Politica industriale e transizione verde: le priorità del governo per rilanciare gli investimenti
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Politica industriale e transizione verde: le priorità del governo per rilanciare gli investimenti
Il ministro Urso illustra la visione del Governo per il rilancio della politica industriale italiana, le principali misure della Legge di Bilancio e la strategia per sostenere la competitività del sistema produttivo. Al nuovo piano Transizione 5.0, con 4 miliardi di risorse e incentivi fiscali per la digitalizzazione e la sostenibilità, si affiancano fondi per ZES, Nuova Sabatini, Contratti di Sviluppo e turismo, per un totale – spiega il ministro – di oltre 9 miliardi…

Nel dibattito sulle strategie per rilanciare la crescita e gli investimenti produttivi, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha delineato le linee guida della nuova politica industriale italiana durante il Made in Italy Summit 2025. Al centro dell’intervista, il nuovo piano a supporto degli investimenti che sostituirà gli attuali piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0, il rapporto tra rigore di bilancio e sostegno alla crescita, il futuro dell’automotive europeo e le sfide aperte della siderurgia nazionale.
Un bilancio tra rigore e crescita
Il ministro Urso ha definito il nuovo piano Transizione 5.0 come «il cuore» della manovra economica, con una dotazione di 4 miliardi di euro. Lo schema prevede incentivi destinati a sostenere la digitalizzazione e la sostenibilità delle imprese, utilizzabili a partire dal 2026 e strutturati secondo la formula dell’iperammortamento, con effetti distribuiti sul bilancio dello Stato negli anni successivi.
Secondo il ministro, la dotazione complessiva per il rilancio produttivo «supera i 9 miliardi di euro», includendo 4 miliardi per la Zona Economica Speciale (ZES), 750 milioni per la Nuova Sabatini, 550 milioni per i Contratti di Sviluppo e 150 milioni per gli investimenti nel turismo alberghiero. Si tratta, ha spiegato, di strumenti «molto apprezzati dalle piccole e medie imprese», che dovrebbero essere resi più semplici e rapidi nella gestione.
A chi gli chiedeva se la riduzione delle risorse rispetto alle fasi precedenti del PNRR rappresentasse un limite, Urso ha risposto che «le imprese ci hanno posto un obiettivo ambizioso: 8 miliardi nei prossimi tre anni per un piano triennale per l’industria». Nonostante i vincoli di bilancio legati all’eredità del Superbonus, il ministro ha rivendicato la capacità di «coniugare rigore e crescita».
Urso ha sottolineato alcuni indicatori macroeconomici a sostegno di questa lettura: l’inflazione scesa dall’oltre 12% del 2021 all’1,6%, sotto la media europea; lo spread ridotto da 238 a 78 punti; e una Borsa di Milano raddoppiata in tre anni. Ha inoltre ricordato che nel 2024 l’Italia ha registrato «un record di investimenti esteri in Greenfield pari a 35 miliardi di euro, più di Francia e Germania».
Sul fronte interno, il ministro ha posto l’accento sulla crescita dell’occupazione stabile, affermando che «in questi anni sono stati creati 200.000 posti in più nel Mezzogiorno e 1,5 milioni di contratti a tempo indeterminato». Secondo Urso, il Sud starebbe «recuperando divario produttivo e occupazionale» e avviandosi «sulla strada del riscatto».
L’industria europea e il nodo del Green Deal
Il confronto si è poi spostato sul futuro dell’industria europea e sulla revisione del Green Deal, con particolare riferimento al settore automotive e alla scadenza del 2035 per la fine dei motori a combustione.
Urso ha spiegato che «oggi ci sono finalmente i margini per rimettere l’auto europea sulla strada giusta». Tre anni fa, ha ricordato, l’Italia appariva isolata nel chiedere una maggiore flessibilità, ma il lavoro diplomatico svolto «ha portato alla condivisione di un documento congiunto con la Germania» che ha orientato la presidente Ursula von der Leyen verso la neutralità tecnologica.
