Per Montenegro e Albania adesione vicina, l’UE: “Prepararsi all’allargamento”

Novembre 4, 2025 - 23:30
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Per Montenegro e Albania adesione vicina, l’UE: “Prepararsi all’allargamento”

Bruxelles – Montenegro e Albania si avvicinano sempre di più all’UE, al contrario della Georgia che si allontana, alla Turchia che è ferma e sospesa in una situazione che rimane congelata, un po’ come per la Macedonia del nord. Per Serbia e Bosnia-Erzegovina nulla è compromesso ma bisogna ripartire con le riforme, mentre Ucraina e Moldova possono contare sul sostegno dell’UE ma non devono perdere tempo. Questa, in sintesi, lo stato di salute dei Paesi candidati all’adesione all’Unione europea, come messo nero su bianco dall’esecutivo comunitario nel pacchetto allargamento adottato oggi (4 novembre).

Nel complesso, il 2025 è stato un anno di progressi significativi per l’allargamento dell’UE“, il bilancio tracciato da Marta Kos, commissaria per l’Allargamento. “Montenegro, Albania, Ucraina e Moldavia si distinguono” per ragioni diverse, ma in comune hanno il fatto di “essere stati loro a compiere i maggiori progressi nelle riforme nell’ultimo anno”. Al ritmo e alla qualità attuali delle riforme, potremmo essere in grado di concludere i negoziati di adesione nei prossimi anni.

Nello specifico, se tutto continua come finora, il Montenegro potrebbe riuscire a chiudere i negoziati di adesione nel 2026, mentre l’Albania dovrebbe chiuderli entro la fine del 2027. Per Tirana comunque tutto dipende “dal mantenimento dello slancio delle riforme e dalla promozione di un dialogo politico inclusivo”, rileva la Commissione UE. Per la Moldova la chiusura del negoziato di adesione per inizio 2028 appare un obiettivo “ambizioso ma raggiungibile”, ma tutto è rimesso alla capacità del Paese di fare le riforme richieste. Ci si sbottona di meno sull’Ucraina, per cui la Commissione prende nota del desiderio di Kiev di chiudere tutto entro fine 2028 e si dice pronta a sostenere questo sforzo ma avverte: “E’ necessaria un’accelerazione del ritmo delle riforme, in particolare per quanto riguarda i principi fondamentali, in particolare lo stato di diritto”.

La commissaria per l’Allargamento, Marta Kos, presenta in commissione Affari esteri il pacchetto allargamento 2025 [4 novembre 2025]

Kos: allargamento può avvenire presto, UE deve essere pronta

L’allargamento è possibile nei prossimi anni“, riconosce Kos di fronte ai membri della commissione Affari esteri del Parlamento europeo, dove presenta il rapporto annuale dell’Escutivo UE. Qui Montenegro, Albania, Ucraina e Moldova vengono presentati come le storie di maggior successo. La commissaria riconosce che Montenegro e Albania potrebbero raggiungere effettivamente il club a dodici stelle per primi, nei tempi dichiarati dai rispettivi governi. “Il Montenegro ha 600mila persone, come Anversa. L’Albania conta 2,4 milioni di persone, come Roma. Davvero non siamo capaci di integrare tre milioni di persone?”, domanda retoricamente. Quindi insiste: “Dobbiamo preparare la nostra Unione per un’Unione più larga”.

Kos vuole quindi essere chiara: “Questi rapporti vanno letti tenendo conto dello sfondo geopolitico“. Vuol dire che i progressi compiuti da Ucraina e Moldova in contesti di guerre aperte, ibride e interferenze meritano di essere riconosciuti e premiati. In Parlamento europeo la commissaria per l’Allargamento rinnova quindi la richiesta di permettere di avviare “entro novembre” i negoziati di adesione per l’Ucraina e la Moldova. “Per me ambizioni sono più importanti dei giorni e dei mesi. Questi Paesi hanno realizzato azioni che coincidono con le loro grandi ambizioni, e quando parliamo di processo basato sul merito anche l’Europa deve riconoscerlo”.

Georgia, Serbia e Turchia tra retromarcia e nessun passo avanti

Per Paesi citati come storie di successo ci sono quelli che invece fanno parlare di sé per motivi diametralmente opposti. “La Georgia è un Paese candidato solo di nome“, ma non nei fatti, sentenziano la Commissione e la sua commissaria per l’Allargamento. Il motivo è la crisi politica interna già motivo di censura da parte del Consiglio europeo. I negoziati di adesione con la Turchia sono fermi dal 2018“, le conclusioni dell’esecutivo comunitario, che non vede progressi di alcun tipo. Nell’immobilismo turco, il dossier resta comunque aperto, in attesa di movimenti in un senso o nell’altro. In Serbia “le riforme hanno subito un notevole rallentamento” e perché la prospettiva comunitaria non sia compromessa, oltre a ricominciare a fare le riforme “occorre invertire con urgenza la tendenza al declino della libertà di espressione e all’erosione della libertà accademica”.

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Per Bosnia-Erzegovina, Macedonia del nord e Kosovo ancora molto da fare

Per gli altri Paesi candidati la situazione è di lavoro da fare. Niente è precluso, ma nulla è ancora raggiunto. Per la Bosnia-Erzegovina si chiede di finalizzare e attuare la riforma della giustizia per avviare il negoziato, mentre alla Macedonia del Nord si chiedono altre, nuove, modifiche alla costituzione per considerare le minoranze, in particolare quella bulgara. Mentre per il Kosovo resta la questione della normalizzazione dei rapporti con la Serbia.

In Parlamento i dubbi non mancano

L’unica cosa che sembra mettere tutti d’accordo, in Parlamento europeo, è che “allo stato attuale gli unici davvero pronti per entrare sono Albania e Montenegro“, sostiene Marjan Sarec (RE), relatore responsabile per il Montenegro. Sul resto posizioni e umori sono diversi. Petras Austrevicius (RE) lamenta come in tema di allargamento “siamo passati da una via stretta a un’autostrada”, richiamando l’attenzione per un’adesione graduale e non forzata e accelerata. Un concetto non diverso da quello espresso da Antonio  Tanger-Correa (PfE), che vede “un doppio standard” tra le concessioni fatte a Ucraina e Moldova e il processo per i Paesi del Balcani occidentali. In tal senso Ondrej Kolar (PPE), responsabile per la Bosnia-Erzegovina, avverte: “Molte persone hanno perso la fiducia nell’Europa per via del continuo rinvio“, e andrebbe dato qualcosa a questi Paesi. Il socialista Tonino Picula (S&D), per ciò che riguarda la Serbia, è poco incline a concessioni: “Le intenzioni non bastano più. Le riforme non devono essere solo promesse, vanno fatte”. Nacho Sanchez Amor (S&D) infine avverte sulla Turchia: “Non chiudiamo il dossier. C’è una parte della società civile desiderosa di Europa, e chiudere il dossier vorrebbe dire uccidere la speranza”.

Allargamento come investimenti geo-strategico

Un’Unione europea con più di 27 Stati membri è la via che si intende seguire. “E’ la priorità politica di questa Commissione e un investimento geopolitico“, scandisce l’Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. , soddisfatta per i progressi registrati in quei Paesi candidati visti come vicini per una membership a dodici stelle. “E’ probabile che un allargamento si possa avere entro il 2030“, conferma.

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