Il latino non è né di destra né di sinistra, dice Francesco Lepore

Né morto, né inutile. Il latino ancora oggi ha un ruolo cruciale per comprendere l’italiano e leggere il presente. Con tutta la sua bellezza, arriva fino ai nostri giorni e colleziona ancora appassionati e lettori in tutto il mondo. Come racconta bene Francesco Lepore, ex latinista papale, che ha presentato il suo ultimo libro “Bellezza antica e sempre nuova” (Castelvecchi) nel corso de Linkiesta Festival 2025.
«Mi sono innamorato del latino durante l’adolescenza, perché mio padre insegnava latino e greco», ha raccontato Lepore al giornalista de Linkiesta Andrea Fioravanti. Una passione coltivata nel tempo, che lo ha portato fino a tenere una rubrica quotidiana in latino “O tempora, o mores” su Linkiesta, commentando un fatto del giorno in latino, da Donald Trump a Sanremo, da Jair Bolsonaro agli Europei. Cinquanta di questi articoli si trovano anche nel libro Lepore, che si pregia della prefazione del cardinale Matteo Maria Zuppi.
«Il latino aiuta a conoscere il volto delle parole», ha spiegato Lepore. «Se pensiamo che oltre il 50 per cento del vocabolario di base è composto di latinismi, ci rendiamo conto quanto il latino sia importante per arricchire il nostro vocabolario, ma anche per conoscere le altre lingue romanze e pure le lingue germaniche, compreso l’inglese».
Ma in un mondo diviso in tifoserie, anche il latino è finito purtroppo nel tritacarne dell’agone politico, soprattutto dopo la proposta di rientro nei programmi scolastici da parte del ministro Valditara. «Il latino non è roba né di destra né di sinistra. È un bene comune, di tutti», ha spiegato Lepore. «Bisogna evitare le derive ideologiche».
Il latino è e resta anche la lingua ufficiale della Chiesa. Francesco Lepore affronta l’argomento in uno specifico paragrafo dal titolo provocatorio “Chiesa e latino: una storia d’amore finita?”, invitando a «evitare spaccature sul latino nella Chiesa». Che è e resta una lingua, come Lepore dimostra, dalla «bellezza antica e sempre nuova».
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