Il mercato del digitale continua a crescere nel 2025: servizi e AI trainano la spesa
il rapporto di assintel
Il mercato del digitale continua a crescere nel 2025: servizi e AI trainano la spesa
Il rapporto di Assintel evidenzia che nonostante il contesto economico incerto le tecnologie digitali sono ormai un asset irrinunciabile per le imprese. L’adozione è trainata dal segmento dei servizi IT e dall’aumento degli investimenti in AI. Permangono, tuttavia, differenze nella spesa tra grandi aziende e PMI. Per rimuovere i freni che ostacolano il mercato, Assintel propone un’agenda digitale di 10 punti.

Prosegue la crescita del mercato ICT italiano che nel 2025 arriva a un valore complessivo di 44,3 miliardi di euro (+4,5% sul 2024): è quanto riporta l’Assintel Report 2025.
Il rapporto, giunto alla sua ventesima edizione, fotografa lo stato del mercato digitale in Italia e l’adozione da parte delle imprese. Quest’anno oltre la consueta analisi il rapporto si arricchisce di un piano programmatico di agenda digitale in 10 punti, che chiede interventi di riforma, dalla scuola agli appalti.
Dall’analisi emerge che benché nello scenario economico del Paese permangano incertezze ed elementi di attenzione – influenzati da un contesto internazionale non favorevole e in significativo mutamento -, le tecnologie ICT appaiono ormai come un asset irrinunciabile per le aziende italiane e in tutte le classi dimensionali 3 imprese su 10 prevedono un aumento di budget per l’ICT nel 2026 (nel 2025 il dato era pari al 19%).

Il mercato italiano dell’ICT: l’andamento della spesa nelle grandi aziende e nelle PMI
Nonostante la crescita, l’analisi sottolinea un approccio eterogeneo negli investimenti digitali delle imprese. Le imprese italiane che investono maggiormente in ICT sono infatti quelle con oltre 500 addetti: si stima che la spesa ICT delle grandi imprese si attesterà a fine 2025 a 23,7 miliardi di euro pesando per il 53,5% del totale e registrando un incremento del 5,6% rispetto al 2024.
Crescita più contenuta degli investimenti per le micro e piccole imprese dove la spesa aumenta, rispettivamente, dell’1,7% e del 3,3%.
Anche per il 2026 è attesa una crescita con un tasso che dovrebbe restare superiore al 4%.
I servizi IT trainano la crescita del mercato
La crescita degli investimenti nel 2025 è trainata dai servizi IT, che registrano un aumento dell’8,1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un valore complessivo di ben 19 miliardi di euro. Le proiezioni indicano che questa tendenza non rallenterà, con i servizi IT destinati a toccare i 20,4 miliardi di euro entro la fine del 2026.
Per il 2025 il mercato del cloud computing è previsto in crescita del 16,2%, la categoria relativa alla cybersecurity del 7,2%, il segmento big data & analytics dell’8,7% e il mercato dell’intelligenza artificiale del 35,3%.
La distribuzione geografica degli investimenti: molto interesse al Sud, ma le imprese del Nord-Ovest investono di più
L’analisi sulla distribuzione territoriale della spesa ICT in Italia conferma il ruolo di locomotiva economica delle regioni del Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta).
Per l’anno in corso, si stima che la spesa ICT destinata alle aziende in quest’area ammonterà a 17,4 miliardi di euro, registrando una crescita del 5,1% rispetto all’esercizio precedente.
Un dato di particolare rilievo emerge dal Mezzogiorno: le aziende del Sud mostrano un’intenzione significativamente più elevata di incrementare il proprio budget ICT nel 2026. Questo elemento suggerisce un potenziale di forte recupero e accelerazione degli investimenti tecnologici nelle regioni meridionali nel prossimo futuro.
Solo il 3,6% delle imprese non è digitalizzata
Il rapporto evidenzia una drastica diminuzione delle imprese non digitalizzate: nel 2025 si attestano infatti al 3,6%.
Un dato particolarmente significativo se si considera che, rispetto a due anni fa, la quota di imprese refrattarie alla tecnologia si è più che dimezzata. In termini assoluti, il numero stimato di imprese non digitalizzate è passato dalle 130.000 del 2023 a circa 50.000 quest’anno, un indicatore chiaro dell’accelerazione della transizione in atto.
