L’accordo Meloni-Schlein sulla violenza sessuale è un lampo nel buio del cielo politico italiano

Novembre 15, 2025 - 02:00
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L’accordo Meloni-Schlein sulla violenza sessuale è un lampo nel buio del cielo politico italiano

Un lampo da Paese civile – qualcuno direbbe da Paese normale – nel cielo plumbeo della politica italiana. Questo lampo è l’accordo tra Elly Schlein e Giorgia Meloni sulla riformulazione del reato di violenza sessuale, approvata in commissione Giustizia della Camera grazie a un testo condiviso dalla dem Michela Di Biase e dalla meloniana Carolina Varchi.

Dunque le leader dei due principali schieramenti, quando vogliono, si parlano. Si capiscono. Si accordano. Era già successo, in estate, non a caso sul reato di femminicidio, un altro aspetto delle battaglie delle donne, quando la segretaria del Partito democratico trovò un’intesa addirittura con la ministra Eugenia Roccella: con la presidente del Consiglio sarà stato più agevole.

Allora non tutto è perduto: tra le trincee propagandistiche scavate dai partiti può emergere qualche traccia di razionalità. E il Paese ringrazia. Soprattutto le donne.

Non si gridi al consociativismo né all’inciucio, categorie in questo caso del tutto fuori luogo. Qui non c’è stato nemmeno un compromesso, ma una convergenza vera, basata sul ragionamento e non sulle convenienze, così da poter arrivare a una norma di civiltà e di grande rilievo giuridico. Un passo avanti netto, atteso da anni. Fino a ieri l’articolo 609-bis del Codice penale puniva solo chi costringeva «con violenza, minaccia o mediante abuso di autorità»: nessun riferimento al consenso della vittima.

Quel vuoto è stato colmato con un’aggiunta tanto semplice quanto rivoluzionaria: «Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni». Il consenso deve essere libero e «attuale», cioè manifesto e inequivocabile, ed è una chiarezza che cambia tutto. Non si potrà più giocare sulle ambiguità. Si spera, almeno, perché di norme bene intenzionate ma inapplicate ne abbiamo viste decine.

Inoltre la nuova formulazione estende la pena a chi «induce una persona ad atti sessuali approfittando di condizioni di inferiorità fisica o psichica, o di particolare vulnerabilità», rientrando nel reato anche chi trae in inganno la vittima sostituendosi ad altra persona.

Un aggiornamento che recepisce finalmente i principi della Convenzione di Istanbul e dell’esperienza giuridica europea. Ora si attende il voto in Aula e poi del Senato. L’unanimità è probabile, anzi dovrebbe essere scontata. «È la dimostrazione vivente del fatto che sui grandi temi si possono trovare convergenze positive – spiega Anna Paola Concia a Linkiesta – e mi sarebbe piaciuto che anche sull’educazione sessuale a scuola ci fosse stato lo stesso atteggiamento costruttivo». Già. E sarebbe non bello ma bellissimo se le due leader mostrassero la stessa determinazione su altri fronti cruciali.

Tipo sulla politica estera. Sull’Ucraina, ad esempio, dove Meloni e Schlein, infischiandosene di Giuseppe Conte e Matteo Salvini, potrebbero compiere un gesto comune: un viaggio insieme a Kyjiv, o una legge bipartisan per sostenere la resistenza ucraina con nuovi stanziamenti, come a quanto sembra di capire avrebbe voluto il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Per ora resta questo lampo, improvviso ma limpido, nel cielo plumbeo della politica italiana: un esempio, come diceva Bertolt Brecht, di una «semplicità che è difficile a farsi», un telefonarsi, un ragionare insieme, senza esibire muscoli e fuori dalle trincee, per una norma di dignità.

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