Pirandello al tempo dei social: “Il berretto a sonagli” torna a Roma con una lettura contemporanea

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Il 13 e 14 ottobre, alle ore 21.00, lo Spazio Diamante di Roma (via Prenestina 230/B) ospita una nuova messa in scena de “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, firmata dalla Compagnia Artenova con la regia di Gino Auriuso.
Sul palco, un cast di interpreti che dà nuova linfa a uno dei testi più celebri del drammaturgo siciliano: Irma Ciaramella, Ivano Falco, Gino Auriuso, Marina Zanchi, Ottavia Orticello e Gioele Rotini. Le scene e i costumi sono curati da Francesca Serpe, mentre il disegno luci è affidato a Roberto Di Lorenzo.
Una tragedia borghese che parla al presente
Scritto nel 1916 in dialetto catanese con il titolo ‘A birritta cu ‘i ciancianeddi e rielaborato in italiano due anni più tardi, Il berretto a sonagli nasce dalla fusione di due novelle pirandelliane – La verità e Certi obblighi – e affronta i temi della gelosia, dell’onore e dell’apparenza sociale.
La vicenda ruota attorno a Beatrice Fiorica, una donna della buona società che scopre il tradimento del marito con la moglie del suo scrivano, Ciampa. Decisa a smascherare i due amanti, chiede aiuto al delegato Spanò per coglierli in flagrante, ma il piano si ritorce contro di lei. Lo scandalo che ne deriva non produce la soddisfazione attesa: Beatrice viene travolta da una spirale di sospetti, mentre Ciampa, vittima delle malelingue, viene etichettato come “becco”.
In un clima soffocante dominato dalle convenzioni, l’unica via d’uscita possibile sembra quella della follia. È proprio Ciampa a proporre a Beatrice di fingersi pazza, per salvare almeno le apparenze e restituire dignità ai ruoli sociali incrinati dallo scandalo.
Pirandello, come sempre, scava nell’ambiguità umana e mostra quanto l’onore pubblico valga più della verità personale. Una riflessione che, a distanza di oltre un secolo, conserva intatta la sua attualità.
Artenova e la rilettura dei classici italiani
Con questa nuova produzione, la Compagnia Artenova prosegue il suo percorso di riscoperta dei grandi autori del Novecento, restituendoli a un pubblico contemporaneo attraverso linguaggi scenici innovativi.
Il lavoro di Auriuso si muove proprio su questa linea: abbandonare l’immagine museale dei classici e liberarli da un’estetica ingessata per restituirli come organismi vivi, in dialogo con l’oggi.
Nel Berretto a sonagli, il regista trasforma il salotto borghese della famiglia Fiorica in un ambiente astratto, una sorta di “gabbia simbolica” che riflette la società moderna, intrappolata nella finzione e nell’ossessione dell’apparire.
Gli attori diventano figure sospese, “pupi” moderni privi di calore, intrappolati in una quotidianità fatta di frammenti e dissonanze. In questa dimensione rarefatta, il pubblico riconosce se stesso, tra schermi digitali e relazioni costruite per convenienza.
Un teatro che si rinnova
Il pensiero pirandelliano sul teatro, riportato anche nelle note di produzione, offre la chiave per comprendere l’operazione di Artenova: “Il teatro non è archeologia”, scriveva l’autore. Le sue parole invitano a rinnovare i testi, a riscriverli nella lingua e nella sensibilità del presente, senza tradirne lo spirito.
È un’idea che Auriuso raccoglie pienamente, costruendo uno spettacolo in cui la fedeltà al testo si coniuga con una rilettura visiva e concettuale radicale. Il pubblico non è semplice spettatore, ma parte attiva di un’esperienza che si rigenera ogni sera.
Il labirinto dell’animo umano
Le note di regia delineano un’interpretazione profonda, che sposta il conflitto di Beatrice e Ciampa nel mondo contemporaneo, dominato dai social e dalle identità frammentate.
La frase “Siete contenta ora?”, che apre l’opera, diventa il filo conduttore di una riflessione sull’infelicità umana: siamo davvero felici o ci limitiamo a mostrarci tali?
I personaggi di Pirandello appaiono come esseri in bilico tra realtà e rappresentazione, prigionieri di un mondo dove la verità è soffocata dalle convenzioni. La casa di Beatrice, un tempo rifugio, si trasforma in una prigione morale; e il matrimonio, simbolo di stabilità, diventa catena sociale.
Nel contesto odierno, dominato dall’immagine e dai rapporti virtuali, la vicenda di Beatrice si fa universale: la ricerca di libertà si scontra con l’impossibilità di sottrarsi al giudizio collettivo.
Una follia liberatrice
La “pazzia” finale, che Pirandello trasforma in espediente narrativo e metafora esistenziale, assume qui il valore di ribellione. Fingere di essere folle significa smascherare la follia reale del mondo, la sua ossessione per l’apparenza e per il controllo.
In questa nuova messa in scena, l’opera diventa dunque una riflessione sul bisogno di autenticità e sul prezzo da pagare per conquistarla.
“Il berretto a sonagli”, nella lettura di Gino Auriuso e della Compagnia Artenova, è un viaggio nel cuore dell’ipocrisia borghese, ma anche uno specchio impietoso della società contemporanea.
Un Pirandello attuale, vivo, che ci costringe ancora una volta a guardare dentro le nostre maschere.
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