La misura del fuoco

La prima cosa che rimane in mente di Jessica Rosval è la coerenza tra lei e la sua cucina, insomma, tra com’è lei e come sono i piatti. Non capita spesso, sia nella cucina che in altri ambiti: c’è chi sembra una cosa e poi ne fa un’altra. Qui no: Jessica Rosval è la sua cucina e la sua cucina è lei, si specchiano. Nel piatto ritrovi la forza tranquilla che intuisci osservando come parla con la brigata e come gestisce il tempo del servizio con precisione, pazienza, e niente voce alta.
Classe 1985, Montreal, arriva in Italia nel 2013. Una cena all’Osteria Francescana cambia il corso delle cose: scrive a Massimo Bottura, entra in brigata, passa dagli antipasti agli eventi esterni e dal 2019 guida la cucina di Casa Maria Luigia. Non partiva da zero: prima, in Canada, il passaggio in cucine solide (Chez L’Épicier a Montréal, poi Bearfoot Bistro accanto a Melissa Craig), il tipo di palestra che fa capire quanto conti – moltissimo – la disciplina prima della creatività. A Modena, in campagna, mette a punto il suo metodo: il fuoco come strumento – forno a legna e braci – fino a farne la spina dorsale del servizio. Il tutto senza folklore inutile, ma usandolo come tecnica.
C’è poi un’idea di responsabilità in Jessica Rosval che non è un capitolo a parte. A Modena infatti segue l’Association for the Integration of Women, che forma gruppi di donne migranti con corsi di cucina e integrazione culturale. È un progetto semplice ma concreto: la ristorazione come luogo che può creare opportunità che vanno ben oltre il servizio e possono cambiare vite. La sostenibilità, per lei, è questa cosa qui: organizzazione e scelte quotidiane coerenti.

Oggi è alla guida del Gatto Verde, creato con Bottura e Lara Gilmore negli spazi di Casa Maria Luigia. L’obiettivo dichiarato è essere tra i ristoranti più sostenibili e i riscontri sono arrivati: una stella Michelin e la stella verde nella Guida 2025. Il tratto stilistico? Pochi elementi ben leggibili e cotture che danno profondità senza coprire. L’Appennino modenese – esplorato e scrutato con occhi che vengono da lontano: una canadese sugli Appennini, è già una storia – non è una cartolina: è un repertorio di ingredienti, consistenze, memorie.
Perché ci piace Jessica Rosval? Almeno per tre motivi. Primo: il fuoco non è scenografia, è un metodo. Secondo: tradizione e territorio non sono una maschera, sono una materia su cui lavorare con grande senso della misura. Terzo: l’idea di sostenibilità coincide con il mestiere quotidiano, non con la retorica. Il risultato sono piatti che non urlano ma sanno farsi ascoltare, e che riescono in qualcosa di complicato: restano nella memoria.
L’occasione per incontrarla è stata la rassegna “Giovani Talenti” a Eataly Milano Smeraldo, in collaborazione con Identità Golose: contesto pop e pubblico misto per un piccolo atlante emiliano filtrato dal fuoco. Un format che porta una firma d’autore davanti a un pubblico largo e fa passare l’idea di cucina degli chef partecipanti, in questo caso con misura, metodo, responsabilità.
L'articolo La misura del fuoco proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




