Animali dietro alle sbarre: storie di 144 processi in “Bestie delinquenti”
Cani reazionari, merli rivoluzionari, maiali complici di omicidio e altre «Bestie delinquenti»: quando gli animali finivano nei processi nei racconti dell’autrice del libro.

Solo gli esseri umani possono essere giudicati nei processi penali e civili? Sorprendentemente la risposta è negativa. Gli animali sono finiti spesso al centro di vicende giudiziarie. Lo si legge in modo esplicito nell’opera “Bestie delinquenti”. Nel testo, risalente al 1892 e redatto dall’avvocato Carlo D’Addosio, vengono raccolti144 processi e trattamenti giuridici riservati agli animali. Protagonisti sono cani reazionari, merli rivoluzionari, maiali complici di omicidio e altre specie a processo.
Storie di processi di animali: 144 casi raccontati nel libro dal titolo “Bestie delinquenti”
L’opera è stata ripubblicata da Edizioni Le Lucerne e a parlarne è l’avvocata Giada Bernardi. La domanda da cui partono le riflessioni del giovane avvocato napoletano Carlo D’Addosio è se «Se anche animale delinque, questo suo delinquere, in quanto offende gli uomini, è punibile?». Bernardi parte invece nella sua riflessione da una affermazione: «Nell’ordinamento gli animali sono ancora considerati delle res, oggetti privi di anima. Siamo ancora lontani da una tutela degna di tale nome per queste creature e i loro diritti».

L’autore ottocentesco racconta che al tempo di Carlo duca di Borgogna una grande quantità di locuste provocò una carestia in tutto il Mantovano, e che fu “necessario” quindi scomunicare la specie. Procedimento seguito anche nel 1541 con l’arrivo delle cavallette, anch’esse scomunicate in mancanza di moderne tecniche di disinfestazione. A Vercelli, poi, in un tempo non ben precisato, i tribunali ecclesiastici e quelli civili arrivarono a contendersi un processo ad alcuni bruchi che avevano infestato le viti della parrocchia. Nel testo l’avvocato scrive che «All’epoca si pose il problema se a giudicarli dovesse essere un tribunale civile o ecclesiastico, visto che avevano soddisfatto i loro desideri su beni di proprietà della Chiesa. Bestie delinquenti, quei bruchi, o semplicemente animali che si sono comportati conformemente a quella che era (e che è) la loro natura?».
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Ma non solo bruchi. A finire a processo furono in tempi più recenti anche cavalli e galli reputati stregoni e processati proprio come gli eretici, con condanne a morte sul rogo. Stando ai verbali dei processi, ci sarebbero stati merli rivoluzionari e cani reazionari e giustizieri se si considera che il Tribunale Rivoluzionario, con sentenza del 27 brumaio anno II, condannò a morte un “Saint Prix e il suo cane, colpevole di avere, dietro istigazione del suo padrone, morso ai polpacci un venditore di giornali liberali”. Una condanna per scomunica colpì anche i delfini, che nel 1596 invasero “senza alcun rispetto” il porto di Marsiglia.

A questo punto non sorprenderà sapere che molti altri animali siano stati considerati nel corso dei secoli demoniaci. Dalle capre stregate, ai maiali colpevoli e complici di omicidio, ai gatti neri. in alcuni casi i maiali furono accusati di complicità in un omicidio per aver assistito senza prestare adeguato soccorso alla vittima. Racconti ai limiti dell’assurdo. Ancora oggi, a distanza di secoli dall’uscita, questo libro continua ad attrarre lettori interessati a vedere come altri esseri umani siano riusciti a “sottrarsi alle proprie responsabilità attribuendole ad altri”. Lo spiega al Corriere della Sera Giada Bernardi, che aggiunge come lo scarico delle responsabilità avviene in modo più semplice se “si tratta di un soggetto che non ha voce per difendersi e contrastare le accuse che gli vengono mosse. Una lotta impari, che in passato ha visto il netto trionfo dell’uomo e che, oggi, per fortuna, vede vincere sempre di più gli animali”.
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Bernardi, che si definisce “l’avvocata degli animali“, con il proprio studio GiustiziAnimale e con l’associazione “Zampe che danno una mano” da anni difende e tutela gli animali. Nell’intervista rilasciata al quotidiano e nella prefazione al libro, l’avvocata spiega come «Processare un animale e condannarlo era sicuramente un ottimo strumento per conferire lustro e credibilità alla macchina della Giustizia. La Giustizia che processava e condannava un animale era una Giustizia che faceva comunque il suo corso e che, a maggior ragione, lo avrebbe fatto nei confronti di un uomo”. A far sorridere è che gli animali, durante le “custodie cautelari, in attesa del processo, erano tenuti nelle carceri con gli esseri umani, con tanto di vitto pagato dall’amministrazione”.

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