La nuova normativa sulla protezione dei segnalanti nel diritto dell’Unione e nell’ordinamento nazionale

Dicembre 23, 2025 - 10:48
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La nuova normativa sulla protezione dei segnalanti nel diritto dell’Unione e nell’ordinamento nazionale

lentepubblica.it

L’evoluzione dell’istituto del whistleblowing e la nuova normativa in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni nel diritto dell’Unione e nell’ordinamento nazionale.


Indice dei contenuti
  • Introduzione
  • Definizioni e origini dell’istituto del whistleblowing in Italia
  • Le prime difficoltà attuative dell’istituto del whistleblowing in Italia
  • La Direttiva (UE) 2019/1937
  • Le difformità di recepimento e di implementazione della Direttiva in Europa. Alcuni casi di studio

5.1 L’Olanda

5.2 La Francia

5.3 La Germania

5.4 La Spagna

  • Il recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 in Italia e l’entrata in vigore del Dlgs. n. 24 del 10 marzo 2023.
  • Conclusioni

1 Introduzione

Il presente articolo analizza sinteticamente l’evoluzione dell’istituto del whistleblowing, dalle sue origini anglosassoni fino alla piena integrazione nel sistema giuridico italiano attraverso il D.lgs. n. 24/2023.

Dopo aver evidenziato le difficoltà culturali e applicative che ne hanno ostacolato l’affermazione in Italia, viene esaminata la Direttiva (UE) 2019/1937 e le principali difformità di recepimento da parte degli Stati membri, in particolare e senza pretesa di esaustività, attraverso l’analisi dei modelli di Olanda, Francia, Germania e Spagna, al fine di metterne in luce punti di forza e criticità.

Il contributo si conclude con l’analisi del summenzionato D.lgs. 24/2023 il quale, attraverso l’introduzione di un sistema uniforme e coordinato di segnalazione, rafforza le tutele contro le ritorsioni e attribuisce all’ANAC un ruolo centrale nella gestione delle segnalazioni esterne; di tale centralità, emblematica è la recentissima Delibera n. 478 del 26 novembre 2025, con la quale l’ANAC ha adottato le Linee Guida n. 1 – 2025 in materia di whistleblowing sui canali interni di segnalazione che , e il cui esame non formerà oggetto del presente lavoro, essendo questo focalizzato solamente sull’evoluzione dell’istituto del whistleblowing nel tempo.

2 Definizioni e origini dell’istituto del whistleblowing in Italia

Il termine whistleblowing, di matrice anglosassone e traducibile letteralmente mediante l’espressione “soffiare nel fischietto”, rappresenta un istituto giuridico sviluppatosi originariamente negli ordinamenti statunitense e britannico. Il connesso istituto, infatti, nasce con il “Whistleblower Protection Act” del 1989 e con la successiva legislazione federale U.S.A. la quale, dietro ampie forme garanzia di anonimato e di tutela in caso di ritorsioni per mano dei denunciati, prevede la possibilità per chiunque, sia esso cittadino o dipendente di un’azienda pubblica o privata, di denunciare pratiche illecite di cui sia venuto a conoscenza.

Il whistleblowing, di fatto, consiste pertanto in un meccanismo normativo volto a garantire la segnalazione, in forma tempestiva e tutelata, di condotte illecite, immorali, illegittime, irregolarità, frodi, atti di negligenza o situazioni di potenziale pericolo che possano compromettere l’integrità, il buon andamento e la legalità dell’organizzazione, sia essa pubblica o privata[1].

Le segnalazioni in parola possono essere fatte all’interno o all’esterno[2] dell’organizzazione sia da dipendenti della medesima che da collaboratori, ne costituiscono oggetto le anzidette condotte, comportamenti, atti od omissioni idonei a ledere l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, commessi all’interno del contesto lavorativo. Inoltre, Affinché sia possibile segnalare, è sufficiente l’esser venuti a conoscenza di situazioni, fatti, circostanze che, ragionevolmente, possono portare a ritenere che un’irregolarità o un fatto illecito si sia verificato; non è pertanto necessario essere certi dell’effettivo accadimento dei fatti denunciati e/o dell’identità dell’autore.

in un Paese come l’Italia dove la corruzione è percepita come fenomeno pervasivo e incombente, la legge statunitense divenne presto uno degli argomenti preferiti per convegni e conferenze. Il movimento d’opinione si tradusse nell’anno 2017 in una legge (l’articolo 54bis del d. lgs. 165/2001) che riproduceva integralmente il quadro dispositivo della legge U.S.A.;

Rispetto alla genesi normativa, nell’ordinamento nazionale l’istituto in parola, quale sistema di prevenzione della corruzione, viene originariamente introdotto dall’art.1 comma 51 della Legge 6 novembre 2012, n. 190 il quale, inserendo l’art.54-bis al D.lgs. n. 165 del 2001, dà alla luce la prima c.d. “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”[3].

Con successiva Legge n.  30 novembre 2017, n. 179, allo scopo di consolidare la normativa esistente nonché di rafforzare gli strumenti a tutela dei segnalanti, viene ampliata la specifica tutela in favore dei whistleblower grazie ad un primo intervento che ha coinvolto sia il T.U.P.I. per quel che concerne le segnalazioni nel settore pubblico, sia il D. Lgs. n. 231 del 2001 per la disciplina prevista per quello privato[4].

In seguito alle considerazioni di cui si dirà nei successivi paragrafi, nel recente passato si è infine assistito alla nascita dell’ultimo intervento legislativo nazionale in materia, il D.lgs. 10 marzo 2023, n. 24.

Detto provvedimento adottato in attuazione della direttiva E 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative, sancendo l’abrogazione definitiva dell’54-bis del D. Lgs n. 165 del 2001.

3 Le prime difficoltà attuative dell’istituto del whistleblowing in Italia

Nonostante i numerosi sforzi del legislatore, l’istituto del whistleblowing incontra inizialmente notevoli difficoltà attuative.

La prima condivisibile considerazione evidenziata da alcuni autori[5], pone in primis l’accento sull’assenza dell’adeguato traducente e sull’impossibilità stessa[6] di ricondurre ad una locuzione italiana il nome da attribuirvi, anche per via della “poca familiarità” del concetto presso l’opinione pubblica italiana[7].

