Corte Costituzionale: vincoli sproporzionati per gli NCC
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Per la Corte Costituzionale, con la sentenza 163/2025, ci troviamo di fronte a vincoli sproporzionati per gli NCC: per i giudici lo Stato ha invaso le competenze regionali.
Con una decisione destinata ad avere un impatto rilevante sul settore della mobilità e sui rapporti tra Stato e Regioni, la Corte costituzionale ha stabilito che non rientra nelle competenze dello Stato imporre limiti e obblighi eccessivi ai servizi di noleggio con conducente (NCC), quando tali misure travalicano il confine della “tutela della concorrenza” e incidono invece sul “trasporto pubblico locale”, materia di competenza regionale.
La sentenza n. 163, depositata il 4 novembre 2025, accoglie i ricorsi presentati dalla Regione Calabria contro il decreto interministeriale n. 226 del 2024 e le relative circolari attuative, con cui il governo aveva introdotto una serie di vincoli ritenuti lesivi dell’autonomia regionale e della libertà di impresa degli operatori NCC.
Il nodo delle competenze: concorrenza o trasporto locale
Il cuore della questione riguarda il confine tra due ambiti di competenza: da un lato la “tutela della concorrenza”, che spetta allo Stato, e dall’altro il “trasporto pubblico locale”, di competenza regionale.
Secondo la Corte, il decreto impugnato non si è limitato a garantire una leale competizione tra taxi e NCC, ma ha finito per regolare in modo dettagliato l’attività quotidiana di questi ultimi, incidendo direttamente sulla gestione del servizio. Così facendo, lo Stato avrebbe oltrepassato i propri poteri, entrando in un campo riservato alle Regioni.
I vincoli contestati
Tra le misure dichiarate illegittime, tre in particolare hanno attirato l’attenzione dei giudici costituzionali.
La prima riguarda l’obbligo di attendere almeno venti minuti tra la prenotazione e l’inizio della corsa, nel caso in cui il servizio non parta dalla rimessa o da aree specificamente autorizzate. Secondo la Corte, questa disposizione rappresenta “una misura sproporzionata rispetto alla finalità antielusiva”, cioè al tentativo di evitare che gli NCC possano comportarsi come i taxi, offrendo corse a chiunque senza prenotazione preventiva.
Il principio di differenziare i due servizi – taxi e NCC – può essere legittimo, ma non può essere perseguito con strumenti che finiscono per penalizzare ingiustificatamente una categoria. La norma, osservano i giudici, ripropone peraltro restrizioni già bocciate in passato: disposizioni analoghe erano state dichiarate incostituzionali con la sentenza n. 56 del 2020.
La seconda misura annullata riguarda il divieto di stipulare contratti di durata tra operatori NCC e soggetti che, anche indirettamente, svolgano attività di intermediazione.
Questa regola, secondo la Corte, limita in modo eccessivo la libertà contrattuale delle imprese, impedendo ad esempio ad alberghi, agenzie di viaggio o tour operator di garantire ai propri clienti un servizio di trasporto stabile, affidabile e a prezzo concordato. In altre parole, un intervento nato per evitare abusi si è trasformato in una restrizione non giustificata dell’iniziativa economica privata.
Il terzo punto contestato riguarda l’obbligo di utilizzare un’unica piattaforma informatica ministeriale per compilare il foglio di servizio elettronico.
Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto la misura sproporzionata: il controllo sull’attività degli NCC può essere assicurato con strumenti alternativi che non impongano l’uso esclusivo di un’applicazione statale. Tale obbligo, infatti, viola il principio di neutralità tecnologica e limita la libertà delle imprese di scegliere le soluzioni informatiche più adatte, purché conformi alla legge.
Una questione di equilibrio tra libertà economica e regolazione
La sentenza sottolinea un punto cruciale: la necessità di bilanciare il principio di concorrenza con quello di libertà di impresa e di autonomia territoriale. Lo Stato ha il compito di garantire che sul mercato non vi siano distorsioni, ma non può farlo utilizzando strumenti che incidano direttamente sull’organizzazione di un servizio che, per sua natura, rientra nella sfera di competenza regionale.
Nel caso specifico, i giudici hanno riconosciuto che l’obiettivo di evitare comportamenti elusivi da parte degli NCC – come la possibilità di accettare clienti su strada – è legittimo, ma hanno ribadito che la scelta dei mezzi per raggiungere tale fine deve rispettare i principi di proporzionalità e ragionevolezza.
In altre parole, non è possibile sacrificare in modo eccessivo la libertà degli operatori economici o l’autonomia delle Regioni in nome di una tutela della concorrenza interpretata in modo troppo ampio.
Effetti della decisione
Accogliendo i ricorsi della Regione Calabria, la Corte ha dichiarato che “non spettava allo Stato” adottare le disposizioni contestate, annullando quindi le parti del decreto e delle circolari che contenevano i vincoli sopra descritti. La decisione, pur riguardando un conflitto specifico, potrebbe avere effetti più ampi, aprendo la strada a un riesame complessivo della normativa nazionale sul trasporto non di linea.
Per gli operatori NCC, la sentenza rappresenta una vittoria significativa: vengono meno alcune delle limitazioni più contestate, considerate penalizzanti rispetto ai taxi e restrittive per la libertà di impresa. Per le Regioni, invece, la pronuncia riafferma il ruolo centrale nella regolazione dei servizi di trasporto locale, confermando che lo Stato non può intervenire in maniera invasiva su aspetti che riguardano la gestione e l’organizzazione di tali attività.
Verso una nuova regolamentazione del settore
La decisione della Corte costituzionale riaccende il dibattito su come garantire un equilibrio tra taxi e NCC, due realtà che da anni convivono in un quadro normativo spesso incerto e frammentato. Molti osservatori ritengono che la strada da seguire sia quella di una riforma organica, capace di coniugare regole chiare con la libertà d’impresa, anche alla luce delle innovazioni tecnologiche che stanno trasformando il modo di muoversi nelle città.
La sfida, insomma, sarà trovare un modello che assicuri trasparenza e concorrenza leale, ma senza appesantire con vincoli inutili un settore in continua evoluzione. La sentenza n. 163 del 2025, in questo senso, rappresenta un importante punto di riferimento: un richiamo al rispetto dei confini istituzionali e alla necessità di una regolazione proporzionata, moderna e rispettosa della pluralità dei soggetti coinvolti.
Corte Costituzionale, vincoli sproporzionati per gli NCC: la sentenza
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