Il conto (non pagato) della crisi climatica: da 6 aziende fossili danni da 5mila miliardi di euro

Negli ultimi dieci anni, dalla stipula dell’Accordo di Parigi su clima, il costo degli eventi meteo estremi – resi più frequenti e intensi dalla crisi climatica in corso, alimentata dai combustibili fossili – arriva a 5.070 miliardi di euro: una conto monstre che Greenpeace Italia ha srotolato oggi sotto forma di maxi scontrino in Piazza di Spagna, per sollecitare il Governo Meloni a inserire il principio “chi inquina paga” nella legge di Bilancio in via di definizione (che al momento non contiene niente di tutto ciò).
Secondo la nuova analisi pubblicata da Greenpeace Italia sul costo sociale del carbonio (SCC), infatti, le emissioni di anidride carbonica (CO₂) di sei grandi compagnie petrolifere e del gas (ExxonMobil, Chevron, Shell, Bp, TotalEnergies ed Eni) nel periodo 2016-25 sarebbero in grado di causare circa 5.070 miliardi di euro di danni economici. La cifra stima i danni economici considerando gli impatti sulla salute e sulla sicurezza alimentare, i rischi legati all’innalzamento del livello del mare e degli eventi climatici estremi per tutto il periodo in cui la CO₂ resterà in atmosfera.
Secondo l’analisi, eseguita da scienziati indipendenti, i danni associabili alle sole emissioni di Eni ammonterebbero a 460 miliardi di euro, anche se il Cane a sei zampe ribatte che «attribuire responsabilità economiche dirette alle imprese energetiche e tradurre le emissioni di CO₂ di un singolo operatore in un importo monetario univoco rappresenta, peraltro, un esercizio semplicistico e persino fuorviante».
Sta di fatto che secondo il Piano strategico 2025-2028 presentato dalla multinazionale controllata di fatto dal ministero dell’Economia l’estrazione di combustibili fossili continuerà a crescere; basti osservare che secondo i bilanci di sostenibilità pubblicato dalla stessa Eni (dati 2022), considerato l’intero ciclo di vita, le emissioni nette fino allo Scope 3 del Cane a sei zampe ammontano a 419 mln di ton di CO2eq l’anno, più di tutte le emissioni imputabili all’Italia, che ammontano (dati Ispra 2022) 413 mln di CO2 (che calano a 392 considerando anche l’apporto Lulucf, ovvero uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura).
«È ora di cambiare le regole del gioco: i governi devono far pagare i grandi inquinatori e utilizzare i ricavi per supportare seriamente la transizione energetica e la sicurezza del territorio in cui viviamo – dichiara Simona Abbate di Greenpeace Italia – I leader mondiali hanno un'opportunità storica durante i due appuntamenti internazionali di novembre (la Cop30 e i negoziati della Convention Fiscale Globale delle Nazioni Unite) per colmare il divario finanziario per il clima tassando le aziende fossili. Al governo italiano chiediamo di farsi portavoce di questa istanza di giustizia introducendo nella legge finanziaria una tassa per tutte quelle società che fanno profitti a danno delle persone, a partire dalle aziende del petrolio e del gas e da quelle delle armi».
Nello scontrino sono riportati, a titolo di esempio, 200 eventi climatici estremi e i loro costi. Fra questi ci sono anche eventi italiani, come l’alluvione in Emilia-Romagna del 2023, insieme a eventi estremi che hanno colpito intere comunità in tutto il mondo. Nonostante gli eventi meteo estremi siano aumentati in Italia del 485% nell’ultimo decennio, ancora si continua a parlare di “maltempo” e l’inazione la fa da padrona.
«Otto italiani su dieci sono concordi nell'aumentare le tasse alle aziende del settore fossile per coprire i danni al clima, dato che sono ben noti i profitti record che queste stesse aziende continuano a generare. La tassa sui profitti delle compagnie inquinanti, che non deve ricadere sulle bollette già elevate dei consumatori, rappresenta non solo uno strumento finanziario essenziale, ma anche un forte segnale politico: l'era dei combustibili fossili deve finire e la transizione verso le fonti rinnovabili e un'economia decarbonizzata, che tuteli la vita delle persone, deve essere accelerata con ogni mezzo possibile, anche fiscale», conclude Abbate.
La richiesta di tassare le grandi aziende inquinanti sarà al centro della partecipazione di Greenpeace Italia al prossimo Climate Pride, la mobilitazione nazionale per il clima che si terrà per le strade di Roma il 15 novembre nei giorni della COP30 di Belém.
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