Anche l’erronea convinzione, frutto dell’impermeabilità del vero significato di whistleblower nella cultura nazionale, che questo fosse di fatto una sorta di delatore, di sicofante[8], ha contribuito in maniera significativa allo scarso ricorso al suo utilizzo, nonostante le evidenti differenze di significato tra gli uni e l’altro termine[9].

Il whistleblower, infatti, dovrebbe essere pacificamente riconosciuto quale soggetto virtuoso che, esattamente al contrario di quanto ad egli associato dall’immaginario collettivo, segnala il fatto illecito o un’irregolarità esclusivamente nell’interesse dell’integrità dell’amministrazione e non certo per meri fini personali e che anzi, è finanche disposto al sacrificio della propria serenità e benessere per siffatte ragioni.

E proprio su questa ultima considerazione che emerge la seconda ragione del fallimento dell’istituto, da ritenersi associato sia all’assenza di idonee strutture atte alla ricezione delle segnalazioni, oltre che dal preminente elemento della difficoltà di garantire idonee tutele in favore del segnalante e il conseguente timore di quest’ultimo di ricevere possibili ritorsioni in conseguenza del suo operato.

4 La Direttiva (UE) 2019/1937

Mentre il legislatore italiano adotta i summenzionati interventi in materia di prevenzione del fenomeno della corruzione, nel 2019, il panorama europeo è ancora connotato da una generalizzata e significativa differenza sia in termini di adozione di norme che di effettiva efficacia dell’istituto del whistleblowing tra i diversi Stati membri.

In particolare, muovendo dall’assunto che la mancanza di un’omogenea protezione nei confronti dei lavoratori che effettuino segnalazioni ben possa rappresentare un significativo freno tanto all’emersione e alla conseguente sanzione di eventuali condotte illecite, quanto alla diffusione di una “cultura della denuncia”, al precipuo fine di riordinare e armonizzare le discipline interne in materia mediante l’introduzione di standard minimi uniformi di tutela da parte degli Stati dell’Unione Europea, il 26 novembre del 2019 il Parlamento europeo e del Consiglio pubblica nella Gazzetta Ufficiale dell’U.E. la Direttiva 2019, n.1937.

In tal senso, particolarmente significativa appare la lettura dell’art.1 a mente del quale, infatti, “lo scopo della presente direttiva è rafforzare l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori stabilendo norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione”.

Rispetto alla portata della Direttiva, si evidenzia, in primis, il sensibile aumento dell’ambito soggettivo di applicazione disciplinato all’art.4[10], tale da determinare la conseguente estensione delle protezioni di cui al successivo art.19 e s.s., in particolare quelle di cui all’art. 21 disciplinante le misure di protezione dalle ritorsioni. L’ampliamento della platea cui è rivolta la protezione, infatti, nasce con l’evidente scopo di incentivare e rafforzare le segnalazioni[11], soprattutto grazie all’adozione una serie di misure idonee a proteggere il segnalante ed evitare forme di ritorsione o discriminazione nei suoi confronti. È fatto altresì espresso divieto di licenziamento, demansionamento, sospensione ovvero o forme di penalizzazione diretta o indiretta. Va poi evidenziato la previsione dell’obbligo di assicurare la riservatezza tanto nei confronti dell’identità del segnalante, quanto delle informazioni contenute nella segnalazione ovvero di quelle acquisite nel corso delle indagini.

Il capo II è dedicato alla disciplina delle segnalazioni interne, già definite all’art.5 punto 4 della Direttiva medesima come “la comunicazione scritta od orale di informazioni sulle violazioni all’interno di un soggetto giuridico del settore pubblico o del settore privato”.

Nel prevedere l’espresso obbligo per gli Stati Membri di istituire canali di segnalazioni interni unitamente alle possibili modalità di gestione degli stessi e delle relative procedure[12], viene altresì stabilito che questi debbano costituire lo strumento di segnalazione da preferire a quello esterno, “laddove la violazione possa essere affrontata efficacemente a livello interno”.

Il capo III, invece, è dedicato alle c.d. segnalazioni esterne, ossia quelle comunicazioni scritta od orali di informazioni sulle violazioni alle autorità competenti[13], prevedendo espressamente che gli “Stati membri designano le autorità competenti per ricevere, fornire un riscontro e dare seguito alle segnalazioni e le dotano di risorse adeguate” e che, fermo restando il rispetto di criteri tassativamente tipizzati, “questi canali sono considerati indipendenti e autonomi[14]

Nell’ambito del soprarichiamato Capo IV interamente dedicato alle misure di protezione, sempre in relazione ai profili soggettivi seppure da altra angolazione, compare all’art.22 anche quella prevista nei confronti dei soggetti coinvolti nella segnalazione, in ossequio a generali principi di diritto di presunzione di innocenza, del diritto alla difesa, di accesso al proprio fascicolo nonché di audi alteram partem[15]

Rispetto ai tempi di attuazione della Direttiva, si evidenzia infine che a mente l’art. 26, gli Stati Membri erano tenuti a conformarsi alle sue disposizioni entro il 17 dicembre 2021. Il ritardo da parte dell’Italia del recepimento della Direttiva ha infatti comportato l’avvio di procedimenti di infrazione e il deferimento dell’Italia e di altri sette Stati Membri alla Corte di Giustizia Europea[16].

5 Le difformità di recepimento e di implementazione della Direttiva in Europa. Alcuni casi di studio

Dall’esame della relazione della Commissione Europea del 3 luglio 2024 è emerso come alcune legislazioni nazionali siano ancora afflitte da talune lacune, soprattutto in relazione al richiamato ampio ambito soggettivo e materiale, nonché rispetto alla gestione dei canali di segnalazione, alle misure di protezione e alla riservatezza. Gran parte degli Stati Membri, infatti, hanno adottato una normativa imprecisa, poco chiara, talvolta addirittura difforme rispetto all’intentio legis del legislatore europeo.

Il problema è emerso chiaramente già dalla fase di effettivo recepimento della Direttiva.

Entro l’anzidetto termine del 17 dicembre 2021, infatti solo Malta, Portogallo, Svezia avevano adottato e notificato misure di recepimento complete. Entro il 31 dicembre 2022 avevano notificato il recepimento Cipro, Danimarca, Francia, Croazia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Romania, mentre Austria, Bulgaria, Cechia, Germania, Grecia, Spagna, Italia, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia, Slovacchia si sono spinte fine al 2023.

