Trotter alla prima di Bottega Veneta: l’intreccio come metafora tra passato e presente

Più che vederla, la collezione di Louise Trotter per Bottega Veneta si dovrebbe toccare con mano. È da questa immagine che si può partire per leggere il debutto della stilista in passerella, tra i più attesi della Milano fashion week. Perché una cosa è certa: la sua prima prova parla di artigianalità e minuzia, seguendo il filo di una trama fedele al dna della maison e in continuità con la visione di Matthew Blazy, direttore della casa di moda fino allo scorso dicembre.
Lo avevano già lasciato intuire i primi look sfoggiati da celeb e ambassador come Julianne Moore e Lorenzo Musetti: non un’operazione di rottura, ma un atto di consolidamento – un intreccio, a voler essere metaforici. La conferma di un percorso che gode di ottima salute, anche sul piano finanziario, con Bottega Veneta che figura tra le poche maison di Kering a vantare un ‘+’ davanti ai numeri.
Per Trotter, la chiave e il punto di partenza sono stati l’intrecciato. Molto di più di un semplice codice estetico: “Due strisce che intrecciandosi diventano più resistenti. Le parti, unite, formano un insieme più solido. Collaborazione e connettività sono presenti ovunque nella maison, dalle origini a oggi: luoghi diversi, persone diverse, uomini e donne, storie che si intrecciano e danno vita a qualcosa di più forte”, ha spiegato la designer.
C’è poi un dettaglio non da poco: Trotter ha avuto tempo, ben nove mesi, per disegnare la collezione. Un lusso oggi raro per l’industria della moda. Tempistiche che suonano quasi come una provocazione in un settore che non conosce tregua, e che riportano al concetto che il bello ha bisogno di maturare per diventare tale. È da qui che nasce la cura estrema del prodotto, la complessità tecnica e il ritorno alle radici del marchio. Bandiere su una mappa che diventano punti d’incontro: il fasto di Venezia, l’energia di New York, l’essenzialità di Milano. “Queste città – si legge in una nota – rappresentano punti di partenza e di arrivo per la collezione e per la storia della maison, riflettendo anche il percorso di Laura Braggion, prima donna a guidare Bottega Veneta dagli anni ’80 ai primi 2000″.
È sulla donna che Trotter ha scelto di concentrare il suo estro, accentuandone, rispetto al recente passato, la sensualità, evidenziata soprattutto nei look da sera. Quanto all’uomo, l’evoluzione si è mossa con passi più misurati. Sicuramente, a catturare il desiderio sono in primis gli accessori, dove tutto parla di una “morbida funzionalità” (quella dell’originale Intrecciato applicato alle borse, ideato dai fondatori Michele Taddei e Renzo Zengiaro). Come spiega la maison, la classica misura di 9mm/12 mm, malleabile e flessibile, viene riproposta con modelli ripensati per il presente.
Nella personale visione di Trotter, le borse sono qualcosa da abbracciare e tenere strette a sé, grandi o piccole che siano. Qui infatti gli stili classici vengono rivisitati e rigenerati: la ‘Lauren’ trova nuove proporzioni; la ‘Knot’ assume una struttura morbida; la ‘Cabat’ può essere ridotta per diventare una pochette, mentre la sua struttura triangolare informa le spalle dei capi della collezione. Non da meno le nuove proposte: la ‘Squash’, la ‘Framed Tote’ dalla forma allungata e la ‘Crafty Basket’.
Nel complesso la nuova pelle di Bottega Veneta ha colpito nel segno: minimal nell’estetica, sofisticata nella forma. Un richiamo al vero lusso, al saper fare e – ancora una volta – al tempo che serve ai percorsi per maturare e farsi strada verso un futuro promettente.
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