Cop30 in Brasile: l’Europa alla prova della transizione globale

Novembre 12, 2025 - 15:00
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Cop30 in Brasile: l’Europa alla prova della transizione globale

La COP30, la conferenza ONU sul clima in corso a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre, è entrata nel vivo. Ministri e leader di quasi 200 Paesi discutono di come mantenere vivo l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, cioè limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.
L’atmosfera è intensa, ma anche carica di attese: tutti sanno che questa è una tappa decisiva per capire se il mondo sta davvero cambiando rotta.

"Alla COP30 di questa settimana ribadiremo il nostro forte impegno verso l’Accordo di Parigi" ha dichiarato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
La transizione globale verso un’economia pulita è in corso ed è irreversibile. La nostra priorità è garantire che questa transizione sia giusta, inclusiva ed equa. A Belém ascolteremo i nostri partner internazionali e affronteremo insieme le questioni fondamentali. Per mantenere vivo il nostro obiettivo comune, dobbiamo riconoscere le diverse realtà nazionali e lavorare insieme per realizzarlo."

La Commissione ha annunciato un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni nette tra –66,25% e –72,5% entro il 2035 rispetto ai livelli del 1990, coprendo tutti i settori economici e tutti i gas serra. È una tappa intermedia verso il –90% entro il 2040, passo decisivo verso la neutralità climatica al 2050, in linea con gli impegni dell’Accordo di Parigi.

Si tratta di un obiettivo che, nelle parole del Commissario per il Clima Wopke Hoekstra "va di pari passo con la competitività e l'indipendenza. Stiamo anche mostrando una leadership sulla scena internazionale, con un'ambizione estremamente ambiziosa. Alla COP30 abbiamo bisogno di un risultato sulla mitigazione che metta il mondo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi e sull'adattamento per rafforzare la resilienza globale agli impatti già qui. L'ultima valutazione delle Nazioni Unite chiarisce che gli impegni attuali non fornirebbero ciò che è necessario per mantenere a portata di mano 1,5°C. Questo deve essere un campanello d'allarme per tutte le principali economie per aumentare la loro ambizione e accelerare l'attuazione nel mondo reale."

Finanza verde e solidarietà globale

Al centro dei negoziati di Belém c’è anche la questione della finanza climatica. Il cosiddetto “Baku to Belém Roadmap”, promosso da Azerbaigian e Brasile, mira a mobilitare 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella loro transizione energetica.

L’Unione Europea, primo contributore mondiale di finanza pubblica per il clima, ha erogato nel 2024 31,7 miliardi di euro da fondi pubblici, mobilitando altri 11 miliardi da capitali privati. L’obiettivo, spiegano i negoziatori europei, è creare un meccanismo stabile e multilaterale che aiuti le economie più vulnerabili in particolare i Piccoli Stati insulari (SIDS) e i Paesi meno sviluppati (LDCs) ad affrontare gli effetti del riscaldamento globale.

La sfida geopolitica della decarbonizzazione

La COP30 di Belém segna un passaggio decisivo nella geopolitica del clima. Come ribadito dalla Commissione Europea, l’Unione punta a una risposta collettiva per colmare i gap di ambizione e di attuazione ancora presenti negli impegni globali, chiedendo di accelerare la transizione energetica e di limitare al minimo ogni superamento della soglia di 1,5 °C.

Bruxelles sostiene obiettivi concreti: triplicare la capacità mondiale di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, in linea con la sua visione climatica ed energetica globale. L’Europa vuole così porsi come partner affidabile, capace di “agire in casa e cooperare all’estero”, sostenendo i Paesi in via di sviluppo nel percorso verso una crescita pulita e resiliente.

Come osserva il comunicato, la sfida non è solo ambientale ma anche economica e politica. L’UE vede nella decarbonizzazione un volano di competitività e indipendenza, non un vincolo. Ma questa ambizione, pur condivisibile, espone anche l’Europa a una tensione strutturale: da un lato il bisogno di mantenere la leadership morale e tecnologica; dall’altro, la necessità di garantire equità e consenso sociale nella transizione.

In questo senso, la strategia europea a Belém rappresenta una prova di credibilità geopolitica: guidare la trasformazione globale senza isolarsi, costruendo alleanze tra Nord e Sud del mondo. Come sottolinea la Commissione, “la transizione globale è in corso e irreversibile, ma deve essere giusta, inclusiva ed equa” — un principio tanto ambizioso quanto necessario per il futuro del pianeta.

Prospettive: cosa tenere d'occhio nei prossimi giorni

C’è ancora incertezze su testi negoziali chiave: come evidenziato da Carbon Brief, molti argomenti restano “in rosso” nella matrice di avanzamento, meaning che non ci sono ancora bozze condivise o sufficientemente convergenti. 

Alcune questioni strutturali, come il finanziamento climatico, gli strumenti di mercato del carbonio e la “transizione giusta” rimangono ancora fortemente contestate. L’assenza o la partecipazione ridotta di alcune potenze globali o incerti sulla posizione negoziale possono complicare il raggiungimento di un consenso forte. 

Se emergerà un accordo o un “landing zone” condiviso su testi-ponte (bridging texts) entro la fine della conferenza sarà un segnale di svolta. Se verranno finalizzati indicatori normativi per l’adattamento al cambiamento climatico (uno degli obiettivi dichiarati della COP30) questo certamente definirà la concretezza dell’impegno.

Uno dei test più difficili sarà capire quanto forte sia l’impegno sul finanziamento globale per i Paesi in via di sviluppo. Se e in che modalità inoltre emergerà un accordo concreto sulla triplicazione delle energie rinnovabili e raddoppio dell’efficienza energetica entro 2030, tema centrale anche per l’Europa.

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Redazione Redazione Eventi e News