Già nel gennaio 2022, si legge nel rapporto, la Commissione ha avviato una procedura di infrazione nei confronti di 24 Stati membri per non aver recepito e comunicato le misure di recepimento complete. Nel marzo 2023 la Commissione ha deferito 6 Stati membri alla Corte di giustizia dell’Unione europea perché non avevano adempiuto all’obbligo di recepire la direttiva e di comunicare le misure di attuazione, chiedendo alla Corte di imporre sanzioni pecuniarie”[17].

Dalla lettura del rapporto emerge ancora il recepimento restrittivo da parte di alcuni Stati Membri della definizione di “Violazione” per come prevista nella Direttiva medesima, escludendo abusi di diritto e limitando altresì la nozione di informazioni sulle violazioni.

Anche le tecniche legislative adottate sono risultate notevolmente diverse; alcuni Stati hanno copiato i settori e gli atti elencati nella direttiva, altri li hanno completamente omessi ovvero richiamati in maniera generica.

Inoltre, circa metà degli Stati non ha correttamente incluso le violazioni agli interessi finanziari UE e al mercato interno.

Per quel che concerne invece l’ambito di applicazione, addirittura alcuni Stati Membri ne hanno ampliato la portata arrivando ad includere tutte le violazioni del diritto UE, reati di corruzione, illeciti penali e amministrativi, tutela e diritto del lavoro, salute e sicurezza[18].

Anche sul versante delle sanzioni si sono registrate difformi modalità di recepimento del regime di esenzione ex art.3, in particolare, sul segreto professionale forense e medico e sulla segretezza delle deliberazioni giudiziarie, estendendole ben oltre i limiti fissati dalla direttiva.

Sul piano della fattiva attuazione e in un’ottica comparativa, è interessante ora osservare gli approcci normativi di alcuni Stati membri[19].

5.1 L’Olanda

L’Olanda, con il Whistleblower Protection Act del 18 febbraio 2023, ha incorporato gli emendamenti al disegno di legge 35 851, n. 2, introducendo misure in materia di anticorruzione molto strutturate. Prima fra tutte il potenziamento della “Huis voor klokkenluiders[20] che svolge funzioni di consulenza e supporto specialistico per i segnalanti. Nella sua descrizione si legge che “la Casa dei Whistleblower contribuisce a una società integra. Fornisce consulenza ai dipendenti che segnalano abusi sociali. Indaga sugli abusi. Indaga anche sul trattamento dei whistleblower, che non dovrebbero essere svantaggiati dalle loro segnalazioni di condotte illecite. Incoraggia inoltre enti governativi, istituzioni semi-pubbliche e aziende a salvaguardare la propria integrità[21]. La Huis voor klokkenluiders è articolata in due sezioni, completamente autonome l’un l’altra, una con funzione consultiva e una con funzione investigativa. Quella consultiva ha il compito di fornire ai potenziali whistleblowers tutte le informazioni in merito alle modalità di segnalazione laddove questi fossero testimoni ovvero vengano a conoscenza di un illecito. Quella investigativa, a richiesta del whistleblower, potrà avviare un’inchiesta sull’illecito segnalato, e sul modo in cui il datore di lavoro si è comportato nei confronti del segnalante. Al termine dell’investigazione, viene redatto un rapporto contenente raccomandazioni a quest’ultimo.

Inoltre, preesistenti disposizioni riguardanti la protezione penale dell’informatore sono state rafforzate, prevedendo sanzioni elevate contro le ritorsioni.

L’apprezzato modello olandese unisce il disposto normativo ad effettivi strumenti operativi e, più in generale, a servizi di supporto specialistico, migliorando sensibilmente la fruibilità e l’effettiva garanzia della tutela.

5.2 La Francia

La Francia ha recepito la Direttiva con Legge del 21 marzo 2022. In realtà detto intervento normativo non ha fatto altro che ampliare la portata della c.d. Legge Sapin II del 2016, norma già ritenuta decisamente avanguardista nel panorama legislativo in materia di anticorruzione. Peraltro, con la Sapin II, la Francia aveva istituito L’Agenzia Francese Anticorruzione (AFA) la quale, tra le sue principali missioni, aveva proprio quella di elaborare delle raccomandazioni finalizzate esclusivamente all’indicazione in ordine alla corretta creazione della componente del programma anticorruzione disciplinato dalla Legge Sapin II.

A mente di questa, infatti, il programma anticorruzione poggia su tre specifici pilastri: l’impegno dei dirigenti, la cartografia dei rischi e la gestione di questi ultimi.

L’impegno dei dirigenti, ossia l’engagement de l’instance dirigeante, è considerato il più importante aspetto dell’azione di prevenzione della corruzione all’interno di un’impresa.

Infatti, colui che è investito delle maggiori responsabilità, è anche deputato ad esprimere il rifiuto di pratiche contrarie alla legge o all’etica, per due ordini di motivi: in primis perché le élites non solo ispirano dei comportamenti aziendali, ma sono ben suscettibili di modellare una cultura che, in tal senso, è una cultura della lotta contro la corruzione, della conformità e dell’etica.

In secondo luogo, sono i dirigenti i soggetti deputati ad assumere le decisioni chiave nella vita dell’impresa tra cui quelle relative alla lotta contro la corruzione ed alla sua configurazione interna in termini di risorse.

Per quel che concerne invece la cartografia dei rischi, si tratta di un documento in cui l’impresa analizza e rappresenta la sua esposizione a possibili rischi di corruzione[22]. In conseguenza dei due precedenti elementi, si dovranno poi porre in essere le strategie di gestione dei rischi per come individuati, mediante azioni di prevenzione, individuazione e rimedio[23].

5.3 La Germania

Di segno completamente contrario rispetto alla Francia risulta l’operato della Germania, recentemente multata dalla Corte di Giustizia per non aver rispettato gli obblighi previsti[24].

L’intervento tedesco, denominato Gesetz für einen besseren Schutz hinweisgebender Personen sowie zur Umsetzung der Richtlinie zum Schutz von Personen, die Verstöße gegen das Unionsrecht melden, (Hinweisgeberschutzgesetz)[25], entra in vigore il 3 giugno 2023[26], dopo una non facile gestazione e con un certo ritardo rispetto alla data del 17 dicembre 2021.

