Bufera sul Cnel: aumento di stipendio per Brunetta, l’opposizione insorge

Novembre 8, 2025 - 01:30
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Bufera sul Cnel: aumento di stipendio per Brunetta, l’opposizione insorge

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Un adeguamento retributivo per il presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, Renato Brunetta, riaccende la polemica politica.


La notizia di un incremento consistente dello stipendio del numero uno del Cnel — accompagnato da un generale riallineamento delle retribuzioni di vicepresidenti, consiglieri e personale — ha scatenato un acceso confronto tra maggioranza e opposizioni, riaprendo il dibattito sul ruolo dell’istituto e sul tema dei compensi nella pubblica amministrazione.

L’aumento, secondo quanto emerge dai documenti ufficiali, colloca ora la retribuzione lorda annuale del presidente in un’area intorno ai 311mila euro. Il nuovo tetto si uniforma a quello dei vertici della Corte di Cassazione, come previsto dai criteri di equiparazione stabiliti dalla normativa vigente. Una decisione che, sul piano tecnico, viene presentata come un semplice “riallineamento ai parametri di altri organi costituzionali”. Tuttavia, le implicazioni politiche e simboliche dell’intervento non sono passate inosservate.

Un decreto e una norma ad hoc

Le origini della vicenda risalgono a marzo 2024, quando tra i numerosi articoli del decreto legato al Piano nazionale di ripresa e resilienza — in discussione alla Camera — comparve una norma specifica riguardante il Cnel. Quell’articolo, passato quasi inosservato al momento dell’approvazione, consentiva di aggiornare i compensi del presidente e dei componenti dell’ente. Un provvedimento che, pur essendo formalmente legittimo, ha sollevato interrogativi sulla sua opportunità, soprattutto in un periodo di forte tensione sociale e di stagnazione salariale per la maggior parte dei lavoratori italiani.

L’aspetto più contestato riguarda la possibilità, per Brunetta, di cumulare il nuovo stipendio con la pensione che percepisce dal 2022. Una legge del 2012 vieta infatti di attribuire incarichi retribuiti nella pubblica amministrazione a soggetti già in pensione.

Tuttavia, l’interpretazione applicata al caso del Cnel ha permesso di superare il divieto, configurando il compenso come indennità di funzione e non come vera e propria retribuzione.

Numeri e bilanci

Le proiezioni di bilancio del Cnel per i prossimi anni fotografano con chiarezza il nuovo assetto. Nel 2025, il capitolo di spesa relativo ai compensi sarà riallineato, mentre nel 2026 il documento contabile prevede un totale di circa 1,5 milioni di euro per le indennità e 380mila euro di contributi, confermando il pieno passaggio al nuovo regime retributivo.

Dalla prospettiva dell’ente, si tratta di un adeguamento necessario per armonizzare le retribuzioni con quelle di altre istituzioni di pari rango. Ma per molti osservatori e rappresentanti politici di opposizione, la mossa ha tutt’altro sapore.

Le reazioni politiche: “Una scelta inaccettabile”

Il primo a intervenire è stato Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha accusato duramente il governo e Brunetta:

Il Cnel ha deliberato un aumento di un milione e mezzo di euro per i vertici e di altri 200mila per lo staff. Giorgia Meloni non trova i fondi per il ceto medio ma riesce a finanziare il poltronificio di Brunetta”, ha dichiarato, citando un’inchiesta del quotidiano Domani.

Toni altrettanto accesi da Nicola Fratoianni, portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha parlato di “decisione scandalosa” e di un aumento da 250 a oltre 310mila euro per il presidente del Cnel:

Gli stipendi dei vertici raddoppiano, mentre lo stesso Brunetta si è opposto al salario minimo di 9 euro l’ora. È un segnale di totale distanza dai problemi reali dei cittadini”, ha affermato, accusando la destra di “avidità e mancanza di vergogna”.

Anche il Movimento 5 Stelle ha espresso forte indignazione. Il capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Dario Carotenuto, ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare:

È indecente che, in un Paese con sei milioni di lavoratori sotto i mille euro al mese e un record di povertà assoluta, il Cnel decida di aumentare gli stipendi dei propri vertici. Vogliamo sapere cosa ne pensano la premier Meloni e il ministro dell’Economia Giorgetti”.

Un organo che divide

Al di là delle polemiche, la questione tocca corde più profonde. Il Cnel, spesso criticato per la sua scarsa incisività, è un organo previsto dalla Costituzione con il compito di rappresentare le categorie produttive e di fornire pareri su questioni economiche e sociali. Nel corso degli anni, però, la sua utilità è stata più volte messa in discussione: nel 2016, durante il referendum costituzionale voluto da Renzi, ne era persino prevista l’abolizione.

La vicenda odierna riporta quindi sotto i riflettori un’istituzione che molti cittadini percepiscono come distante, alimentando la sensazione di una politica che tutela i propri vertici mentre il Paese continua a fare i conti con salari stagnanti, inflazione e precarietà.

L’immagine di Brunetta

Renato Brunetta, economista e politico di lungo corso, già ministro della Pubblica Amministrazione in diversi governi, si trova ora al centro di un ciclone che mette in discussione la credibilità del Cnel stesso. La difesa dell’ente punta sull’argomento tecnico dell’“adeguamento normativo”, ma la percezione pubblica resta critica.

Per molti, l’aumento dei compensi in un momento di forte diseguaglianza economica rischia di apparire come un segnale di insensibilità verso le difficoltà del Paese. E, al di là della legalità formale, resta aperta la questione dell’opportunità politica.

La partita, ora, si sposta sul piano parlamentare: le opposizioni promettono battaglia, mentre il governo resta in silenzio. Il caso Brunetta non è solo una questione di numeri o di bilanci, ma un simbolo del divario crescente tra istituzioni e cittadini. E in tempi in cui ogni euro pesa sulle tasche di milioni di lavoratori, la percezione di un “riallineamento” ai vertici suona, più che come una necessità, come un privilegio difficile da spiegare.

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