A questa spinta digitale si affianca una crescente consapevolezza ecologica: oltre un terzo delle imprese sta infatti già adottando iniziative mirate a limitare l’impatto ambientale delle tecnologie digitali che impiegano, segnando un’intersezione cruciale tra innovazione tecnologica e sostenibilità.
L’AI traina l’adozione delle tecnologie emergenti
La penetrazione delle tecnologie emergenti nel tessuto imprenditoriale italiano rimane per il momento più contenuta rispetto a quelle consolidate, ma è in atto una fase di crescita estremamente rapida, guidata dall’AI.
La familiarità complessiva con l’Intelligenza Artificiale, includendo l’utilizzo integrato, la sperimentazione e la pianificazione, raggiunge già il 29% delle imprese, con un’espansione spettacolare: in un solo anno, il livello di penetrazione dell’AI è esploso dal 7% al 29%.
Più contenuta la crescita delle altre tecnologie prese in esame: l’Internet of Things (IoT) cresce solo del 4%, mentre Realtà Aumentata e Robotica crescono rispettivamente del 5% e dell’8%.

Circoscrivendo l’analisi alle sole aziende che trattano, o quantomeno hanno preso in considerazione, le varie tecnologie emergenti, si denota un approccio prevalentemente improntato alla cautela: oltre la metà delle imprese si limita a una prima fase di valutazione e pianificazione, con riferimento alla Realtà Virtuale, alla Robotica e all’Internet of Things.
Per quanto riguarda l’AI, invece, l’approccio cauto si riduce a meno della metà e prevale un utilizzo effettivo, spesso in fase sperimentale.
Nello specifico, analizzando congiuntamente le quattro tecnologie emergenti prese in esame, emerge un quadro sintetico ben definito: il 6% delle imprese si trova già in una fase avanzata, con progetti estesi e coordinati a livello aziendale in almeno una di queste tecnologie.
Questo livello di penetrazione aumenta di oltre tre volte, attestandosi al 21% delle imprese, quando si includono anche i progetti pilota e quelli in fase di sperimentazione. La quota si allarga fino al 35% se si considera anche l’insieme delle aziende che stanno valutando o pianificando l’acquisizione di una tecnologia emergente.
Limitato il ricorso all’e-commerce per le PMI
Secondo un nuovo capitolo dell’Assintel Report, curato da Webidoo Insight Lab e basato sui dati del Digital Test Insites condotto su 6.808 PMI italiane, solo una piccola e media impresa su quattro (25,2%) effettua vendite o accetta prenotazioni online.
L’analisi mostra una leggera prevalenza nel Sud e isole (28,2%) e nel Centro (27,1%), mentre il Nord-ovest (19,2%) resta indietro.
Il tasso di utilizzo cresce in modo proporzionale alla maturità digitale: quasi il 40% delle PMI ad alta maturità vende online, contro appena l’11% di quelle con maturità bassa.
Il dato conferma che non bastano canali digitali di business per vendere online: serve una strategia digitale integrata che unisca tecnologia, competenze e presenza strutturata sul web.
Risorse, competenze e cultura aziendale: cosa frena l’adozione delle tecnologie ICT
Il principale ostacolo alla digitalizzazione delle aziende italiane rimangono le risorse economiche, segnalate dal 27% del campione di imprese (lo scorso anno erano il 54%).
In seconda battuta, a distanza dall’aspetto economico, si confermano la mancanza di competenze (15%) e una cultura aziendale non orientata al cambiamento (15%).
Solo il 17% delle stesse imprese intervistate ritiene che il contesto territoriale, con le sue infrastrutture ed il suo tessuto di realtà più o meno orientate all’innovazione, rappresenti un ostacolo.
Per quanto riguarda il tema delle competenze, il confronto biennale evidenzia un netto miglioramento: la quota di imprese che ritengono di presidiare adeguatamente sia le competenze digitali interne che la cultura innovativa cresce di oltre 10 punti rispetto al 2023 (32,6% contro il 21,5% di due anni fa) e al contempo si riduce del 13% la quota di imprese che si sentono sguarnite su entrambi i fronti.