Il primo profilo di innovazione concerne la struttura organizzativa dei canali di segnalazione interna e delle relative misure di follow-up nelle società che, oltre ad attribuire a queste significativi margini di flessibilità, prevede un’efficace protezione; è infatti possibile per le società scegliere a chi affidare i compiti propri di un ufficio centrale di segnalazione interna[27]. Medesima flessibilità è altresì prevista per quel che riguarda la cancellazione dei documenti relativi alle procedure di segnalazione, sicché la documentazione delle procedure può essere conservata per tutto il tempo necessario alla soddisfazione dei requisiti di legge e l’archiviazione orientata caso per caso e non arginata all’interno di una rigida regolamentazione[28]. Un ultimo aspetto di interesse è la regolamentazione dei sistemi di segnalazione anonimi che, la Direttiva, rimette alla discrezionalità degli Stati Membri; nell’ambito della disciplina tedesca, se non a coloro che si occupano della segnalazione e in mancanza di un esplicito consenso da parte di questo, l’identità del whistleblower non può essere rivelata senza un esplicito suo consenso. Inoltre, i whistleblowers che rivelano informazioni al pubblico sono protetti esclusivamente nel caso in cui non sia intervenuta una tempestiva risposta alla segnalazione interna e in costanza di ragionevole dubbio di un rischio imminente per gli interessi pubblici ovvero se la segnalazione esterna non si sia rivelata efficace.

5.4 La Spagna

L’ultimo Stato che in questa sede si prende in esame è la Spagna.

La Direttiva viene recepita con la Legge n. 2/2023, del 20 febbraio 2023[29],  recante disciplina sulla protezione delle persone che denunciano violazioni normative e misure in materia di contrasto alla corruzione, con differenti particolarità in relazione alle dimensioni dell’impresa. Nell’ambito delle novità introdotte dalla Direttiva Whistleblowing, quella spagnola ne sviluppa le disposizioni e ne incorpora altre. Recepisce in primisl’ambito soggettivo e oggettivo estensivo prevedendo altresì l’istituzione dei canali interni ed esterni di segnalazione, prevedendone la sinergica integrazione in un unico sistema interno idoneo a rispettare le garanzie e i diritti minimi e al contempo garantendo l’anonimato dei reclami anonimi, e inoltre legittima la divulgazione pubblica delle violazioni in taluni casi.

Viene creata l’Autorità indipendente per la protezione degli informatori (IPA), avente la funzione di gestire il canale dei reclami esterni, conformemente a quanto stabilito nella Legge n. 2/2023.

L’IPA ha funzione consultiva per la stesura di regolamenti in materie di sua competenza ed è deputato all’adozione di misure di salvaguardia per proteggere l’informatore. Formula raccomandazioni e linee guida. Si avvale di un Comitato consultivo per la protezione degli informatori che fornisce consulenza e pareri non vincolanti all’Autorità

L’IPA ha un potere sanzionatorio che può esercitare nei confronti di soggetti del settore pubblico e privato[30]

6 Il recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 in Italia e l’entrata in vigore del Dlgs. n. 24 del 10 marzo 2023

Il D.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 rappresenta l’atto conclusivo del percorso di recepimento della disciplina europea in materia di whistleblowing da parte dell’Italia.

In vigore dal 30 marzo 2023, prevede un regime di applicazione differenziato nel tempo sicché talune disposizioni, in particolare quelle concernenti gli obblighi organizzativi per soggetti del settore privato con un numero di lavoratori inferiore a duecentocinquanta, sono divenute operative a decorrere dal 17 dicembre 2023, in conformità al termine ultimo di trasposizione fissato dalla Direttiva stessa.

Sul piano sistematico si assiste ad una prima significativa riforma organica della precedente normativa che, come visto nei capitoli precedenti, differenziava il settore pubblico da quello privato con la previsione di due norme differenti[31].  Tale uniformità di ambito soggettivo, consente di colmare molte delle lacune che avevano caratterizzato la previgente normativa, oltre a snellire significativamente il panorama normativo.

Per l’analisi della norma è utile, in questa sede, avvalersi di una prima lettura degli atti parlamentari e, nello specifico, quelli relativi all’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 10, XIX Legislatura”[32]

Lo schema di decreto esaminato negli atti è quello predisposto in attuazione della legge n. 127 del 2022, legge di delegazione europea 2021 con la quale, è stata conferita delega al Governo di recepire la Direttiva (UE) 2019/1937[33].

Preme però precisare che tale delega non è stata mai esercitata dal Governo italiano con la conseguenza che, come anticipato nei precedenti paragrafi, il mancato recepimento nei termini previsti dalla Direttiva medesima[34], ha portato all’avvio della procedura di infrazione n. 2022/0106 nei confronti dell’Italia[35].

Tornando all’analisi della norma, va sottolineato che il decreto adottato dal Governo non si è limitato a seguire i princìpi e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea[36], ma anche quelli ulteriori previsti dall’anzidetta legge n. 127/2022[37]

Il relativo contenuto del successivo adottando Decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24, consta di venticinque articoli suddivisi in quattro capi e di un allegato.

Il Capo I[38] reca le definizioni e individua l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del provvedimento. Nello specifico l’art.1, in coerenza con quanto stabilito all’art.2 della Direttiva, individua l’ambito di applicazione oggettiva, con la precisazione che rispetto a questo, gode di una maggiore portata ricomprendendo in detto ambito non solo le violazioni del diritto dell’Unione, ma anche quelle dell’ordinamento nazionale[39].

L’articolo 2, ricalcando quelle dell’art. 5 della Direttiva, contiene le definizioni rilevanti ai fini del decreto cui aggiunge quelle di soggetti del settore pubblico[40], soggetti del settore privato[41] e soggetti diversi [42]

L’articolo 3 individua i lavoratori, ai quali è riconosciuta la facoltà di segnalazione e i soggetti in favore dei quali sono garantite le relative misure di protezione, recependo in maniera completa quanto già visto in relazione all’art.4 della Direttiva. Infatti, si ricorda che la Direttiva ha imposto di estendere le misure di protezione non soltanto ai segnalanti che lavorano nel settore privato o pubblico, ma anche ai facilitatori, ossia coloro che, ex art. 5 della direttiva assistono “una persona segnalante nel processo di segnalazione in un contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere riservata”, ai terzi connessi con le persone segnalanti, quali ad esempio colleghi o familiari, e ai soggetti giuridici collegati al segnalante.

