Le assurde parole di Roccella su Auschwitz, e il risentimento del governo contro la sinistra

«Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state gite? A che cosa sono servite?» si è chiesta ieri la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, intervenendo a un convegno. E così si è risposta: «Sono servite, secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate, perché servivano esattamente all’inverso. Ovvero servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia… e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz secondo me sono state un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta».
Dopo avergli imposto una così lunga citazione, non farò al lettore anche il torto di spiegare l’assurdità di queste parole, con cui, per denunciare l’antisemitismo della sinistra, si finisce per sminuire Auschwitz e la Shoah, quasi fossero un episodio minore nella storia dell’odio contro gli ebrei, se confrontato alle persecuzioni condotte da comunisti, socialisti, socialdemocratici, liberal progressisti e repubblicani radicali.
In ogni caso, quel che c’era da dire nel merito lo ha già detto Liliana Segre: «La verità fa male solo a chi ha scheletri negli armadi». Ma andiamo al punto. La vera domanda, infatti, non è a cosa siano serviti i viaggi ad Auschwitz, ma a cosa sia servito nominare ministra l’ex radicale, sessantottina e femminista, poi antisessantottina, tradizionalista, teo-con e infine teo-meloniana Roccella. Di sicuro non ci guadagna niente Meloni, che da simili uscite ha solo da perderci. Dunque, perché tenerla lì? Non resta che una spiegazione, per quanto amara, e cioè che l’animosità e il risentimento contro la sinistra siano in Meloni talmente radicati da renderla disponibile anche a perdere voti, e in prospettiva persino il potere, per il puro piacere di infliggerci ogni giorno una simile sofferenza.
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