La Lettonia vuole uscire dalla Convenzione d’Istanbul contro la violenza sulle donne
Bruxelles – Il Parlamento lettone ha votato ieri sera (30 ottobre) per abbandonare la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne del 2016. Il disegno di legge che prevede la fuoriuscita dal trattato internazionale – in gergo legale si dice che la Lituania ha “denunciato” il testo dell’accordo – è stato approvato dalla Saeima, il legislativo monocamerale di Riga, con 56 voti a favore, 32 contrari e due astensioni.
Determinante per l’esito della votazione (che ha fatto seguito ad un dibattito-fiume di 13 ore) l’allineamento di una parte della maggioranza con le opposizioni. La coalizione di governo si è spaccata: i 16 eletti dell’Unione dei verdi e degli agricoltori (ZZS) hanno votato a favore dell’uscita mentre i 26 di Nuova unità (JV) e i 10 dei Progressisti (PRO) hanno votato contro nell’Aula di 100 membri.
La premier Evika Siliņa, leader di JV, si è rammaricata dell’accaduto: “È crudele”, ha osservato, il fatto che “coloro che hanno avuto il coraggio di chiedere aiuto stanno ora assistendo al fatto che le loro esperienze vengono sfruttate per battaglie politiche“.

Ora, affinché l’abbandono degli accordi di Istanbul sia effettivo, dovrà venire formalmente promulgato dal presidente della Repubblica, Edgars Rinkēvičs. Il capo dello Stato, per quanto personalmente contrario alla mossa, si è tuttavia dichiarato scettico sull’opportunità di opporre un veto ad una decisione sovrana dell’Aula.
Se Rinkēvičs confermasse la scelta dell’emiciclo, la Lettonia diventerà il primo Paese europeo – e il secondo al mondo dopo la Turchia, ritiratasi nel 2021 – ad abbandonare lo storico trattato internazionale, col quale si era inteso imporre ai firmatari di elaborare norme e politiche tese a porre fine alla violenza contro le donne e agli abusi domestici.
Non senza una certa ironia, era stato proprio questo Parlamento, eletto nell’ottobre 2022, a ratificare la Convenzione nel novembre 2023, con un ritardo di ben sette anni sulla firma del trattato da parte del governo lettone. Allora, il Paese baltico abbandonava il novero degli Stati membri dell’Ue che non sono ancora parti del documento (gli altri sono Bulgaria, Cechia, Lituania, Slovacchia e Ungheria), ma potrebbe appunto rientrarci nell’immediato futuro.
In realtà, il trattato era in vigore per tutti i Ventisette già dall’ottobre 2023, in virtù del via libera fornito dall’Eurocamera nel maggio dello stesso anno. Quella mossa, che l’esecutivo comunitario richiedeva dal 2016, aveva aperto all’applicazione vincolante delle norme di Istanbul in tutta la giurisdizione a dodici stelle.

L’opposizione alla Convenzione è sempre stata guidata dalle forze della destra lettone, che la considerano come fumo negli occhi e la ritengono un subdolo strumento per diffondere nel Paese le cosiddette “teorie gender” e, addirittura, una presunta “ideologia straniera”. Il consenso verso queste posizioni è cresciuto negli ultimi mesi, fino a quando lo scorso settembre è stato avviato l’iter legislativo in seno alla Saeima conclusosi col voto di ieri.
E dopo il voto di ieri sono fioccate le reazioni di sconcerto e sconforto, dall’interno come dall’esterno dei confini nazionali. Oltre alle dichiarazioni di una parte della maggioranza, tra le voci autorevoli che si sono levate in Lettonia per criticare la decisione dei deputati c’è stata quella dell’ex presidente Vaira Vīķe-Freiberga, che ha detto di “vergognarsi” di una simile “regressione“. Negli scorsi giorni si erano susseguite numerose e partecipate proteste a Riga contro la possibile fuoriuscita dalla Convenzione.
Da Strasburgo, il Consiglio d’Europa (l’organizzazione continentale per la tutela dei diritti umani, promotrice della Convenzione di Istanbul) ha condannato il “messaggio pericoloso” lanciato dalla Saeima. “Un passo indietro senza precedenti e profondamente preoccupante per i diritti delle donne e i diritti umani in Europa”, lo ha descritto il presidente dell’Assemblea parlamentare del CoE, Theodoros Rousopoulos. “Abbandonando il primo e unico trattato internazionale che riconosce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani, la Lettonia invia un messaggio pericoloso, ovvero che si può mettere in discussione o scendere a compromessi sulla sicurezza e la dignità delle donne“, ha aggiunto.
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