Il gatto del delitto di Garlasco: un mistero che dura da 18 anni dal delitto di Chiara Poggi

Ci sono casi che non smettono di tormentare i cittadini, e quello di Garlasco è uno di questi: il mistero del gatto di Chiara.
Ci sono casi che non smettono mai di farti pensare, anche dopo anni. Garlasco è uno di quelli. Non solo per la brutalità dell’omicidio di Chiara Poggi, ma per tutto ciò che in quella villetta sembra non avere mai trovato una spiegazione.
Le chiavi, le impronte, gli oggetti spariti… e poi c’è quel dettaglio, apparentemente insignificante ma impossibile da dimenticare: il gatto.
In casa Poggi c’erano due gatti nel momento in cui Chiara veniva uccisa
In casa i gatti erano due, ma uno di loro restò chiuso nella casa del delitto, libero di camminare tra le macchie di sangue, di salire sui mobili, di spostare inconsapevolmente prove e tracce che avrebbero potuto cambiare tutto. Per molti è solo un dettaglio, per altri è il simbolo perfetto del caos che ha avvolto le indagini fin dall’inizio.
In casa non c’erano segni di effrazione. Nessuna porta forzata, nessuna finestra rotta. Chiara era in casa, in pigiama. Se qualcuno è entrato, deve essere stato qualcuno che conosceva o qualcuno che poteva aprire senza destare sospetti.
È una di quelle domande che continuano a tornare ancora, e ancora, ogni volta che si ripensa a quel 13 agosto del 2007: Chi ha davvero varcato quella soglia?
In tanti anni di processi, nuove indagini e perizie, alcuni punti restano sospesi nel vuoto. Come il mistero delle chiavi di casa: esistevano dei duplicati? E dove erano finiti? Ufficialmente, un mazzo era stato lasciato alla zia Rosa per annaffiare le piante, ma quella chiave non fu mai usata. Allora da dove è entrato l’assassino?
E poi, appunto, c’è il gatto. Rimasto lì per giorni, chiuso tra quelle mura sigillate, libero di camminare tra le prove, di lasciare tracce, di contaminare la scena.
È difficile dirlo con certezza, ma molti esperti pensano che la sua presenza abbia reso impossibile interpretare in modo chiaro alcune impronte e macchie di sangue. In altre parole, quel piccolo felino potrebbe aver inavvertitamente cancellato indizi preziosi.
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La casa di via Pascoli oggi è ancora lì, uguale. I genitori di Chiara ci vivono, perché dicono che “in quella casa c’è lei”. Non hanno mai cambiato nulla, nemmeno la sua cameretta. Ma il mistero resta sospeso nell’aria, come se ogni dettaglio, anche il più piccolo, avesse ancora qualcosa da dire.
E forse è proprio questo che continua a inquietare: la sensazione che, in mezzo a tanti errori e coincidenze, persino un gatto abbia potuto cambiare la storia. A Garlasco non c’è solo un delitto irrisolto, ma un puzzle che, dopo diciotto anni, non combacia ancora del tutto.
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