L’Euro rende più forti e più competitivi, in Bulgaria Lagarde contro gli euro-scettici
Bruxelles – L’euro fa bene, e oggi ancora di più. Offre più competitività, maggior peso a livello globale, più resistenza di fronte a turbolenze. A dirlo è Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, in occasione della conferenza sull‘ingresso della Bulgaria nell’eurozona dall’1 gennaio 2026, organizzata da ministero delle Finanze di Bulgaria e Banca centrale bulgara. Potrebbe essere quello di Lagarde un messaggio di parte, lei che è alla testa dell’istituto che gestisce la moneta unica, ma diventa per lei un percorso obbligato, visto che la conferenza è accompagnata da dimostrazioni del fronte ‘no-euro’.
Lagarde ricorda allora innanzitutto che dal passaggio dal Lev all’euro beneficeranno le imprese, e quindi l’economia nazionale. “Per le aziende bulgare significa zero costi di conversione nell’esportazione verso i loro principali clienti europei”. L’ingresso nell’eurozona non sarà un affare solo per i grandi, assicura: “Le piccole e medie imprese risparmieranno circa un miliardo di lev all’anno solo in costi di conversione”.
In prospettiva, dunque, nei flussi commerciali operati con la moneta unica, la Bulgaria ci guadagnerà. Come ricorda Lagarde, “poiché l’euro è la seconda valuta più importante del mondo, l’area dell’euro paga più della metà delle sue importazioni nella propria valuta”. Nel caso della Bulgaria, la quota è ancora più alta: circa l’83 per cento delle importazioni viene fatturato in quella che presto sarà la propria valuta. Questo ammortizza le famiglie e le imprese dall’aumento dei prezzi all’importazione quando i tassi di cambio si muovono”.
I tassi si muovono anche in caso di turbolenze, come guerre commerciali più o meno aperte. “Quando la domanda globale diventa meno prevedibile, l’integrazione regionale conta ancora di più, e la moneta unica cementa tale integrazione“, insiste Lagarde, pronta a sottolineare come un’unica moneta europea invece di 27 valute nazionali “impedisce che il nostro mercato interno sia indebolito da svalutazioni competitive”. Ancora, la presidente della BCE pur senza citare i dazi di Donald Trump lascia intendere come la moneta unica sia lo scudo migliore a situazioni di questo tipo. “Stiamo vivendo in un mondo molto più volatile, segnato da costanti shock esterni. Per un’economia piccola e aperta come la Bulgaria, dove quasi uno ogni due posti di lavoro dipende dalla domanda estera, tale esposizione può essere particolarmente acuta”.
In estrema sintesi: dall’adozione dell’euro in una zona monetaria sempre più grande “i guadagni sono sostanziali” e si traducono in “scambi più fluidi, minori costi di finanziamento e prezzi più stabili”, sentenzia Lagarde. Per lei questo ragionamento, messi anche su scala globale, serve a rivolgersi a tutte quelle forze euro-scettiche in giro per l’Europa, a cominciare da quei Paesi, tutti dell’est, che fin qui trovano un motivo per rinviare la scelta di aderire all’unione monetaria.
Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Romania continuano a rinviare l’ingresso nell’eurozona nonostante gli obblighi previsti di farlo. Diverso il caso per i Paesi scandinavi: la Danimarca si vede riconosciuta una deroga all’obbligo di adozione all’euro prevista dal trattato di Maastricht, mentre la Svezia ha tenuto un referendum nel 2003 che ha visto bocciare la scelta di adottare la nuova valuta, con il governo di Stoccolma impegnato a non rispettare i criteri di adozione ai sensi dell’espressione popolare. Mentre all’interno degli Stati membri dell’UE con la moneta unica non mancano forze politiche, come in Italia, che vorrebbero abbandonare l’euro per tornare alla valuta nazionale.
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