Il Capo II[43] reca disciplina in materia di segnalazioni interne, esterne e di divulgazioni pubbliche, e fissa altresì puntuali obblighi di riservatezza. Quelle interne sono disciplinate nell’art.4 che, oltre a prevedere le modalità di presentazione delle segnalazioni in parola, individua anche i soggetti che sono tenuti ad istituire il relativo canale: trattasi di quegli stessi soggetti pubblici e privati già definiti nell’anzidetto art. 2[44].

Quelle esterne, invece, sono disciplinate sia per il settore pubblico che per quello privato, nell’art. 6. In attuazione di quanto previsto dagli artt. da 10 a 13 della Direttiva, la disposizione subordina il ricorso alle segnalazioni esterne al ricorrere di talune specifiche condizioni, puntualmente elencate dalla norma stessa[45]. Analogamente a quanto già previsto a mente dell’art.54-bis del D.lgs. n. 165 del 2001 rispetto al settore pubblico, l’art. 7 individua l’ANAC quale autorità competente per le segnalazioni esterne anche per il settore privato, prevedendo altresì  che le modalità di presentazione delle segnalazioni avvengano attraverso canali idonei a garantire “la riservatezza del segnalante, della persona coinvolta e di quella menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione”[46].

Il successivo art.8 disciplina le attività svolte dall’ANAC, prevedendo in primis che l’Autorità designi personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione esterna nonché, segnatamente, allo svolgimento di tutte le attività indicate nell’articolo medesimo[47].

L’ art.9 fornisce una puntuale indicazione delle informazioni cui è tenuta alla pubblicazione l’ANAC sul proprio sito istituzionale mentre, l’art. 10, prevede l’adozione si specifiche linee guida per le procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni esterne, oggetto di periodico riesame e previa audizione con il Garante per la protezione dei dati personali.

I restanti artt. da 11 a 14, si occupano rispettivamente di disciplinare l’aumento della dotazione organica di ANAC, l’obbligo di riservatezza in ordine all’identità del segnalante, che non può essere rivelata o divulgata, senza il suo consenso espresso, a persone diverse rispetto a quelle competenti a ricevere o a dare seguito alla segnalazione, il trattamento dei dati personali e le modalità di conservazione delle segnalazioni, interne ed esterne, e della relativa documentazione[48].

L’art.15 disciplina la divulgazione pubblica quale ulteriore modalità di segnalazione, prevedendo, affinché il segnalante possa beneficiare della protezione prevista dal decreto, che questa venga effettuata al verificarsi di determinate condizioni[49].

Molto interessante è la novella dell’art.16 che detta le condizioni per la protezione della persona segnalanteche, al momento della segnalazione, abbia fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni fossero vere e pertinenti, ponendo una certa enfasi sulla sua buona fede di costui[50]. Tanto è ancor più evidente laddove al comma 3 viene poi enunciata l’ipotesi di sottrazione alla tutela in parola, oltre all’irrogazione di una sanzione disciplinare, a quei segnalanti nei confronti dei quali venga “accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale […] per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave”.

Il successivo art. 17 pone il divieto di ogni forma di ritorsione a danno del segnalante, elencando alcuno delle azioni riconducibili alla fattispecie ritorsiva tra cui, ad esempio, il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti, la retrocessione di grado o la mancata promozione e il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;

L’articolo 19 disciplina la tutela del soggetto segnalante, prevedendo tanto nel settore pubblico che nel settore privato, la comunicazione all’ANAC delle misure ritorsive eventualmente adottate, mentre l’art. 21 dispone l’obbligo di applicazione del regime sanzionatorio amministrativo e pecuniario da parte dell’ANAC all’esito dell’accertamento dell’effettiva natura ritorsiva delle azioni attuate nei confronti del segnalante.

Il Capo IV[51] infine, reca le disposizioni finali, disponendo l’abrogazione delle previgenti[52] disposizioni in materia di whistleblowing poiché trasposte nel decreto medesimo previo adattamento alle previsioni della Direttiva.

Conclusioni

All’esito del breve excursus dell’articolato, è possibile osservare che il D.lgs. n. 24/2023 si fonda intorno a tre pilastri principali. Il primo è l’istituzione di canali di segnalazione interni ed esterni connotati non solo da un alto livello di sicurezza, ma anche di riservatezza e con la centralità del ruolo dell’ANAC quale soggetto deputato alla gestione del canale esterno. Il secondo è costituito dalla rete di protezione del segnalante contro ogni possibile forma di ritorsione, diretta o indiretta[53], mentre il terzo dal regime sanzionatorio previsto per le azioni ritorsive adottate nei confronti del segnalante.

Il decreto in parola ha sin da subito posto alcune questioni interpretative e applicative, prima su tutte la tanto attenzionata determinazione dell’ambito soggettivo di tutela.

Questa è estesa non solo alla platea di lavoratori subordinati, ma anche agli autonomi, ai tirocinanti, ai volontari, ai collaboratori e, in talune circostanze, al personale non più alle dipendenze del soggetto pubblico o privato. Siffatto ampliamento, ben ossequioso dell’impostazione impostazione data dalla Direttiva ed ampiamente esaminata nel presente lavoro, ha come conseguenza per i suddetti soggetti pubblici e privati un significativo impegno organizzativo nella fattiva attuazione delle procedure e formative in favore del personale chiamato ad operare direttamente nella gestione di tutte le segnalazioni.

Per quel che concerne invece il piano oggettivo, come già detto la protezione si estende tanto alle violazioni del diritto dell’Unione, quanto a quelle delle disposizioni normative nazionali che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, escludendo l’alveo delle mere rimostranze personali ovvero dei conflitti interpersonali. Di talché si renderà necessario un significativo sforzo ermeneutico da parte delle Magistrature e dei Funzionari in generale, affinché si possa efficacemente distinguere il reale perimetro delle segnalazioni protette dalle denunce.

Sul piano degli effetti istituzionali, emerge chiaramente come con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 24/2023 il ruolo dell’ANAC si sia notevolmente rafforzato a mezzo del conferimento di poteri regolatori, sanzionatori ed ispettivi.

Oggi l’ANAC è infatti deputata a gestire le segnalazioni esterne, fornire orientamenti interpretativi, irrogare sanzioni nonché vigilare sull’effettiva adozione nonché e sul corretto funzionamento dei canali interni.

