Perché la Russia vuole il Donbas, e perché l’Ucraina non può permettersi di perderlo

Agosto 27, 2025 - 01:30
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Perché la Russia vuole il Donbas, e perché l’Ucraina non può permettersi di perderlo

Nella notte tra domenica e lunedì l’esercito ucraino ha liberato alcuni piccoli centri nella regione di Donetsk. Si tratta delle cittadine di Mykhailivka, Zeleny Hay e Volodymyrivka. L’operazione ucraina ha colto di sorpresa l’esercito russo, che ha perso una compagnia intera (tra i cento e i duecento soldati). I numeri possono sembrare esigui, ma si tratta di una vittoria dal grande valore militare e simbolico. Perché l’oblast di Donetsk è uno dei due – con l’oblast di Luhansk – che compongono il Donbas, la regione dell’Ucraina che Vladimir Putin vorrebbe conquistare per prima, sul campo o, forse, anche con un negoziato. «In cima alla lista della spesa di Vladimir Putin c’è la parte occidentale della provincia di Donetsk, che è ancora saldamente in mano ucraina», scriveva l’Economist la settimana scorsa.

Il Donbas ha le dimensioni di Piemonte, Liguria e Lombardia messe insieme e da più di dieci anni, cioè dal 2014, è la zona più calda di questa guerra. Secondo una stima di Reuters, l’Ucraina controlla ancora un’area di circa seimilaseicento chilometri quadrati nel Donbas: quel pezzo di territorio è in cima alla lista della spesa di Putin. Ma lì vivono più di duecentomila ucraini, tra Kramatorsk, Sloviansk e altre città.

In questi giorni si parla di Donbas soprattutto perché dovrebbe essere, secondo alcuni analisti, la chiave di volta di un negoziato di pace. L’Ucraina dovrebbe cedere il territorio alla Russia per accontentare il dittatore e sperare che si fermi. È chiaro che questa proposta non sta in piedi: c’è un’evidente assenza di logica nello scambiare un territorio che l’Ucraina controlla ancora, e una altrettanto evidente mancanza di conoscenze storiche – del Novecento, non del Duemila avanti Cristo – per voler accontentare un dittatore in una trattativa del genere.

Dietro il desiderio di Putin di appropriarsi di quel pezzo d’Ucraina si possono individuare diverse motivazioni. Ci sono cause storiche, culturali e politiche: in questo caso è utile riaprire il libro “Il Donbas è Ucraina” di Kateryna Zarembo pubblicato da Linkiesta Books – contiene tutte le spiegazioni del caso.

Ma non è solo storia. Non è solo simbolismo. È geografia militare. Le risorse del territorio – ricco di minerali e terre rare – contano, e soprattutto contano le fortificazioni che Kyjiv ha costruito in dieci anni di guerra. «Per l’Ucraina, il ritiro dalla parte occidentale di Donetsk significherebbe non solo la grave perdita di un territorio, con la prospettiva di un nuovo esodo di rifugiati, ma anche la caduta di un baluardo contro qualsiasi futura avanzata russa», scrive il New York Times.

Il Donbas è l’architrave della difesa ucraina. Negli ultimi dieci anni Kyjiv ha costruito in quell’area una cintura fortificata di grande importanza strategica: cederla a Putin potrebbe essere esiziale. Si tratta di una linea lunga cinquanta chilometri che comprende quattro città – Sloviansk, Kramatorsk, Druzhkivka e Kostiantynivka – e diversi centri abitati più piccoli, una barriera da Nord a Sud che ostacola l’obiettivo della Russia di conquistare l’intero Donbas, e anche la sua capacità di minacciare altre regioni.

I lavori per fortificare il territorio sono iniziati nel 2014, quando le forze ucraine hanno ripreso le quattro città dai rivoltosi filorussi sostenuti dal Cremlino nel 2014. Parlando con l’Economist, l’ex ministro della Difesa ucraino e attuale presidente del think tank Centre for Defence Strategies Andriy Zagorodnyuk ha detto che negli ultimi dieci anni sono stati fatti enormi investimenti in infrastrutture militari e fortificazioni. Sloviansk, che i russi hanno tentato senza successo di conquistare nel 2022, e Kramatorsk sono dei fondamentali hub logistici per le forze ucraine. Perdere queste zone significherebbe mettere a rischio l’intero Paese.

In una guerra così pervasiva in tutto il territorio, la difesa non si regge solo su trincee, cavalli di Frisia e fortificazioni. Quella del Donbas è anche un’area urbanizzata, quindi densa di edifici e siti industriali, strutture che contribuiscono a formare una barriera contro l’invasore russo. Poi ovviamente la cintura è stata aggiornata con nuovi strati di filo spinato, cemento, ghiaia e denti di drago di cemento.

Soprattutto dopo la caduta della città di Bakhmut e il fallimento della controffensiva ucraina nel 2023, Kyjiv si è impegnata a rinforzare ancora la linea difensiva con bunker e trincee, collegando un’ampia rete che si estende per diversi chilometri dal fronte alle retrovie.

«Il fallimento della Russia nel conquistare Slovyansk nel 2022 e le continue lotte per accerchiare la linea fortificata sottolineano il successo degli sforzi a lungo termine dell’Ucraina», scriveva un paio di settimane fa l’Institute for the Study of War (Isw). Inoltre: «Le forze russe stanno ancora tentando di accerchiare quella cintura da sud-ovest, ma allo stato attuale il tentativo di conquistarla probabilmente richiederebbe diversi anni. La cessione delle parti dell’oblast di Donetsk controllate dall’Ucraina porrebbe le forze russe ai confini dell’oblast stesso, una posizione notevolmente meno difendibile della linea attuale».

Insomma, la Russia non riesce a prendere per questo territorio tanto ambito sul campo, con la sola forza militare. Perché la resistenza ucraina lungo la linea fortificata è ancora solidissima. Per questo nelle ultime settimane dal Cremlino insistono sull’ipotesi di una cessione del territorio decisa a tavolino, in cambio del cessate il fuoco.

Ma se Kyjiv dovesse perdere il controllo di quella cintura difensiva dovrebbe urgentemente realizzare nuove fortificazioni lungo le zone di confine degli oblast di Kharkiv e Dnipropetrovsk, il cui terreno è poco adatto allo scopo: «Le potenziali linee difensive ucraine in questa zona si snoderebbero attraverso campi aperti e gli ostacoli naturali, come i fiumi Oskil e Siversky Donets, sono troppo a est per fungere da posizioni difensive per l’esercito», scrive ancora l’Institute for the Study of War.

C’è un motivo se l’Ucraina non è disposta ad accettare un accordo così svantaggioso, uno che renderebbe praticamente impossibile parlare di garanzie di sicurezza per il Paese.

Un paio di settimane fa Volodymyr Zelensky ha escluso qualsiasi ritiro delle forze ucraine da Donbas, dicendo che cedere la regione alla Russia sarebbe un regalo a Putin.

Chiunque proponga un cessate il fuoco in cambio della cessione del Donbas alla Russia non solo sta ignorando la storia e le persone di quel luogo. Sta anche aprendo il campo a futuri attacchi russi contro un’Ucraina difensivamente più fragile.

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