Nessuna legittima aspettativa nell’antico abuso edilizio

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La sez. II Brescia del TAR Lombardia, con la sentenza 25 agosto 2025, n. 773, conferma l’orientamento consolidato secondo il quale, in presenza di un abuso edilizio, il privato non può confidare sulla protratta inerzia della PA per invocare il legittimo affidamento tutelabile.
Il caso
Il privato, imprenditore agricolo, impugna due ordinanze di rigetto del condono e ordine di demolizione.
A difesa espone:
- di avere costruito la propria abitazione rurale, strumentale allo svolgimento dell’attività agricola, intervenendo su un manufatto già esistente, originariamente adibito a ricovero animali, ma senza dotarsi preventivamente del necessario titolo abilitativo, avendo inoltrato domanda di condono per la definizione degli abusi (anno 2004); domanda rigettata nell’anno 2015, trattandosi di opere abusive insistenti su area sottoposta a vincolo ambientale e tali da configurare un illecito permanente insanabile;
- dopo 7 anni dall’avvio del procedimento, 18 anni dopo la presentazione della domanda di regolarizzazione edilizia e 19 anni dopo la fine dei lavori, il Comune, ingiunge la demolizione;
- una violazione del principio di leale collaborazione, senza peraltro restituire le somme incamerate “per la regolarizzazione della domanda”, avendo presentato la sanatoria sussisterebbe il ragionevole affidamento ingenerato dal lungo lasso di tempo trascorso;
- la prolungata inerzia dell’Amministrazione a fronte della commissione dell’abuso, avrebbe richiesto un interesse pubblico ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità, essendo necessario giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato anche in relazione all’affidamento ingenerato dal tempo trascorso, non avendo altresì dato comunicazioni di avvio del procedimento (difetto di istruttoria e altri vizi sarebbe incorsa la PA).
Merito
Il ricorso viene ritenuto infondato, respinto con condanna alle spese, sotto i seguenti profili motivazionali:
AREA SOTTOPOSTA A VINCOLO
L’elemento che ostacola la sanatoria, di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 24 novembre 2003 (c.d. terzo condono edilizio), è la presenza del vincolo paesistico, indipendentemente dalla natura assoluta o relativa del divieto di edificazione: nel caso dei c.d. abusi maggiori, tali da aver comportato un aumento di superficie e di volume (come nel caso di specie), non ha alcun rilievo, ai fini della relativa sanabilità, né il carattere relativo del vincolo, né l’eventuale conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
La sanabilità, infatti, delle opere abusive, di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli, a prescindere dal fatto che (ed anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del cit., D.L. n. 269/2003, le opere abusivamente realizzate sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni, siano “opere minori” senza aumento di superficie e volume: un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato[1].
PROFILO URBANISTICO VIOLATO
Le opere realizzate non risultano conformi alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione degli interventi e al momento della presentazione della domanda, con la conseguenza della totale mancanza di conformità, rilevando, altresì, che la parte ricorrente non è stata in grado di dimostrare la “preesistenza” delle opere rispetto alla data della richiesta: ciò che manca è l’allegazione probatoria[2], non potendo ritenere sufficiente la presentazione di un dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la quale deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti quali, ad esempio, le fatture, le ricevute relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali, i rilievi aereo fotogrammetrici[3].
Inoltre, rafforzare il merito anche se secondo la disciplina regionale di riferimento gli interventi sono coerenti con la loro realizzazione in zona agricola, tuttavia non si può prescindere dalla loro compatibilità con lo strumento urbanistico comunali, il quale esclude l’intervento edificatorio che si stacca dalle esigenze produttive aziendali per configurarsi come normale edificazione residenziale per l’imprenditore agricolo e i suoi familiari.
ABUSO EDILIZIO NESSUNA LEGITTIMA ASPETTATIVA
Si conferma un orientamento ormai consolidata[4] secondo il quale a fronte di un abuso edilizio, non può mai configurarsi un qualsivoglia affidamento ingenerato dall’inerzia dell’Amministrazione nel reprimere l’abuso stesso, pur in presenza di un procedimento di sanatoria, instaurato a istanza del privato.
La richiesta di sanatoria semmai può profilare dalle mere aspettative di fatto, non trattandosi di una situazione assimilabile a una posizione favorevole all’intervento riconosciuta da un atto in tesi illegittimo poi successivamente oggetto di un provvedimento di autotutela: l’ipotesi in cui l’intervento edilizio sia stato assentito da un titolo poi annullato deve essere tenuta ben distinta dalla fattispecie in cui lo stesso sia ab origine abusivo, a nulla rilevando che sia intervenuta un’istanza di condono, oltretutto successiva al sopralluogo dell’Amministrazione e alla contestazione dell’abuso.
Il tempo trascorso, dunque, non può pertanto presentarsi come un affidamento tutelabile circa l’esito favorevole della sanatoria, poiché l’abuso dispiega i suoi effetti in mancanza di un atto che lo regolarizzi, dovendo anche precisare che l’ordinanza di demolizione, avente un carattere rigidamente vincolato, non esige una particolare motivazione se non il richiamo all’accertato inadempimento alla demolizione (neppure è richiesta una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile): l’ordinamento tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem[5].