L’effettiva efficacia della nuova disciplina, peraltro, richiede una lettura sistematica con l’intero contesto europeo che, per esigenze di sintesi, nel presente articolo si sono potute affrontare solo in parte. Certo è che il recepimento intempestivo e talvolta lacunoso da parte dei diversi Stati membri, come si è visto, ha condotto la Commissione europea ad avviare numerose procedure di infrazione e a monitorare attentamente le modalità di attuazione. In ogni caso, il rispetto formale dei termini stabiliti dalla Direttiva, certo non esime dall’esigenza di accertare che, nel tempo, a quanto disciplinato a livello normativo segua poi la concreta effettività della tutela dei diritti e delle protezioni riconosciuti ai whistleblowers. Su questo ultimo aspetto, cruciale è il ruolo dell’ANAC che, proprio in tempi recentissimi, con la Delibera n. 478 del 26 novembre 2025, ha adottato le Linee Guida n. 1 – 2025 in materia di whistleblowing sui canali interni di segnalazione.

il D.lgs. n. 24/2023, in conclusione, segna il definitivo e significativo passaggio verso tale effettività in favore delle persone che segnalano illeciti ma, soprattutto, sancisce l’ulteriore rafforzamento da parte del legislatore dei principi di legalità e trasparenza, ponendo un’altra preziosa pietra a fondamento della casa di vetro.


Note: 

[1] Tutte queste condotte, con qualche riserva rispetto a quelle immorali, vengono chiamate “wrongdoing”, e attengono a comportamenti estremamente diversi vanno dall’illecito sino al penalmente rilevante.

[2] Sul sito dell’ANAC vengono esplicitate le casistiche in cui i segnalanti possono utilizzare il canale esterno rappresentato dall’Agenzia medesima:

  • non è prevista, nell’ambito del contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto richiesto dalla legge;
  • la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
  • la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione potrebbe determinare un rischio di ritorsione;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • I segnalanti possono effettuare direttamente una divulgazione pubblica quando:
  • la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna e non è stato dato riscontro entro i termini stabiliti in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

[3] Si riporta il testo allora vigente dell’art.1 comma 51 della Legge n. 190 del 2012:

“Per completezza di analisi, sebbene come si dirà a breve l’art. 54-bis è stato abrogato dal D.lgs. 24 del 2023, si riporta la formulazione dell’art. 1 comma 54 della Legge n. 190 del 2012.

Dopo l’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

«Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

  1. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.
  2. L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.
  3. La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni»”.

[4] Modificando con l’art.1 l’art. 54-bis del D.lgs. n. 165 del 2001 a con l’art.2 l’articolo 6 del D. Lgs. n. 231 del 2001.

[5] V. M. Donini, La tutela del whistleblower tra resistenze culturali e criticità legislative, in Rivista Penale Diritto e Procedura, 24 gennaio 2022.

[6] Riportando integralmente dal sito https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/che-cosa-indica-e-come-si-traduce-la-parola-inglese-whistleblower/918Alla domanda secca “come si traduce in italiano la parola whistleblower?”, una prima essenziale e altrettanto secca risposta è che, al momento, nel lessico italiano non esiste una parola semanticamente equivalente al termine angloamericano. Manca la parola, ma è innanzitutto il concetto designato a essere poco familiare presso l’opinione pubblica italiana. L’assenza di un traducente adeguato è, in effetti, il riflesso linguistico della mancanza, all’interno del contesto socio-culturale italiano, di un riconoscimento stabile della “cosa” a cui la parola fa riferimento. Infatti, per ragioni storiche, socio-politiche, culturali – che qui non è il caso di discutere – in Italia, ciò che la parola whistleblower designa non è stato oggetto di attenzione specifica, riflessione teorica o dibattito pubblico, almeno fino a tempi recentissimi”.

[7] Sul punto si richiama l’attenzione del lettore sull’importanza dell’analisi effettuata nel primo capitolo (1.3. e s.s.) rispetto alla storia della corruzione in Italia e su come, in effetti, taluni fenomeni finiscano per essere considerati “endemici” di una cultura.

[8] Si ritiene utile, per meglio comprendere gli effetti dannosi di un simile paragone tra i termini, riportare la definizione delle locuzioni tratte dal vocabolario Treccani. Peraltro, si sottolinea che sovente, le analogie tra locuzioni avvengono facendo ricorso a termini ben più “coloriti” e gergali.

https://www.treccani.it/vocabolario/delatore/

delatóre

s. m. (f. -trice) [dal lat. delator -oris, der. di delatus, part. pass. di deferre «riportare»]. – Chi per lucro, per vendetta personale, per servilismo verso chi comanda o per altri motivi, denuncia segretamente qualcuno presso un’autorità giudiziaria o politica, soprattutto qualora eserciti abitualmente tale attività: è stato lui il d.!; fare il d.; certi d. ricoprono l’infamia sotto colore di zelo e di patria carità (Tommaseo). Anche, con sign. più generico, chi rivela a un superiore colpe altrui o il nome del colpevole.

https://www.treccani.it/vocabolario/sicofante/

sicofante

s. m. [dal lat. sycophanta, gr. συκο-ϕάντης (comp. di σῦκον «fico» e tema di ϕαίνω «mostrare»), parola di formazione chiara ma di sign. incerto; secondo un’antica interpretazione, sarebbe in origine colui che denunciava l’esportazione clandestina di fichi dall’Attica]. – 1. Nel diritto attico, e in quello di altre città a regime democratico dell’antica Grecia, persona che di propria iniziativa denunciava alle autorità le violazioni della legge. 2. estens. e fig. Delatore, calunniatore, spia

[9] Significativo spunto di riflessione è offerto da questo passaggio dell’Accademia della Crusca intitolato

Le traduzioni italiane di whistleblower”

È questo il motivo principale per cui i traducenti proposti sulle pagine dei quotidiani italiani in alternativa al prestito integrale risultano inadeguati: parole come spia, delatore, talpa, informatore o anche spifferatore, soffiatore non garantiscono l’equivalenza né denotativa né connotativa con whistleblower, perché veicolano connotazioni negative di segretezza e anonimato legati a slealtà, al tradimento di un patto di fiducia, generalmente motivato da un tornaconto o un interesse personale. In nessun modo, dunque, queste voci sono associabili in italiano a un comportamento etico, virtuoso, manifestazione di senso civico.

