L’esercizio “freddo” delle centrali a carbone che surriscalda la bolletta energetica italiana

Per la prima volta al mondo, a livello globale, la produzione di elettricità da fonti rinnovabili ha superato quella da carbone, eppure l’Italia ha rimandato dal 2025 al 2038 il phase out dalle centrali alimentate col più inquinante e climalterante dei combustibili fossili.
«Il carbone non ha più una convenienza economica per essere utilizzato nella produzione di energia elettrica, è il combustibile più inquinante – conferma il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin – per questo motivo non produciamo più con carbone nelle centrali di Brindisi e Civitavecchia. Ma in questo momento c'è una ragione di sicurezza nazionale, di sicurezza rispetto a un quadro geopolitico che è cambiato molto e la valutazione che stiamo facendo è quella di mantenere le centrali in “esercizio freddo”, in attesa quindi di capire nei prossimi anni quale deve essere il percorso e quando intervenire con lo smantellamento».
Già oggi però sono i fondamenti economici ad aver marginalizzato la produzione di elettricità da carbone. Tutte le centrali a carbone ancora formalmente attive – oggi sono 4, Brindisi e Civitavecchia lungo lo Stivale e Portovesme e Fiume Santo in Sardegna – hanno prodotto soli 3,5 TWh nel corso del 2024, coprendo appena l’1,1% dei consumi nazionali. Gli impianti a carbone «funzionano pochissimo perché non competitivi, sommando i costi del carbone e dei permessi ad emettere la tanta CO2 che producono», spiega l’economista Michele Governatori, responsabile Relazioni esterne ed Energia del think tank climatico Ecco, aggiungendo che «lasciarle in funzione, anche solo come riserva, implicherebbe: rimangiarsi la strategia energetica e climatica nazionale (approvata da Bruxelles); sussidiare le centrali a spese dei consumatori o dei contribuenti; rimandare il recupero a usi civili di aree spesso di pregio che invece devono essere bonificate dagli operatori; mostrare i riflessi condizionati di una politica che si aggrappa al passato a tempo scaduto per incapacità di vedere, raccontare, gestire il presente e il futuro con tutte le relative opportunità e responsabilità».
Un po’ come già succede col gas fossile, ad esempio attraverso il meccanismo del capacity market che impatta sulla bolletta elettrica dei consumatori: «Per garantirne la disponibilità e quella di centrali per bruciarlo sono in campo da anni forme di sussidio ai costi fissi delle centrali, e in seguito alla crisi Ucraina si sono fatti investimenti per alcuni miliardi (a spese di tariffe e temo in futuro tasse) per diversificare gli approvvigionamenti con nuovi rigassificatori e tubi».
Ad esempio, si stima che la recente decisione dell'amministrazione Trump di emettere ordinanze di emergenza per prolungare la vita utile delle vecchie centrali a carbone rappresenterà un onere finanziario per gli americani pari fino a 5,9 miliardi di dollari l’anno, calcolando i sussidi in tariffa che riceverebbero quelle centrali a bassa competitività per restare attive e produrre come riserva in base alle necessità di stabilizzare la rete elettrica.
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