L’epica che può salvare la sinistra, spiegata da Walt Whitman e Fiorella Mannoia

C’è qualcosa di sorprendente, spiazzante, nella nuova canzone di Fiorella Mannoia. Sorprendente perché, mentre ci abituiamo a un dibattito pubblico dominato da polemiche banali, guru improvvisati e proposte politiche come indignazioni di professione, “Eroi” (testo di Carlo Di Francesco) riporta al centro un’idea fondativa: la grandezza delle persone comuni. Un’idea che è la stessa da cui nacque il Partito democratico, quando immaginava di ispirarsi al suo omonimo americano non solo nel nome, ma nella sua cultura profonda.
Il Pd nasceva – o voleva nascere – attorno a questo concetto: la politica serve a migliorare la vita quotidiana delle persone reali, non a celebrare figure del jet-set mediatico. È un’idea antica e modernissima, l’idea che in America trova la sua voce più limpida in Walt Whitman, il poeta che vedeva nella somma delle singole vite – quelle «foglie d’erba» – l’essenza stessa di una nazione. Ed è proprio Whitman a offrirci la chiave di lettura più profonda, con una frase che sembra scritta oggi per noi: il genio degli Stati Uniti non è al suo meglio fra i grandi, ma quasi sempre nella sua gente comune.
È una dichiarazione di umiltà (Whitman non era certo gente comune) e insieme una descrizione della grandezza della democrazia. E la canzone di Mannoia, con un linguaggio diverso, dice esattamente lo stesso. Parla di chi «si alza ogni giorno sapendo che il mondo / forse è troppo difficile, ma gli corre incontro»; di chi «dice cose straordinarie con parole comuni». Parla degli eroi invisibili, i veri fondatori di una democrazia.
Il racconto dell’uomo qualunque, con le sue sconfitte, la sua tenacia e il suo coraggio, attraversa tutta la cultura democratica americana – anche nella musica pop contemporanea. In “The Getting By”, i Killers descrivono con crudele precisione quella sensazione che ogni individuo prova almeno una volta nella vita: lo sforzo quotidiano che sembra non portare a nulla: «Sembra che tutto questo lavoro non porti mai niente di buono / Non importa quanto io mi sforzi». È un verso che dialoga alla perfezione con la poesia civile di Whitman: la dignità della fatica che non si vede, dei risultati che non arrivano subito, delle battaglie combattute a mani nude.
E poi, nel cuore del brano, un’altra verità profondissima: «Forse è il tirare avanti che ti si insinua dentro/Ti inghiottirebbe a ogni passo che fai, ragazzo, se potesse/Ma forse è proprio quello che serve per svegliarsi la mattina e affrontare un altro giorno, figlio, finché non arrivi qualcosa di buono». È la filosofia dell’America profonda, ma anche della nostra quotidianità: non si vive di trionfi, ma di giorni messi in fila; di sacrifici invisibili; di resilienza senza clamore.
In questa prospettiva, Whitman, Mannoia e i Killers dicono la stessa cosa: la democrazia non la fondano i grandi, la fondano i persistenti. Whitman celebrava le foglie d’erba come unità elementari della democrazia: piccole, fragili, apparentemente insignificanti, eppure, insieme, creano un prato, un paesaggio, un mondo. Mannoia fa lo stesso: mette in musica la potenza civile delle vite normali. Brandon Flowers aggiunge un capitolo di epica moderna, mostrando la bellezza tenace di chi continua a vivere senza arrendersi: «Tu chiamali come vuoi / io li chiamo soltanto eroi / eroi di tutti i giorni». È l’epica reale che tiene insieme un Paese.
Mentre la canzone ricorda da dove veniamo, molta politica sembra averlo dimenticato. Troppo spesso lo sguardo è attratto dai personaggi celebri, dai professionisti dello sdegno, dai simboli fragorosi. Nel frattempo, si perde di vista ciò che davvero conta: la vita quotidiana delle persone.
Come se non fosse un obiettivo politico cruciale poter studiare bene, avere un lavoro migliore, guadagnare quel poco che cambia la vita, sentirsi protetti, ascoltati, considerati. Come se la politica non dovesse entrare nel cuore delle persone attraverso miglioramenti reali, tangibili, quotidiani. È qui che si radica emozionalmente il riformismo, che ha bisogno di parlare non solo in termini razionali, di buon senso, di buone pratiche, ma anche di interpretazione dei sentimenti di chi quelle politiche le «sente», anche se non gli dà il nome di riformismo.
Una democrazia vive della somma delle ambizioni che possono sembrare piccole, ma sono gigantesche, perché comuni a molti, a tutti. È questa la sua radice più autentica; la lezione di Whitman; l’eco che la canzone di Mannoia rimette al centro e quello che i Killers evocano con la loro poesia ruvida del «tirare avanti». Gli eroi sono già qui. Sono quelli che non fanno rumore. Sono le foglie che, insieme, fanno il prato. Un prato da costruire, ancora. E che la risposta venga dalle canzoni e dalla poesia, no, non è solo un caso.
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