Un’altra espressione usata per tradurre whistleblower è gola profonda: anch’essa però si rivela insoddisfacente in quanto fortemente legata nel nostro immaginario al contesto giornalistico; nel nostro lessico e nelle nostre mappe mentali una gola profonda è l’informatore anonimo che rivela informazioni “scottanti” a un giornalista, mentre il whistleblower non è una fonte anonima, anche quando la sua identità debba rimanere riservata per prevenire ritorsioni, e i media non sono il suo canale unico né privilegiato.

[10] Per comprendere appieno la portata dell’ambito soggettivo, si riporta il testo dell’art.4:

  1. La presente direttiva si applica alle persone segnalanti che lavorano nel settore privato o pubblico che hanno acquisito informazioni sulle violazioni in un contesto lavorativo, compresi almeno:
  2. a) le persone aventi la qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, TFUE, compresi i dipendenti pubblici;
  3. b) le persone aventi la qualità di lavoratore autonomo ai sensi dell’articolo 49 TFUE;
  4. c) gli azionisti e i membri dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un’impresa, compresi i membri senza incarichi esecutivi, i volontari e i tirocinanti retribuiti e non retribuiti;
  5. d) qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori.
  6. La presente direttiva si applica altresì alle persone segnalanti qualora segnalino o divulghino informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito di un rapporto di lavoro nel frattempo terminato.
  7. La presente direttiva si applica inoltre alle persone segnalanti il cui rapporto di lavoro non è ancora iniziato nei casi in cui le informazioni riguardanti una violazione sono state acquisite durante il processo di selezione o altre fasi delle trattative precontrattuali.
  8. Le misure intese a proteggere le persone segnalanti di cui al capo VI si applicano altresì, ove opportuno:
  9. a) ai facilitatori;
  10. b) a terzi connessi con le persone segnalanti e che potrebbero rischiare ritorsioni in un contesto lavorativo, quali colleghi o parenti delle persone segnalanti; e
  11. c) ai soggetti giuridici di cui le persone segnalanti sono proprietarie, per cui lavorano o a cui sono altrimenti connesse in un contesto lavorativo.

[11] Capo IV della Direttiva

[12] Artt. da 7 a 9.

[13] Art.5 numero 5).

[14] Art.12:

  1. a) siano progettati, stabiliti e gestiti in modo da garantire la completezza, l’integrità e la riservatezza delle informazioni e impediscano l’accesso da parte del personale non autorizzato dell’autorità competente;
  2. b) permettano la memorizzazione di informazioni su supporti durevoli, conformemente all’articolo 18, per consentire l’effettuazione di ulteriori indagini.

[15] o audiatur et altera pars, il diritto ad essere ascoltati secondo il quale nessuna persona dovrebbe essere giudicata senza un’equa udienza in cui venga garantita l’opportunità di rispondere agli addebiti a suo carico.

Tale principio è ritenuto di giustizia fondamentale ovvero di giustizia naturale nella maggior parte degli ordinamenti giuridici.

[16] La procedura di infrazione è stata avviata dalla Commissione Europea il 15 febbraio 2023.

[17] Sentenza della corte (Prima Sezione) 25 aprile 2024 nella causa C-147/23, Commissione Europea contro Repubblica di Polonia. Nel dispositivo si condanna si legge:

La Repubblica di Polonia, non avendo, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato della Commissione europea del 15 luglio 2022, adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, e, pertanto, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 26, paragrafi 1 e 3, della direttiva in parola.

2) La Repubblica di Polonia, non avendo, alla data di esame dei fatti da parte della Corte, adottato le misure necessarie per recepire nel proprio diritto interno le disposizioni della direttiva 2019/1937 né, pertanto, comunicato tali misure alla Commissione europea, ha persistito nel proprio inadempimento.

La Repubblica di Polonia è condannata a pagare alla Commissione europea:

  •  una somma forfettaria dell’importo di EUR 7 000 000;
  • qualora l’inadempimento constatato al punto 1 del dispositivo persistesse alla data della pronuncia della presente sentenza, una penalità giornaliera dell’importo di EUR 40 000 a decorrere da tale data e fintantoché lo Stato membro in parola non abbia posto termine a detto inadempimento.

[18] Sul piano della sicurezza nazionale, alcuni Stati hanno escluso interamente informazioni classificate o relative alla difesa, talvolta in modo sproporzionato, anche per categorie di persone come militari o servizi segreti.

[19] Per brevità di trattazione si analizzeranno solamente i casi di Olanda, Francia e Germania e Spagna.

[20] Letteralmente Casa dei Whistleblowers, House for Whistleblowers di cui attualmente è presidente Cornelis van der Werf. Per completezza di informazioni, la nomina del Presidente viene approvata dal Consiglio dei Ministri, su raccomandazione del Ministro dell’Interno e delle Relazioni Internazionali, attualmente Frank Rijkaart.

[21] Va tuttavia precisato che l’istituzione della Huis voor klokkenluiders preesiste alla Direttiva 2019/1937.

[22] La cartografia, pertanto, dovrà restituire un’immagine fedele del generale panorama dei rischi che minacciano l’impresa e, rispetto a questi, consente di definirne la natura, qualità e quantità e di conseguenza le misure necessarie per prevenirli o attutirne le conseguenze.

[23] Tra cui l’adozione di un codice di condotta, la previsione di un canale di segnalazione, i controlli contabili, il sistema di sanzioni disciplinari e la valutazione interna del programma anticorruzione.

[24] La Corte di giustizia europea ha infatti inflitto una sanzione pecuniaria alla Germania, pari a 34 milioni di euro dovuta al ritardo di attuazione della Direttiva.

[25] Legge per migliorare la protezione dei whistleblower e per attuare la direttiva sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione

[26] pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Federale 2023 I n. 140 del 2 giugno 2023.

[27] a singoli individui, ad un organismo interno specializzato, a terzi o ad un organismo di un’altra società del gruppo

[28] Si però precisato che la norma non chiarisce se la disciplina riguarda solo la segnalazione ovvero anche la documentazione ad essa annessa.

[29] pubblicata nel BOE del 21 febbraio 2023 e in vigore dal marzo dello stesso anno.

[30] Tra le violazioni gravi è inclusa la mancata implementazione del sistema informativo e le ritorsioni contro gli informatori. Le multe possono arrivare fino a 300.000 € per le persone fisiche, fino a 1.000.000 € per le persone giuridiche. È altresì previsto la possibilità di applicazione di sanzioni accessorie come ammonizioni, divieto di ottenere sussidi o benefici fiscali.

