L’inestimabile eredità di Kongjian Yu, tra città spugna e riparazione dei paesaggi

Il 23 settembre è morto in un incidente aereo l’architetto cinese Kongjian Yu, sessantadue anni, inventore del concetto di città spugna e tra i primi promotori delle soluzioni basate sulla natura (Nature based solution) su cui si fondano le strategie di adattamento climatico dei nostri centri urbani. La sorte ha voluto che la tragedia avvenisse mentre, in Brasile, stava girando un documentario intitolato “Planeta Esponja” (Pianeta Spugna), dedicato al suo lavoro pionieristico che ha influenzato i progetti di rigenerazione territoriale di tutto il mondo. Con lui sono morti anche Luiz Ferraz e Rubens Crispim Junior, due registi brasiliani, e il pilota Marcelo Pereira de Barros.
L’industrializzazione della seconda metà del Novecento ha portato con sé una cementificazione sfrenata che ha soffocato le aree naturali delle città, incapaci di reagire all’aumento degli eventi meteorologici estremi dovuto all’emergenza climatica. Yu ha spesso parlato dell’importanza di «fare amicizia con l’acqua», sottolineando quanto fosse miope la visione antropocentrica dei processi di espansione urbana in Europa (prima) e in Asia (dopo).
A una natura sempre più imprevedibile, infatti, non possiamo rispondere solo con opere idrauliche mastodontiche e progetti futuristici, perché il cambiamento climatico è sulla via del peggioramento. E renderà vano ogni nostro tentativo di domarlo artificialmente.
L’uomo deve quindi fare un passo indietro, che in termini di progettazione urbana significa: eliminare l’asfalto laddove possibile (depavimentazione); riconsegnare ai fiumi i loro spazi verdi; realizzare stagni di ritenzione, bacini di infiltrazione e sistemi di drenaggio urbano sostenibile; costellare i quartieri di aiuole, alberi e superfici porose che possano assorbire e filtrare l’acqua piovana in eccesso, ricaricando naturalmente la falda. Questi concetti sono sempre più consolidati nella nostra cultura e nel nostro immaginario (anche se scarsamente applicati, soprattutto in Italia), e Kongjian Yu ne aveva colto prima di ogni altro la rilevanza.
A dieci anni, in Cina, Yu rischiò di affogare in un torrente vicino alla fattoria di famiglia, durante una violenta alluvione. Il terreno a riva si sgretolò sotto i suoi piedi, trascinandolo improvvisamente dentro l’acqua fuori controllo. Il suo destino cambiò grazie ai salici e ai canneti che rallentarono il flusso della corrente, consentendo a Yu di aggrapparsi alle piante e mettersi in salvo. La leggenda della “città spugna”, di fatto, partì da quel disastro sfiorato.
Per capire meglio l’eredità di Kongjian Yu è necessario parlare con chi l’ha conosciuto davvero, come Francesco Garofalo, architetto del paesaggio, docente al Politecnico di Milano e fondatore dello studio Openfabric: «Proprio un mese fa ero con lui a Pechino. Yu è uno che ha davvero cambiato le cose. Ha firmato settecento progetti e il suo impatto teorico andava di pari passo con l’essere un progettista prolifico», ha detto a Linkiesta.
L’incontro è avvenuto nell’ufficio di Kongjian Yu, all’interno del palazzo che ospita lo studio da lui fondato, Turenscape. «Su una parete c’era la sua foto con il Papa. Abbiamo avuto una conversazione lunga, stupenda. Mi ha fatto un sacco di domande sui miei progetti, soprattutto sul Parco della Reggia di Rivalta, a Reggio Emilia. Nei miei ricordi personali ci sarà sempre lui che, dopo aver osservato il progetto, mi guarda e dice che anche in Cina dovrebbero lavorare in quel modo sui dettagli», continua Garofalo.
La Cina, dopo anni di urbanizzazione sfrenata, sta vivendo un periodo di grave crisi del settore immobiliare. Kongjian Yu è riuscito a cogliere in questo momento di difficoltà un’opportunità per ripensare il ruolo di paesaggista, che deve rimediare agli errori del passato. Si passa dunque dall’architetto-autore all’architetto-valorizzatore, anche perché lo spazio edificabile è una risorsa finita.
«In Cina ho parlato con tante persone, tra studenti e giornalisti. Tutti mi chiedevano cosa ne pensassi della crisi dello sviluppo immobiliare cinese, cosa ne pensassi del fatto che c’è poco lavoro per gli architetti. Erano le stesse domande che mi fanno a Milano. Durante quella chiacchierata, io e lui abbiamo parlato anche di questa crisi. Yu ha confermato queste difficoltà, perché oggi si progetta molto meno rispetto a qualche anno fa. Dall’altra parte, però, ha aggiunto che questo momento particolare può segnare l’inizio di una nuova epoca, quella della riparazione del paesaggio», spiega Francesco Garofalo, che in passato ha insegnato all’Harvard Graduate School of Design.
L’architetto paesaggista italiano ha sottolineato che «negli ultimi anni Yu ha lavorato tantissimo con i progetti che, attraverso il paesaggio, puntavano a mitigare l’erosione costiera o a rinaturalizzare i fiumi. Lui diceva che sì, siamo in crisi, che l’epoca dei grandi sviluppi è finita. Ora, quindi, si apre un periodo di riparazione. Yu diceva che adesso tocca a noi, anche se ci sono meno lavori e più difficoltà. Bisogna infatti agire in un territorio sempre più fragile per via del cambiamento climatico, dell’urbanizzazione selvaggia, dell’inquinamento. Kongjian Yu ha dato un nuovo ruolo all’architettura del paesaggio, a cavallo tra scienza, geografia, architettura e design».
I bacini di infiltrazione naturali – letteralmente dei buchi a ridosso di un fiume – alla periferia di Pechino sono tra i progetti di Turenscape che meglio incarnano la filosofia di Kongjian Yu. Il paesaggio si può rimodellare con gentilezza per permettere al territorio di accogliere naturalmente l’acqua, rallentandone il flusso e riducendo i rischi per la popolazione colpita dagli allagamenti. «Il concetto di città spugna è parte integrante di questo processo di riparazione del territorio. Lui faceva spesso riferimento all’idea di un responsive landscape, un survival landscape. Era un paesaggista e un teorico, ma anche un progettista e imprenditore incredibile. Ha avuto una proiezione anticipatoria su tanti temi», conclude Garofalo.
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