le periferie di San Paolo e Feira de Santana per osservare un modo di vivere più collettivo e un rapporto con il tempo più lento, che l’hanno influenzata profondamente e che spera di portare nella sua vita quotidiana. Martina Pittaro, originaria di Samarate, racconta la sua esperienza in Brasile con il PIME, dove ha scoperto una forte cultura di comunità, ospitalità e collaborazione.

«Sono tornata dal Brasile e ora nella mia realtà quotidiana incontro grandi differenze e qualche difficoltà», confida la ventiduenne Martina Pittaro. Dopo un mese trascorso in missione con il PIME, tra la periferia di San Paolo, Perus, e la città di Feira de Santana, la giovane samaratese si fa testimone di un’esperienza capace di lasciare un segno profondo. «Sono stata influenzata dalla cultura e dallo stile di vita del posto – racconta –. Spero non si tratti solo di una fase e che questa trasformazione del mio modo di vivere e affrontare le sfide non svanisca col tempo, restando soltanto un ricordo».

Le differenze con Samarate, ammette, sono molte e riguardano soprattutto il concetto di comunità, il diverso rapporto con il tempo – «sembra tutto lunghissimo» – e l’ospitalità. «In Brasile hanno più voglia di costruire qualcosa che sia adatto a tutti, c’è meno individualismo», osserva.

La forza della comunità

Un ricordo vivido è quello del centro per senzatetto, dove ogni giorno vengono serviti 150 pasti, con la possibilità di usufruire di docce, lavare i vestiti, ricevere assistenza medica e sociale. «Quel giorno era il compleanno di un uomo che frequenta il centro: ha potuto festeggiare, seppur in modo umile, non era dimenticato. La religione lì è molto sentita e vissuta: ogni occasione, anche la più semplice, è un momento di condivisione, di festa, di benedizione».

Anche la vita parrocchiale le ha mostrato un volto nuovo: «A Feira de Santana la parrocchia è grande, con 13 comunità. Sono realtà distanti tra loro, ma non c’è campanilismo: si cerca di riunire sotto lo stesso tetto comunità lontane, tutte parte di un’unica famiglia. Nessuno si sente di serie B, anzi unendo le forze si riescono a portare a termine progetti più impegnativi e dispendiosi, senza lasciare indietro nessuna comunità».

In Brasile, conclude Martina, l’individualismo lascia spazio alla collettività: «Si percorrono chilometri per raggiungere la parrocchia, si condividono usanze, tradizioni e culture. C’è un senso di generosità e di appartenenza che arricchisce tutti».

Ospitalità senza confini

Sicuramente ciò che più ha stupito Martina Pittaro durante il suo mese in Brasile è stata l’ospitalità e il modo di fare accoglienza. «Quando ti presenti – racconta – ti abbracciano, ti baciano, ti offrono subito da bere e da mangiare. Entri in casa come se fossi parte della famiglia».

Un’accoglienza che, ammette, non è scontata altrove: «Io stessa non aprirei la porta di casa mia con la stessa spontaneità». Nei primi giorni, confessa, le era sembrata «quasi un po’ invadente», ma con il tempo ha imparato ad apprezzarla. «Ci ho fatto l’abitudine e oggi, dopo un mese in Brasile, ci tornerei subito. Anche solo per rivedere le persone che ho incontrato o con cui ho parlato una sola volta, merito della loro attitudine a farti sentire ben voluta».

Le suore missionarie del PIME a Perus non avevano camere disponibili per ospitarla. «I vicini di casa del convento ci dissero: “Entrate e uscite quando volete” – ricorda Martina –. La prerogativa è questa: sono fatti così».

Un tempo più lento

In Brasile il rapporto con il tempo è diverso e Martina l’ha sperimentato sulla propria pelle: «Lì il concetto di tempo è lunghissimo – spiega –. La giornata iniziava presto, alle sei o sei e mezza, e sembrava interminabile, da riempire con calma».

Al mattino le attività erano più intense, mentre il pomeriggio scorreva lento, con meno impegni: «Noi siamo abituati ad avere giornate piene, scandite da appuntamenti e orari precisi. In Brasile, invece, si prendeva il tempo per fare tutto, ma anche per stare con le persone e viverle davvero».

Un approccio che all’inizio le è costato fatica: «Io sono una persona che deve tenersi sempre occupata, entrare nell’ottica brasiliana è stato complicato. Da noi, se non finiamo una cosa, andiamo nel panico. Lì invece tutto si fa, ma con i propri tempi. Gli orari sono indicativi: noi puntuali, loro più rilassati».

Un’influenza che Martina spera di portarsi dietro: «Sto imparando a rimandare, a modificare i miei ritmi, a sospendere le attività quando sono stanca, a non impormi di finire per forza dieci cose al giorno».

Sul fondo resta l’immagine viva delle periferie di San Paolo e di Feira de Santana, tra agricoltura, artigianato, case arrangiate e baraccopoli: «Non c’erano grandi pretese, si viveva alla giornata. Ma proprio così ho potuto conoscere persone e comunità diverse, ognuna con la propria dignità».

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Redazione Redazione Eventi e News