[31] rispettivamente, nell’art. 54-bis del D.lgs. n. 165/2001 per il settore pubblico e nell’art. 6, comma 2-bis, del D.lgs. n. 231/2001 per il settore privato. Ora all’art.3, rispettivamente ai commi 1 e 2, vengono disciplinati gli ambiti di applicazione soggettivi.

[32] Disponibili sul sito del Senato della Repubblica: https://www.senato.it/leggi-e-documenti/attivita-non-legislative/documenti-non-legislativi?documentoId=45896.

[33] La direttiva 2019/1937 è inserita al n. 1 dell’allegato A della legge n. 127 del 2022 e, in base all’art. 1 della medesima legge di delegazione europea, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per il suo recepimento.

[34] Riguardo ai termini e alle procedure per l’esercizio della delega, viene ricordato che l’articolo 31 della legge n. 234 del 2012 dispone che il Governo deve adottare i decreti legislativi: entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; ovvero, per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

[35] lettera di messa in mora del 27 gennaio 2022 e parere motivato del 15 luglio 2022

[36] enunciati all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012

[37] modificare, in conformità alla disciplina della direttiva europea (UE) 2019/1937, la normativa vigente in materia di tutela degli autori di segnalazioni delle violazioni di cui all’articolo 2 della predetta direttiva di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un contesto lavorativo pubblico o privato e dei soggetti indicati dall’articolo 4, paragrafo 4 della stessa direttiva;

curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, assicurando un alto grado di protezione e tutela dei soggetti segnalanti, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie;

esercitare l’opzione di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/1937 che consente l’introduzione o il mantenimento delle disposizioni più favorevoli ai diritti delle persone segnalanti e di quelle indicate dalla direttiva, al fine di assicurare comunque il massimo livello di protezione e tutela dei medesimi soggetti;

operare gli opportuni adattamenti alle disposizioni vigenti al fine di allineare la normativa nazionale a quella europea, anche in relazione a violazioni di diritto interno riconducibili a reati o comportamenti impropri che compromettono la cura imparziale dell’interesse pubblico o la regolare organizzazione e gestione dell’ente.

[38] artt. da 1 a 3.

[39] Le segnalazioni devono comunque avere ad oggetto violazioni di disposizioni normative, siano esse nazionali o europee, che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.

[40] PP.AA., autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, enti pubblici economici, organismi di diritto pubblico, concessionari di pubblico servizio, le società a controllo pubblico e le società in house

[41] soggetti, diversi da quelli rientranti nella definizione di soggetti del settore pubblico, i quali:

  1. hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  2. rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1);
  3. sono diversi dai soggetti di cui al numero 2), rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1).

[42] soggetti diversi dai soggetti del settore pubblico e che includono i soggetti del settore privato.

[43] artt. da 4 a 15.

[44] Rispetto a quanto previsto dal paragrafo 6 dell’art. 8 della direttiva, che menziona i “soggetti giuridici del settore privato con un numero di lavoratori compreso tra 50 e 249”, lo schema originario così come poi il definitivo testo approvato, non prevedeva tale soglia minima. Tale scelta deriva dalla volontà del legislatore delegato di estendere l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 4 dello schema anche ai soggetti indicati all’art. 1, comma 2, lett. q), indipendentemente dal numero di dipendenti, anche se inferiore a cinquanta.

[45] La persona segnalante può effettuare una segnalazione esterna se, al momento della sua presentazione, ricorre una delle seguenti condizioni:

  • a) non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4;
  • b) la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ai sensi dell’articolo 4 e la stessa non ha avuto seguito;
  • c) la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
  • d) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

[46] Dando inoltre attuazione all’art. 11, par. 6 della Direttiva, l’art.7 prevede la tempestiva trasmissione (7 giorni) all’ANAC della segnalazione presentata ad un’autorità incompetente e di cui va dato contestuale avviso alla persona segnalante.

[47] Tra le attività previste è possibile individuare:

  • a) fornire a qualsiasi persona interessata informazioni sull’uso del canale di segnalazione esterna e del canale di segnalazione interna, nonché sulle misure di protezione di cui al capo III;
  • b) dare avviso alla persona segnalante del ricevimento della segnalazione esterna entro sette giorni dalla data del suo ricevimento, salvo esplicita richiesta contraria della persona segnalante ovvero salvo il caso in cui l’ANAC ritenga che l’avviso pregiudicherebbe la protezione della riservatezza dell’identità della persona segnalante;
  • c) mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante e richiedere a quest’ultima, se necessario, integrazioni;
  • d) dare diligente seguito alle segnalazioni ricevute;
  • e) svolgere l’istruttoria necessaria a dare seguito alla segnalazione, anche mediante audizioni e acquisizione di documenti;
  • f) dare riscontro alla persona segnalante entro tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento;
  • g) comunicare alla persona segnalante l’esito finale, che può consistere anche nell’archiviazione o nella trasmissione alle autorità competenti di cui al comma 2 o in una raccomandazione o in una sanzione amministrativa.

[48] differenziando a seconda che la segnalazione sia stata presentata mediante linea telefonica registrata o sistema di messaggistica vocale registrato ovvero mediante linea telefonica non registrata e/o altro sistema di messaggistica vocale non registrato oppure, infine, oralmente nel corso di un incontro con il personale addetto

[49]

  • a) la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna, alle condizioni e con le modalità previste dagli articoli 4 e 7 e non è stato dato riscontro nei termini previsti dagli articoli 5 e 8 in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
  • b) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • c) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

Il Capo III (artt. 16-22) reca previsioni concernenti la tutela dei segnalanti, fissando le condizioni per l’applicazione delle misure di protezione e prevedendo presidi a fronte di eventuali ritorsioni, misure di sostegno e ipotesi di limitazioni della responsabilità.

[50] La disposizione assicura tutela, in caso di segnalazione o divulgazione anonima, anche a colui che sia stato successivamente identificato e che abbia poi subito delle ritorsioni, unitamente ai casi di segnalazione presentata alle istituzioni, agli organi e agli organismi competenti dell’Unione Europea.

[51] artt. da 23 a 25

[52] l’art. 54-bis del D.Lgs 165/2001, l’art. 6, commi 2-ter e 2-quater, del D.Lgs. 231/2001 e l’art. 3 della legge 179/2017)

[53] Presumendo la ritorsività delle misure pregiudizievoli adottate nei due anni successivi alla segnalazione.


Leggi anche: L’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la formula di assoluzione piena

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