Uno spiraglio dalla Cassazione per gli accordi prematrimoniali

Agosto 21, 2025 - 01:00
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Uno spiraglio dalla Cassazione per gli accordi prematrimoniali

lentepubblica.it

Con l’ordinanza 20415 la Cassazione ha valutato come ‘lecito’ l’accordo tra un marito e una moglie con il quale, in caso di separazione, il marito si impegnava a restituire alla moglie il denaro di proprietà della moglie speso per pagare le spese di ristrutturazione di una casa di proprietà del marito.


L’ultimo episodio l’ordinanza 20415

Si tratta dell’ultimo episodio in termini giurisprudenziali che va nella direzione di validare i patti stipulati in corso di matrimonio in vista dell’eventualità della separazione o del divorzio. Nello specifico nel pronunciamento l’evenienza della separazione non è intesa dalla Cassazione come “causa” dell’accordo, bensì come accadimento dal quale dipende l’efficacia degli accordi stipulati dai coniugi che nel caso specifico si concretizzerebbero con l’obbligo di restituzione del denaro prestato dalla moglie al marito. In termini tecnico-giuridici, la decisione viene argomentata con la considerazione che l’accordo oggetto di giudizio era qualificabile come contratto atipico diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, in base all’articolo 1322 del Codice civile e condizionato all’evento della separazione coniugale quale causa scatenante.

Un cambio generazionale

La Suprema Corte aggiunge, in questo modo, un altro step ad un cammino che sembra irreversibile, aprendo di fatto al riconoscimento di una validità degli accordi prematrimoniali. È semplice rendersi conto di come questa direzione sia un po’ il ‘segno dei tempi’ cisto che è fisiologico osservare come, anche in Cassazione, si verifichi un fisiologico, naturale, ricambio generazionale. Questi nuovi punti di vista possono essere senz’altro decisivi e possono far sì che la materia sia presa in carico da giudici meno condizionati da studi tradizionali, in quanto formatisi in un contesto più moderno rispetto a quello dei primi anni di applicazione delle norme della riforma del diritto di famiglia dell’ormai lontano  1975, ben 50 anni fa.

Gli agreements coniugali

Di fatto questo tipo di accordi definiti con un termine anglofono ‘agreements’ coniugali sono riconosciuti validi in numerosi Paesi nei quali è riscontrabile un grado di civiltà giuridica analogo al nostro. È inevitabile che anche dall’estero, soprattutto dai paesi europei, vi sia sempre di più una spinta affinché anche in Italia si formalizzi e si istituzionalizzi una collettiva convinzione circa la legittimità dei patti coniugali e preconiugali. Già in passato questo è accaduto, in modo simile, ad esempio nel caso delle fideiussioni omnibus, del trust o delle polizze claims made in direzione di istituti che, serenamente praticati all’estero, stentavano a essere considerati come utilizzabili all’interno del nostro ordinamento.

Secondo il diritto europeo di famiglia

Secondo il diritto europeo di famiglia i problemi giuridici transnazionali della crisi di coppia vanno affrontati alla luce del principio di autoresponsabilità e di autonomia contrattuale. Un’autonomia che può essere esercitata non solo al momento della crisi, ma anche prima di essa, sin dal momento della costituzione del vincolo personale. Il riferimento normativo più diretto è quello del regolamento conosciuto come «Bruxelles II-bis», o, più esattamente, regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, «relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 ». Altro strumento fondamentale in questa materia è il regolamento n. 1259 del 2010 conosciuto anche come «Roma III», che ha per argomento centrale all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.

Gli alimenti

È utile citare, rispetto al tema degli alimenti anche il regolamento n. 4/2009 del 18 dicembre 2008. L’ultimo riferimento di particolare interesse può essere rappresentato dai cosiddetti «regolamenti gemelli» n. 1103 e n. 1104 entrambi del 2016.  Questi ultimi di natura «doppia», sono diretti a disciplinare da una parte la competenza giurisdizionale, dall’altra la circolazione delle decisioni, nonché la legge applicabile, rispettivamente con riferimento al regime patrimoniale tra coniugi e agli effetti patrimoniali delle unioni civili registrate.

Nullità oppure liceità

Solo qualche anno fa la Cassazione, come riportato in 11012/2021, in Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2021,  ha ribadito il suo tradizionale orientamento che vede derivare dall’articolo 160 del Codice civile deriva una irrimediabile nullità, per illiceità della causa, di qualsiasi patto di contenuto patrimoniale anche se estremamente favorevole per il coniuge avente diritto all’assegno di separazione o di divorzio che i coniugi abbiano stipulato in vista di una futura ipotetica crisi coniugale, e ciò anche in quanto questo patto potrebbe influire sulla volontà dei coniugi di cessare il rapporto matrimoniale o di proseguirlo. Concetti di fatto già espressi in maniera molto similare, ad esempio, nelle decisioni 2224/2017 e 5302/2006.

D’altra parte, nemmeno si può minimizzare l’impatto dell’ordinanza 20415/2025 come episodio privo di importanza. Diversamente, sono in molti, esperti giuristi a valutare come questo pronunciamento potrebbe finalmente segnare l’irreversibilità di un percorso che, in breve, potrebbe portare i patti preconiugali o coniugali a non essere più considerati in termini di illiceità per ragioni «di principio», ritenuti lesivi di una tradizionale idea di famiglia come valore superiore rispetto agli interessi dei singoli componenti, sia nel caso si tratti di coniugi, futuri coniugi o ex coniugi, la cui autonomia privata non sarebbe pertanto così ampia da poter confezionare pattuizioni inerenti ai loro rapporti patrimoniali.

Segnali di apertura

In Cassazione, da tempo, una notevole breccia si è aperta, rispetto al restrittivo orientamento tradizionale, circa la liceità di talune pattuizioni caso per caso osservate; mentre al giorno d’oggi e nelle ultime sentenze la deduzione della separazione quale condizione del patto matrimoniale è considerata in termini di liceità, soltanto nel 2009 tale condizione era reputata illecita, si veda a questo proposito Cassazione 2997/2009.

Il veto sul mantenimento

Seppure rimane un forte veto su tutte le tematiche economiche, con una dichiarazione di illiceità di pattuizioni nel corso del matrimonio o anteriori a esso circa l’assegno di separazione o di divorzio e circa l’assolvimento ai sensi dell’articolo 143 del Codice civile degli inderogabili doveri di contribuzione ai bisogni della famiglia in relazione alle sostanze personali e alla capacità di lavoro di ciascuno dei coniugi, d’altro canto non pare più così ripida la strada su altri aspetti del vincolo, al fine di permettere di regolamentare i rapporti patrimoniali tra coniugi o futuri coniugi.

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