Europa, c’era una volta la maggioranza Ursula: il Ppe vota di nuovo con le destre, di nuovo colpendo il Green deal

In Europa la cosiddetta “maggioranza Ursula” si è di nuovo spaccata. E di nuovo sul Green deal, perché il Partito popolare europeo ha deciso di votare insieme alle destre per modificare le normative riguardanti la due diligence aziendale e la rendicontazione di sostenibilità. Quando al Parlamento europeo si è trattato di votare le norme contenute nel pacchetto Omnibus, il Ppe ha voltato le spalle a socialisti, liberali e verdi, scegliendo di schierarsi con le destre europee sul testo che farà da base al negoziato con i governi Ue per sigillare la versione finale. Con 382 voti a favore, 249 contrari e 13 astenuti, Strasburgo ha dato il via libera a un'impostazione alleggerita e semplificata della due diligence aziendale, che riduce gli obblighi di sostenibilità a carico delle imprese.
Il Ppe, insieme ai Conservatori e ai gruppi delle destre di Patrioti e Europa delle nazioni sovrane, hanno imposto un testo che innalza le soglie d'applicazione della direttiva alle imprese con oltre 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato, elimina l'obbligo dei piani di transizione climatica e sostituisce le responsabilità dirette con sanzioni pecuniarie. Anche la norma sulla rendicontazione ambientale è stata alleggerita: l'obbligo scatterà solo per le aziende con più di 1.750 dipendenti e 450 milioni di fatturato, escludendo gran parte del tessuto industriale medio europeo.
Se sul clima la maggioranza Ursula ha tenuto, con 379 voti a favore, 248 contrari e 10 astenuti che hanno detto sì all'obiettivo di tagliare del 90% le emissioni entro il 2040, va anche detto che sono state introdotte alcune flessibilità che rendono il percorso meno rigido e pieno di incognite sulla reale presa degli impegni.
Se la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola parla di buon risultato volto a «semplificare la vita delle imprese e mantenere l'Europa sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi climatici», di fatto ricalcando una linea condivisa con il suo Ppe, che rivendica una vittoria del «buon senso economico», quelli che dovrebbero essere gli alleati su cui si regge la maggioranza Ursula non sono affatto dello stesso avviso.
Il gruppo dei Socialisti & Democratici e quello dei Verdi definiscono questo una resa politica che «svuota di significato il Green deal». Non a caso, cantano vittoria i gruppi più a destra dell’Europarlamento, tradizionalmente contrari alle misure europee per il clima. «Finalmente torna un po' di buon senso anche al Parlamento europeo. La strada è ancora lunga, ma ci si muove nella direzione giusta», ha gioito il copresidente dell'Ecr, Nicola Procaccini, plaudendo alla rimozione di «una serie di vincoli asfissianti soprattutto per le piccole e medie imprese». Soddisfazione anche dai Patrioti, la famiglia che riunisce la Lega e il Rassemblement National di Marine Le Pen, decisi a «rimuovere la camicia di forza del Green deal».
Ora, con il baricentro politico spostato a destra, iniziano i negoziati con i governi. Ma le ricadute di questo voto potrebbero non finire qui. Il gruppo dei Socialisti & Democratici ha diffuso una nota molto dura nei confronti del Ppe, di fatto accusando i centristi di tradimento e di puntare a nuove alleanze con le destre: «Il gruppo S&D si impegna a semplificare le leggi per facilitare la vita dei cittadini e delle imprese, ma non sosterrà un programma di deregolamentazione incontrollata che distruggerebbe gli standard e le norme europei che abbiamo adottato democraticamente solo di recente. Le imprese europee hanno bisogno di certezza giuridica e sicurezza nella pianificazione per poter prosperare e guidare la corsa globale alla competitività. Il gruppo S&D si impegna a collaborare con le forze pro-europee e durante tutto il processo negoziale ha lavorato duramente per trovare compromessi equilibrati. Ci rammarichiamo che il Ppe abbia deciso di abbandonare la maggioranza filoeuropea per unirsi alle forze dell'estrema destra euroscettica e scettica nei confronti del clima».
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