È morto Dick Cheney, lo stronzo che spesso aveva ragione

Novembre 5, 2025 - 08:00
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È morto Dick Cheney, lo stronzo che spesso aveva ragione

È morto a 84 anni Richard Cheney, detto Dick, l’ex misterioso, silenzioso, invisibile ma influentissimo numero due di George W. Bush, e prima ancora capo di gabinetto del presidente Gerald Ford, deputato al Congresso, e poi ministro della Difesa di George H. W. Bush, insomma di Bush padre, con il quale sconfisse per la prima volta l’Iraq di Saddam, allora invasore del Kuwait.

Nel 2000, dopo che Cheney aveva guidato la multinazionale del petrolio Halliburton, Bush figlio gli chiese di selezionare i possibili candidati vicepresidente, e poi di sottoporgli la scelta migliore. Il suggerimento fu: il candidato ideale sono io, Dick Cheney. Bush lo prese, convinto dall’autorevolezza del personaggio, e per Cheney cominciò la carriera di vicepresidente più potente della storia degli Stati Uniti, sebbene fosse di salute cagionevole, con cinque infarti, cinque bypass e altrettanti interventi endovascolari. Ma il ruolo cui teneva di più era quello di Darth Vader dei due mondi, di uno capace con quel suo ghigno che non prometteva niente di buono di sapere scatenare il lato oscuro della forza, come nella saga di Guerre Stellari.

È stato Cheney l’uomo chiave della guerra al terrorismo post 11 settembre, colui che ha legalizzato col Patriot Act la prevenzione ruvida antiterroristica interna, in un paese che non aveva nemmeno le carte d’identità, e che grazie ai pareri legali della Casa Bianca ha messo a disposizione dei soldati e della Cia le tecniche intensive di interrogatorio dei sospetti catturati sul campo di battaglia, e poi portati a Guantanamo, che hanno sconvolto e fatto discutere il mondo, anche se nelle sue forme estreme, come il waterboarding, in realtà sono state usate soltanto una manciata di volte.

Cheney si è mosso in nome della famigerata, ma al tempo della strage delle Torri gemelle e poi degli attacchi all’antrace anche comprensibile, dottrina dell’1 per cento: quella secondo cui gli Stati Uniti avrebbero dovuto agire come se una potenziale e ipotetica minaccia fosse stata una certezza, se ci fosse stato solo l’uno per cento di probabilità che essa si potesse verificare.

La più duratura eredità di Cheney, ancora più dell’invasione dell’Iraq, però è la Teoria dell’Esecutivo Unitario, secondo cui l’autorità presidenziale è esclusiva e quasi illimitata, un principio di cui ora sta abusando Donald Trump con la sua presidenza monarchica condotta a suon di decreti esecutivi.
Ed è un paradosso che la parabola politica di Cheney abbia infine favorito il progetto autoritario di Trump, malgrado Cheney, e sua figlia Liz, siano stati gli unici repubblicani a difendere la tradizione politica conservatrice del Gop dal populismo nazionalista dell’usurpatore Trump.

Descritto non sempre in modo precisissimo come un politico addirittura più a destra di Gengis Khan, Cheney rispetto a questi di oggi era quasi un liberal, e non solo perché niente è più a destra dell’attuale Amministrazione americana, ma anche perché a guardare bene Cheney era meno cattivo, e meno reazionario, di quanto gli piacesse mostrarsi.

Negli anni della Casa Bianca, per dire, ha versato otto milioni di dollari in beneficenza, non si è fatto un patrimonio miliardario in bitcoin, e non nascondeva l’omosessualità di sua figlia Mary, né se ne imbarazzava, mentre a proposito del suo essere raccontato come un uomo cinico e senza ideali, nessuno ricorda che nel 1975 Cheney fu l’unico dell’Amministrazione Ford a dissociarsi dalla decisione di non ricevere il dissidente Aleksandr Solzhenitsyn presa da Henry Kissinger per non far irritare i sovietici.

Nel bene e soprattutto nel male, Cheney verrà ricordato per essere stato l’ispiratore della complessa architettura giuridica antiterrorismo post 11 settembre 2001, assieme al suo consigliere legale David Addington, come raccontano due libri formidabili, e non certo lusinghieri nei confronti della ex vicepresidente , come “The dark side” di Jane Mayer e “Angler” di Barton Gellman.

Cheney è stato il primo, dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, a chiedere alla Cia di togliersi i guanti per evitare altre stragi, a invocare un “dark side”, un lato segreto, necessario per combattere i terroristi islamici. Brutale, forse anche criminale, ma alla fine efficace, perché non ci sono stati più attacchi in America, mentre grazie alla dottrina della carta moschicida la battaglia si è spostata dai grattacieli di Manhattan al deserto di Tora Bora o di Fallujah, ed è stata combattuta da soldati addestrati e ben attrezzati, non da civili disarmati.

Cheney ha sempre difeso le sue teorie e quegli strumenti investigativi, anche dopo l’uscita dalla Casa Bianca di Bush, spiegando che sono stati entrambi decisivi a fermare altre stragi islamiste sul suolo americano. Negli anni di Obama, alcuni editorialisti liberal, come Richard Cohen sul Washington Post, proprio su questi temi hanno cominciato a scrivere articoli sul genere «E se Dick Cheney avesse ragione?». Altri, come Joe Klein di Time, restavano più aderenti al principio secondo cui Cheney non era altro che «uno straordinario stronzo». Altri ancora, come Andrew Sullivan, giudicavano le politiche di Obama troppo in continuità con quelle di Cheney, come ad esempio il rifiuto di garantire ai terroristi catturati le garanzie previste dalla Costituzione americana e dallo Stato di diritto.

«Obama sta coprendo Cheney?», si era chiesto allora Andrew Sullivan. No, non lo stava coprendo. Obama stava solo utilizzando strumenti straordinari ed eccezionali molto controversi, anche perché progettati da Cheney, ma che erano stati efficaci nel prevenire altri attacchi. Utilizzando le norme di Cheney, insomma, Obama aveva coperto gli american

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Redazione Redazione Eventi e News