Le 10 proposte di Assintel per favorire la digitalizzazione delle imprese
Oltre alla consueta analisi, Assintel ha voluto arricchire il rapporto con un documento programmatico di agenda digitale che intende, in dieci punti, aiutare a superare le criticità evidenziate.
La prima proposta è quella di favorire la cooperazione tra università e imprese attraverso co-design formativo, project work, stage e casi reali di collaborazione.
I percorsi di dottorato e gli ITS – sostiene Assintel – devono essere rafforzati con una maggiore presenza di docenza aziendale e procedure semplificate.
La seconda proposta è quella di promuovere la creazione di una rete nazionale di Life Design Center dedicati alle discipline STEM per orientare studenti e lavoratori lungo tutto l’arco della vita formativa e professionale, con particolare attenzione alla riqualificazione digitale.
Assintel chiede inoltre un supporto continuo alle scuole e agli studenti tramite programmi di alternanza scuola-lavoro, summer camp tecnologici e sportelli territoriali dedicati all’orientamento e allo sviluppo delle competenze digitali.
Assintel chiede poi di costituire comitati permanenti scuole-imprese, con la partecipazione di rappresentanti del mondo produttivo, delle istituzioni formative e delle associazioni di categoria, per monitorare l’evoluzione dei fabbisogni professionali.
La quinta proposta riguarda la creazione di avviare un Osservatorio Permanente sulla Formazione Digitale – con funzioni di analisi, coordinamento e indirizzo delle politiche nazionali in materia di competenze tecnologiche e digitali -, e di alimentare un sistema virtuoso tra Confidi, Banche e Fondo di Garanzia per:
- finanziare o anticipare al 100% i finanziamenti a fondo perduto per R&D destinati alle aziende che offrono prodotti e servizi digitali
- finanziare progetti di digitalizzazione delle MPMI a medio termine (3 anni)
- anticipare al 100% i finanziamenti a fondo perduto per la digitalizzazione.
Sesto punto dell’agenda digitale di Assintel è continuare a finanziare i DIH (Digital Innovation Hub) delle associazioni di categoria che operano sul territorio nazionale e che da anni si autofinanziano per promuovere e realizzare la digitalizzazione delle MPMI che rappresentano.
Assintel chiede poi di definire regole scritte e chiare per il partenariato pubblico-privato, affinché le opportunità offerte non siano carpite esclusivamente da grandi players.
Occorre inoltre intervenire, sottolinea il documento, sul programma Transizione 5.. La modifica proposta riguarda la suddivisione dei fondi in due linee distinte: Transizione digitale 5.0 e Transizione ecologica 5.0, per garantire una maggiore efficacia e coerenza nell’impiego delle risorse;
A questa revisione deve accompagnarsi quella della disciplina delle gare pubbliche per favorire l’accesso delle MPMI. Devono essere premiate le aggregazioni di MPMI che partecipano alle gare CONSIP, riconoscendo il valore della collaborazione tra imprese come leva di crescita e innovazione.
Ultima richiesta riguarda la semplificazione della struttura dei bandi di finanziamento, con l’inclusione tra le voci finanziabili al 100% consulenza, formazione, compliance a norme di legge e certificazioni. Inoltre devono essere adeguati alle nuove modalità di offerta SaaS noleggio (a locazione operativa).
“Oggi più che mai, anche in vista della fine del sostegno del Pnrr, è necessario investire per supportare le imprese italiane del digitale, a partire dalle Pmi”, commenta la presidente Assintel, Paola Generali.
“Per questo, quest’anno abbiamo voluto realizzare, attraverso laboratori di co-creazione che hanno coinvolto rappresentanti di Assintel ed esponenti del mondo accademico, imprenditoriale e istituzionale, un documento in 10 punti che offra alla politica una panoramica dettagliata su cosa serve oggi al mondo ICT italiano per continuare a crescere e sostenere l’economia del Paese. Confidiamo che la politica voglia accogliere le istanze del comparto e tradurle in un vero cambiamento per il sistema Paese”, aggiunge.
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