Tutti ce l’hanno, pochi la conoscono davvero: il caso della crema più amata (e odiata)

Non si può parlare della crema Nivea senza citare la sua iconica confezione blu in latta. È uno di quegli oggetti che si infilano nei cassetti di casa quasi per magia e poi non se ne vanno più.
Quando ero bambina la usava mia madre, spesso sulle mani screpolate, e quando ho iniziato ad avere una routine viso mia nonna l’aveva già eletta a cura notturna ufficiale. La sua consistenza densa, quel profumo inconfondibile, la sensazione di barriera protettiva sulla pelle, tutto sembrava rassicurante. E lo è ancora, per moltissimi. Ma intorno a questa crema storica si muove da tempo anche una discussione meno sentimentale, più tecnica, fatta di ingredienti, confronti e qualche dubbio.
Il suo successo è fuori discussione, basta entrare in un qualsiasi supermercato per trovarla sugli scaffali. Ma la sua formula, così semplice e diretta, è anche quella che ha alimentato nel tempo le perplessità di alcuni consumatori più attenti agli inci. Il fatto che contenga paraffina liquida e microcristalli di cera derivati dal petrolio ha acceso il dibattito. C’è chi la considera un prodotto datato, troppo occlusivo per la pelle, soprattutto in un’epoca in cui si cerca sempre più spesso la trasparenza e la naturalità nella skincare. Allo stesso tempo però, c’è chi continua ad apprezzarla proprio per la sua capacità di creare una barriera, proteggere dal freddo e mantenere l’idratazione. Una specie di scudo, più che una crema attiva.
Una formula che non è cambiata, e forse è questo il problema?
È un equilibrio delicato tra affetto e coscienza cosmetica. Per molti, Nivea è un must have. Ma se la si osserva con l’occhio critico di chi guarda agli ingredienti, emergono inevitabilmente delle domande. È davvero adatta a tutti i tipi di pelle? Cosa succede se la si usa tutti i giorni, per anni? I dermatologi si dividono. Alcuni la consigliano come crema protettiva per zone secche e screpolate, ma sconsigliano l’uso sul viso, soprattutto su pelli impure o acneiche. Altri, invece, la includono come alternativa low-cost per chi ha bisogno di un’idratazione basic.
Negli ultimi anni ha fatto il giro del web l’idea che la sua composizione somigli, almeno in parte, a quella della celebre (e costosissima) Crème de La Mer. Un confronto suggestivo, che ha dato adito a ogni genere di teoria: dal dupe cosmetico al complotto idratante. In realtà, le due creme non sono nemmeno parenti. Hanno una base emolliente e occlusiva, questo sì, ma tutto il resto – ricerca, fermenti attivi, texture, prezzo – viaggia su piani molto diversi.
Alla fine, forse, la questione vera è il modo in cui si usa un prodotto. La crema Nivea non è né miracolosa né dannosa per definizione. È una formula vecchia scuola che funziona in determinati contesti. Funziona se la pelle ha bisogno di protezione, se si vive in climi freddi, se ci si limita a usarla su gomiti, mani, ginocchia, o su pelle molto secca. Non è una crema che fa tutto, ma non è mai nata per esserlo.
Certo, oggi esistono formule più leggere, oli naturali, gel idratanti con inci minimal e pH bilanciato. Ma nessuno di questi ha quel barattolo blu che sembra uscito da un bagno anni ‘80. Nessuno ha quell’odore che sa di mamma. E questo, nel bene o nel male, continua a fare la differenza. Chi la ama continuerà a usarla, chi non si fida cercherà altrove. Ma il fatto che se ne parli ancora dopo più di cent’anni forse dice già abbastanza.
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