Lavoro sportivo, chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate: cosa cambia per atleti ed enti

Ottobre 3, 2025 - 14:30
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Lavoro sportivo, chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate: cosa cambia per atleti ed enti

lentepubblica.it

Il mondo dello sport, da quello professionistico fino al dilettantismo, è stato al centro di una profonda revisione normativa avviata con il decreto legislativo n. 36 del 2021, che ha introdotto un nuovo assetto per i rapporti di lavoro e per il trattamento fiscale e previdenziale degli operatori del settore.


Un cambiamento che ha generato dubbi interpretativi, soprattutto sul piano tributario, spingendo enti pubblici e associazioni a rivolgersi all’Agenzia delle Entrate per ottenere risposte ufficiali.

Con la risposta ad interpello n. 14 del 2025, l’amministrazione finanziaria ha sciolto diversi nodi interpretativi, chiarendo le regole applicabili ai compensi degli sportivi, ai premi erogati e ai criteri di accesso al regime forfetario.

Chi è il “lavoratore sportivo”

La riforma ha definito con precisione chi rientra in questa categoria: atleti, allenatori, istruttori, preparatori, direttori tecnici e arbitri, ma anche altri tesserati che svolgono attività con un compenso, senza distinzione di genere o livello. Restano esclusi solo coloro che operano in professioni che richiedono un titolo rilasciato da ordini professionali esterni al sistema sportivo.

Questa nuova definizione si applica in entrambi i settori, dilettantistico e professionistico, consentendo l’inquadramento delle prestazioni sia come lavoro subordinato che come attività autonoma o collaborazione coordinata e continuativa.

La disciplina per professionisti e dilettanti

Nei comparti professionistici, il lavoro sportivo si presume subordinato quando rappresenta l’attività principale e continuativa dell’atleta. Può essere considerato autonomo solo in casi limitati, ad esempio se l’impegno si concentra su poche manifestazioni o se non vi è obbligo di partecipare regolarmente agli allenamenti.

Per il dilettantismo la regola generale è diversa: qui il rapporto è di norma considerato autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, purché l’impegno non superi le 24 ore settimanali e sia svolto seguendo le direttive tecniche delle federazioni.

Le novità sul fronte fiscale

Il cuore dei chiarimenti riguarda il trattamento dei redditi. Dal luglio 2023 la riforma ha modificato il Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), ridefinendo la tassazione delle prestazioni sportive. Un successivo decreto legge del 2024 ha però corretto alcune norme che rischiavano di creare sovrapposizioni con altre disposizioni, al fine di garantire coerenza nel calcolo del reddito imponibile.

In sostanza, i compensi percepiti dagli sportivi autonomi devono essere dichiarati secondo le regole generali dei lavoratori indipendenti, con la possibilità di accedere al regime forfetario se sussistono i requisiti previsti.

La soglia dei 15 mila euro per i dilettanti

Una delle agevolazioni più rilevanti riguarda i compensi percepiti nel settore dilettantistico. I primi 15.000 euro annui non concorrono alla formazione del reddito imponibile, indipendentemente dal numero di contratti stipulati nell’anno. Per usufruire di questa esclusione, l’atleta o il tecnico deve consegnare a chi eroga i compensi un’autocertificazione con l’ammontare dei guadagni percepiti.

Superata la soglia, le somme eccedenti diventano tassabili. Nel caso di adesione al regime forfetario, il calcolo del reddito imponibile parte solo dall’importo che oltrepassa i 15.000 euro.

Premi e raduni sotto la lente del fisco

L’Agenzia ha anche fatto chiarezza sul trattamento dei premi. Le somme erogate da CONI, CIP, federazioni o associazioni dilettantistiche ad atleti e tecnici per risultati sportivi o per la partecipazione a raduni delle nazionali sono considerate premi ai sensi della normativa fiscale e soggette a una ritenuta del 20%.

È importante distinguere, però, tra premi veri e propri e componenti variabili della retribuzione: se le somme sono collegate direttamente al contratto di lavoro sportivo, rientrano nel reddito ordinario e non nel regime dei premi. Inoltre, i contributi destinati alle società sportive anziché ai singoli atleti non ricadono in questa disciplina.

Vantaggi anche per gli enti sportivi

Non solo i lavoratori, ma anche le associazioni e società che erogano compensi beneficiano di alcune agevolazioni. I compensi versati ai collaboratori dilettantistici sotto la soglia degli 85.000 euro non concorrono a formare la base imponibile dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Al contrario, se anche un solo pagamento supera tale importo, l’intera cifra diventa rilevante ai fini dell’imposta.

Una riforma in evoluzione

Il quadro che emerge dai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate mostra la volontà di armonizzare le regole fiscali e contributive con le peculiarità dello sport. La riforma mira a garantire tutele per gli operatori e al tempo stesso a evitare incertezze interpretative per società ed enti coinvolti.

Resta il fatto che il sistema è ancora in fase di assestamento: la necessità di interventi correttivi, come quello del 2024, dimostra che la materia richiede ulteriori aggiustamenti per essere pienamente funzionale.

Per atleti, tecnici e associazioni, conoscere queste regole diventa fondamentale non solo per evitare errori nella gestione fiscale, ma anche per cogliere le opportunità offerte dalle agevolazioni previste dalla normativa.

Lavoro sportivo: i chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Qui il testo della risposta ad interpello.

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