Per essere davvero leader europei in economia circolare, la sfida è rendere circolare l’80% che ancora non lo è

Siamo veramente leader europei in economia circolare? È certificato (fonte Eurostat) che con un tasso di utilizzo circolare della materia del 20,8%, l’Italia supera ampiamente la media europea (11,8%) e le performance di Francia (17,6%), Germania (13,9%) e Spagna (8,5%). Ma se intanto da un lato è vero, come già segnalato sul nostro giornale, che la realtà del nostro Paese è decisamente più complessa di quel che mostrano i dati – solo per fare un esempio, ancora oggi non sappiamo neanche, come denunciano da tempo Legambiente e gli imprenditori della filiera, quanti rifiuti della maggiore frazione generata ogni anno, quelli da costruzione e demolizione, vengano effettivamente reimmessi sul mercato – è anche vero che quel 20,8% testimonia come solo un quinto dell’economia italiana sia davvero circolare: l’80% del sistema produttivo continua a operare secondo logiche lineari, con un consumo di risorse ancora elevato e una forte dipendenza da importazioni di materie prime ed energia.
Il messaggio viene lanciato attraverso il nuovo rapporto “L’Italia che Ricicla 2025” di Assoambiente (l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare, smaltimento rifiuti e bonifiche) che fotografa lo stato della transizione circolare del nostro Paese, di cui è stata fornita un’anticipazione (in particolare sui rifiuti speciali) oggi nell’ambito dell’evento organizzato dall’Associazione sul tema “Le aziende alla prova dell’economia circolare”, svoltosi nell’ambito di Ecomondo.
«Non possiamo adagiarci sul primato europeo nel tasso di utilizzo circolare della materia, la vera sfida oggi è rendere circolare l’80% del Paese che ancora non lo è», ha affermato Chicco Testa, presidente Assoambiente.
Nonostante siano spesso assenti dal dibattito sull’economia circolare, i rifiuti speciali costituiscono la parte prevalente dei rifiuti prodotti in Italia: 164,5 milioni di tonnellate rispetto ai i 29,3 milioni di tonnellate degli urbani. Il 73% di questi vengono avviati a recupero di materia (oltre 130 mln di tonn), solo 7,9 mln di tonn vengono smaltiti in discarica (in calo dell’11,2%) e 2,9 avviati a incenerimento.
Dal confronto tra i rappresentanti di Federchimica, Confindustria Lombardia, Fead e Algebris Ambiente è emerso come l’economia circolare non sia più solo una scelta ambientale, ma una questione di competitività e sicurezza nazionale e come il riciclo rappresenti una delle leve più efficaci per ridurre le emissioni e consolidare la sovranità industriale del Paese. È dunque urgente rafforzare il legame tra riciclo e decarbonizzazione, integrando il recupero di materia nella strategia energetica nazionale. Secondo le stime della Commissione UE per centrare gli obiettivi ambientali nel campo dell’economia circolare e dei rifiuti, il nostro Paese dovrebbe incrementare gli investimenti per quasi 3,3 miliardi di € l’anno.
Serve una rotta precisa, è il messaggio lanciato da Ecomondo e anticipato dal rapporto, per rendere il riciclo un pilastro industriale dell’Italia anche nel confronto europeo: dal punto di vista dell’offerta, secondo Assoambiente occorre uniformare e ampliare i criteri di End of waste, rimuovere le barriere normative e introdurre strumenti economici dedicati al riciclo, come le Garanzie d’origine per le materie prime seconde; sul versante della domanda, l’associazione propone di potenziare gli appalti verdi (Gpp), introdurre un’Iva ridotta per i prodotti riciclati e fissare obblighi di contenuto minimo di riciclato nei settori chiave (edilizia, metalli, tessili); inoltre, sarebbero necessarie misure trasversali come la revisione della tassazione ambientale e l’accelerazione degli iter autorizzativi.
A livello europeo, è atteso entro il 2026 il nuovo “Circular Economy Act”, che dovrebbe creare un vero mercato unico delle materie prime seconde e dei rifiuti. Ha sottolineato Chicco Testa a tal proposito: «L’Italia, con il suo capitale industriale, tecnologico e di competenze, ha tutte le carte in regola per guidare questa trasformazione, a patto di disporre di regole chiare, incentivi stabili e una visione di lungo periodo. Il riciclo è il nuovo made in Italy: unisce sostenibilità, innovazione e competitività. Ma serve un salto di scala. Dobbiamo fare del nostro primato una strategia industriale nazionale».
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