«L’utilizzo di ogni tecnologia sostenibile sul piano ambientale – ha precisato – compresi i biocarburanti, consentirà di non penalizzare le imprese europee». Il ministro ha definito questa posizione un punto di svolta: «Finalmente la ragione prevale sull’ideologia, la responsabilità sulla demagogia».
Urso ha ricordato come l’Italia avesse già chiesto, un anno prima, di anticipare la revisione del regolamento sulle emissioni di CO₂, per evitare che l’entrata in vigore delle supermulte dal 1° gennaio 2025 portasse «al tracollo dell’industria dell’auto europea». Il ministro ha dichiarato che questa richiesta «è stata accolta» e che ora il tema è «percorrere rapidamente la strada della riforma».
Stellantis e la partita dell’automotive italiano
Nel dialogo con Carmine Fotina, Urso ha affrontato anche il tema degli investimenti di Stellantis e del loro impatto sul sistema produttivo nazionale. Il gruppo automobilistico, ha ricordato, ha presentato un “Piano Italia” con 2 miliardi di investimenti nel 2025 e 6 miliardi di contratti di filiera, finalizzati a sostenere le aziende italiane nella transizione verso i nuovi modelli.
«Stellantis – ha spiegato – lo ha fatto a Torino, annunciando nuove assunzioni e ottenendo consenso anche dagli enti locali, e lo farà negli altri stabilimenti». Urso ha evidenziato il ruolo del nuovo management, guidato dall’amministratore delegato Antonio Filosa, e la scelta del gruppo di aderire all’Associazione Europea dei Costruttori (ACEA), allineandosi alle posizioni condivise da ANFIA e CLEPA.
Secondo il ministro, questa convergenza tra industria e istituzioni «dimostra che l’Italia, dopo aver fatto i compiti a casa con severità e rigore, può oggi chiedere all’Europa di fare lo stesso».
Il tema della competitività industriale resta però legato anche alla coerenza delle scelte europee. Fotina ha ricordato come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio avesse segnalato una crescita della produzione industriale ancora inferiore alla media dell’area euro, un dato che rappresenta uno dei nodi critici per la piena ripresa del settore manifatturiero.
La siderurgia e il caso Ilva
Un altro punto centrale dell’intervista riguarda la siderurgia e la questione dell’ex Ilva di Taranto, che Urso ha definito «la vertenza più difficile, un lascito pesante del passato».
Il ministro ha illustrato le iniziative già avviate in altri poli industriali: l’accordo con Arvedi per il rilancio del sito di Terni con tecnologie green; due accordi con Gindal per l’ammodernamento del treno rotaie; e la collaborazione con Dinvest per la costruzione di due forni elettrici a Piombino, destinati a reinserire nel ciclo produttivo lavoratori fermi da dieci anni di cassa integrazione.
L’obiettivo, ha detto Urso, è che «Piombino torni a essere un polo siderurgico italiano, totalmente green». Per Taranto, invece, servirà «coniugare lavoro e salute, impresa e ambiente», in un percorso che il ministro definisce «una sfida complessa che richiede il concorso di tutti».
La prospettiva, nelle sue parole, è quella di restituire centralità al settore siderurgico come pilastro della politica industriale italiana, in linea con gli obiettivi di transizione ambientale e autonomia produttiva europea.
Verso una politica industriale per la competitività europea
Dalle parole del ministro emerge un disegno che punta a rendere la politica industriale italiana più coerente con le sfide continentali: transizione verde e digitale, rilancio del manifatturiero, autonomia tecnologica e attrazione di capitali internazionali.
Urso ha sottolineato che il Paese «ha dimostrato di poter coniugare crescita e disciplina di bilancio», ribadendo l’intenzione di proseguire su una rotta che mantenga equilibrio tra investimenti produttivi e sostenibilità fiscale.
In questa cornice, la cooperazione tra governo, imprese e istituzioni europee rappresenta – nelle parole del ministro – «la condizione necessaria perché l’Europa faccia oggi i compiti insieme all’Italia».
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