L’IDENTIFICAZIONE DEI BENI
L’ordinanza di demolizione risulta legittima anche se non identifica gli immobili attraverso i mappali quando è raggiunta la certezza delle opere da demolire: la mancata o inesatta indicazione degli estremi catastali dell’immobile nell’ordinanza di demolizione non costituisce vizio di legittimità in quanto è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, atteso che ogni altra indicazione esula dal contenuto tipico del provvedimento, mentre è l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire che necessita di individuare specificatamente la costruzione abusiva con l’indicazione dei dati catastali e di quelli presenti nella conservatoria dei registri immobiliari, anche con riferimento agli effetti sull’acquisizione delle aree[6].
Pare giusto rimarcare che il mancato spontaneo ripristino comporta il decorso dell’ordinanza di demolizione, atto che non abbisogna di una specifica motivazione, in quanto l’abusività costituisce di per sé motivo sufficiente per l’adozione della misura repressiva, essendosufficiente la mera enunciazione dei presupposti di fatto e di diritto che consentono l’individuazione della fattispecie di illecito, della consistenza delle opere (e delle aree di sedime) e dell’applicazione della corrispondente misura sanzionatoria prevista dalla legge[7].
L’accertamento dell’abuso (il c.d. verbale)[8] costituisce un atto facente fede fino a querela di falso, esplicitante in dettaglio la natura e consistenza delle opere abusive riscontrate, presupposto giustificativo da prevedere sempre nell’atto e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria, non essendo indispensabile, in ogni caso, alcun ulteriore obbligo motivazionale, come il riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico, dovendo, anzi, quest’ultimo ritenersi sussistente[9].
SILENZIO ASSENSO
In un procedimento di sanatoria il meccanismo del silenzio-assenso è incompatibile con la disciplina del condono edilizio: la specialità del procedimento e la relativa disciplina che contempla il cosiddetto silenzio-inadempimento, ai sensi dell’art. 32, comma 27, del decreto-legge n. 269/2003, nell’indicare le opere non suscettibili di sanatoria, richiama quanto previsto dagli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (e il citato art. 32 afferma che, salve le fattispecie previste dall’art. 33 – opere non suscettibili di sanatoria, per le quali è ovviamente esclusa ogni ipotesi di silenzio-assenso – qualora l’Amministrazione non esprima il parere nel termine di centottanta giorni, si forma il silenzio-rifiuto[10].
Proiezioni
La repressione dell’abusivismo edilizio si connota come un’attività vincolata nei cui confronti non è configurabile l’eccesso di potere per ingiustizia manifesta che è vizio tipico degli atti discrezionali, visto che il controllo del territorio e la repressione dell’abusivismo edilizio rappresentano un vero e proprio onere in capo all’Ente.
In dipendenza di ciò, in presenza di un’opera abusiva realizzata “da tempo immemore”, il responsabile (dell’abuso) può pensare di presentare una istanza di condono edilizio, il cui eventuale rigetto impone all’Amministrazione (venuta a conoscenza della violazione) di provvedere in merito, mediante l’ingiunzione di demolizione ed il ripristino delle opere abusive realizzate sul bene (di proprietà).
Il privato, dunque, non potrebbe giustificare una carenza motivazionale del provvedimento, sostenendo che l’Amministrazione comunale non abbia tenuto conto dell’affidamento ingeneratosi sull’intervento realizzato da tempo, specie quando le opere abusive sono state compiutamente individuate e contestate adeguatamente sotto il profilo fattuale del loro carattere abusivo.
Conseguentemente, il decorso del tempo, come chiaramente espresso nella sentenza, non incide sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito, sicché deve essere escluso che l’ordinanza di demolizione di immobile abusivo (pur se tardivamente adottata) debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico diverso rispetto al necessario ripristino della legalità violata, che costituisce attività dovuta[11].
Note
[1] Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2016, n. 40676, la sanatoria è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
[2] Spetta al privato dimostrare che un’opera edilizia abusiva sia stata ultimata entro una determinata data per accedere alla sanatoria o dimostrare la sua realizzazione in un periodo in cui non era richiesto alcun titolo abilitativo, Cons. Stato, sez. VI, 7 marzo 2025, n. 1924.
[3] TAR Lazio, Roma, sez. II quater, 15 maggio 2025, n. 9309.
[4] Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 17 ottobre 2017, n. 9.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2017, n. 908; sez. VI, 13 dicembre 2016, n. 5256.
[6] Cons. Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7103; TAR Lazio, Roma, sez. IV, 20 maggio 2024, n. 10125.
[7] Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 3 ottobre 2022, n. 6044 e n. 7832.
[8] Cfr. TAR Molise, sez. I, 9 giugno 2025, n. 181, sulla legittimità di un verbale con la presenza solo del tecnico comunale, in carenza, sul posto, di soggetti diversi dallo stesso verbalizzante.
[9] T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 3 febbraio 2020, n. 483.
[10] TAR Sicilia, Catania, sez. II, 23 gennaio 2025, n. 256.
[11] Cons. Stato, sez. VII, 17 aprile 2025, n. 3378.
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