Come funzionano le penali nel contratto del Ponte sullo Stretto?

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Firmato anche l’atto aggiuntivo al contratto per il Ponte tra la società “Stretto di Messina” e il consorzio “Eurolink”, guidato da Webuild: ma stanno facendo discutere le penali incluse in caso di ritardi, che colpirebbero sia la parte privata sia quella pubblica.
Il disegno ingegneristico prevede un ponte sospeso con una campata centrale di 3.300 metri, un impalcato complessivo di 3.666 metri e una larghezza di 60. Sarà attrezzato con tre corsie per senso di marcia, più due binari ferroviari affiancati da marciapiedi pedonabili. Oltre alla struttura principale, il piano comprende circa 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari, in gran parte in galleria, per collegare il ponte alle reti autostradali e alla futura linea ad alta velocità Napoli–Reggio Calabria, così come alle tratte Messina–Catania e Messina–Palermo.
A guidare il consorzio ci sarà Webuild, colosso italiano con esperienza in opere complesse in oltre cinquanta Paesi. Tra i partner figurano la giapponese IHI, che ha realizzato celebri ponti sospesi come l’Akashi, e la spagnola Sacyr, già impegnata con Webuild nell’ampliamento del Canale di Panama.
Come funzionano le penali nel contratto del Ponte sullo Stretto?
L’intesa sul contratto disciplina non solo aspetti tecnici e finanziari, ma anche il sistema delle penali, elemento ormai consueto nei grandi cantieri internazionali.
L’atto integrativo stabilisce un meccanismo piuttosto articolato per gestire eventuali interruzioni o ritardi nei lavori.
Ritardi causati dalla società “Stretto di Messina”
Se lo stop dovesse dipendere dalla società “Stretto di Messina”, la penale viene calcolata sul valore dei lavori non eseguiti, applicando un’aliquota del 5%. Esiste però un limite preciso: la base di calcolo non può superare l’80% del contratto, il cosiddetto “tetto dei quattro quinti”. In altre parole, anche nel caso di recesso immediato, la penale non sarebbe mai superiore al 4% del valore complessivo.
Su questo punto si concentra il confronto politico. Secondo alcune stime dell’opposizione, lo Stato potrebbe trovarsi esposto a una cifra vicina a 1,5 miliardi di euro, mentre la società sostiene che, applicando correttamente la formula, l’importo risulterebbe molto più contenuto. Gli esempi aiutano a chiarire: se lo stop arrivasse all’inizio dei lavori, la penale si attesterebbe al 4% del contratto; a metà cantiere, al 2,5%; verso la fine, con appena il 10% ancora da realizzare, lo Stato dovrebbe corrispondere solo lo 0,5%. La società inoltre precisa che questo 5% rappresenta la metà del parametro previsto dal Codice degli appalti, che in situazioni analoghe fissa la soglia al 10%, e dunque lo considera un valore più contenuto rispetto allo standard normativo.
Ritardi causati dal consorzio Eurolink
Se le responsabilità ricadessero invece sul contraente generale, cioè sul consorzio Eurolink, entrano in gioco penali molto più severe. L’accordo prevede sanzioni che possono superare il milione di euro al giorno in caso di ritardi imputabili al costruttore. Non si tratta di importi casuali, ma di “danni pre-quantificati” pensati per scoraggiare qualsiasi slittamento e per evitare lunghe dispute su quanto possa valere economicamente un rinvio.
Queste misure scattano normalmente dopo una contestazione formale da parte della stazione appaltante e un contraddittorio con l’impresa, e non vengono applicate in circostanze straordinarie come eventi di forza maggiore o sospensioni ordinate dalla stessa amministrazione. La verifica dei tempi e delle responsabilità avviene attraverso i SAL (stati di avanzamento lavori) e i verbali redatti dalla direzione lavori, che certificano lo stato effettivo del cantiere e gli scostamenti dal cronoprogramma.
Cauzione
Accanto a questo sistema di sanzioni, l’atto aggiuntivo introduce anche una cauzione superiore a 650 milioni di euro, una garanzia finanziaria — solitamente bancaria o assicurativa — che la società pubblica può escutere nel caso di inadempimenti gravi. È, di fatto, una sorta di scudo economico: consente alla stazione appaltante di recuperare immediatamente risorse senza dover attendere l’esito di lunghi contenziosi giudiziari. L’escussione può essere parziale o totale, a seconda dell’entità della violazione accertata.
Asimmetria controllata
Dal punto di vista dei conti pubblici, il sistema appare come un’asimmetria controllata. Lo Stato, in caso di recesso, si impegna a un esborso massimo del 4% del contratto, mentre l’impresa si trova a fronteggiare penali giornaliere potenzialmente altissime e una garanzia da centinaia di milioni pronta a essere attivata. In questo modo, le regole incentivano il rispetto delle tempistiche e “prezzano” il rischio di ritardi: ogni giorno fuori tabella costa caro a Eurolink, mentre l’amministrazione si tutela dal rischio di dover rispondere di sospensioni che non dipendono dall’impresa.
L’idea alla base è quella di ridurre, almeno in teoria, il numero di contenziosi: la somma da versare è predefinita e ciò che rimane da stabilire è soltanto l’attribuzione delle responsabilità. Tuttavia, la vera frattura interpretativa riguarda la lettura della formula applicata allo Stato. Il limite dell’80% nella base di calcolo riduce sensibilmente l’ammontare potenziale della penale, che non arriva mai al 5% dell’intero contratto ma si ferma al 4%. È proprio questa differenza matematica a spiegare perché le cifre stimate dall’opposizione e quelle dichiarate dalla società divergano in modo così evidente.
Le critiche politiche
Non mancano le contestazioni. Angelo Bonelli, leader di Avs, ha denunciato le modalità con cui si è arrivati alla firma dell’accordo, sottolineando come l’iter sia stato avviato prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e senza il parere della Corte dei conti. Per l’esponente ambientalista, si tratta di un segnale di disprezzo verso le istituzioni di controllo.
Le polemiche sono esplose anche dopo il crollo delle barriere di contenimento del ponte San Giuliano, a Randazzo, danneggiato da un violento nubifragio. Alcune auto hanno rischiato di essere travolte, rilanciando il tema della fragilità delle infrastrutture siciliane.
Qui di seguito il video dell’evento accaduto lo scorso 16 agosto.
La questione delle priorità
Per l’opposizione, l’episodio rappresenta pertanto la dimostrazione più lampante della sproporzione tra investimenti faraonici e carenze quotidiane. Michele Catanzaro, capogruppo Pd all’Assemblea regionale siciliana, ha accusato il ministro Matteo Salvini di concentrarsi su una grande opera “fantomatica” mentre i ponti esistenti cedono sotto i colpi del maltempo.
Bonelli ha rincarato la dose: con una frazione delle risorse destinate al ponte, sostiene, si potrebbero mettere in sicurezza centinaia di viadotti e garantire mobilità sicura alle comunità locali. La vicenda di Randazzo, già teatro di danni strutturali nel 2021, secondo l’opposizione è il simbolo di una politica che privilegia la propaganda a scapito delle esigenze concrete di cittadini e territori.
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