Riforma delle elezioni comunali, l’allarme dei sindaci: a rischio stabilità democratica?

Ottobre 11, 2025 - 08:00
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Riforma delle elezioni comunali, l’allarme dei sindaci: a rischio stabilità democratica?

lentepubblica.it

Una modifica profonda alla legge elettorale dei Comuni rischia di cambiare in modo radicale il volto della democrazia locale italiana: è l’allarme lanciato dai sindaci.


Per ALI – Autonomie Locali Italiane, il disegno di legge n. 1451 attualmente all’esame del Senato rappresenta «una regressione istituzionale» che potrebbe minare uno dei sistemi più solidi e collaudati della Repubblica.

La proposta, presentata dai capigruppo della maggioranza Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore, intende introdurre una serie di cambiamenti sostanziali per l’elezione dei sindaci nei Comuni con oltre 15.000 abitanti: soglia di elezione abbassata dal 50 al 40 per cento, abolizione del ballottaggio, soppressione del voto disgiunto e assegnazione automatica del 60% dei seggi alla coalizione del candidato vincente.

Secondo i promotori, si tratterebbe di una misura di “semplificazione”, utile a evitare i casi in cui, come accaduto a Udine o a Campobasso, il candidato risultato secondo al primo turno ha poi prevalso al ballottaggio. Tuttavia, per i critici, la riforma rischia di compromettere l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità, pilastro del sistema introdotto nel 1993 e poi recepito nel Testo unico degli enti locali (TUEL).

Un modello che ha garantito equilibrio e partecipazione

Il sistema attuale, basato sull’elezione diretta del sindaco a doppio turno, è considerato una delle innovazioni più riuscite della storia istituzionale italiana. Introdotto con la legge n. 81 del 1993, ha assicurato stabilità politica, trasparenza e una forte legittimazione popolare dei sindaci.

Per oltre trent’anni, questo meccanismo ha permesso ai cittadini di scegliere in modo diretto i propri amministratori, rafforzando il legame tra elettori e istituzioni. Il doppio turno ha favorito la formazione di coalizioni ampie e rappresentative, costringendo le forze politiche a trovare convergenze programmatiche e leadership condivise.

Inoltre, la possibilità di esprimere voto disgiunto — cioè scegliere un candidato sindaco e una lista non collegata — ha garantito maggiore libertà agli elettori, rendendo le elezioni comunali un terreno di confronto realmente aperto. Questo equilibrio tra rappresentanza e governabilità ha trasformato i Comuni italiani in un “laboratorio democratico” spesso citato come modello anche per altri livelli istituzionali.

Come ha ricordato Roberto Gualtieri, presidente nazionale di ALI e sindaco di Roma, «il sistema dei Comuni è stato uno dei motori della stabilità politica locale, consentendo agli amministratori di governare con legittimazione diretta e responsabilità chiara di fronte ai cittadini».

Cosa cambierebbe con la nuova legge

Il disegno di legge n. 1451, approvato in Commissione con alcune modifiche lo scorso 30 luglio, interviene direttamente sugli articoli 72 e 73 del TUEL, introducendo quattro novità principali:

  1. Elezione al primo turno con il 40% dei voti validi, anziché con la maggioranza assoluta.

  2. Abolizione del ballottaggio, salvo rarissimi casi di parità.

  3. Premio di maggioranza fisso del 60% dei seggi per le liste collegate al sindaco eletto.

  4. Eliminazione del voto disgiunto, che renderebbe nullo il voto espresso per un sindaco e una lista non collegata.

Secondo i sostenitori della riforma, la modifica permetterebbe di velocizzare le procedure elettorali e ridurre i costi, oltre a evitare l’effetto “paradossale” di ribaltamenti al secondo turno. Ma per ALI e numerosi costituzionalisti, la misura avrebbe conseguenze molto più gravi di quelle che si intendono correggere.

I rischi per la rappresentanza e la legittimazione democratica

Gli esperti sottolineano come la riduzione della soglia al 40% possa portare all’elezione di sindaci sostenuti da una minoranza relativa di cittadini. In pratica, un’amministrazione comunale potrebbe governare con meno della metà del consenso effettivo, riducendo la legittimazione popolare e alterando il rapporto fiduciario tra elettori e amministratori.

L’abolizione del ballottaggio, inoltre, eliminerebbe lo spazio di ricomposizione politica tra il primo e il secondo turno, che per trent’anni ha permesso di costruire coalizioni stabili e inclusive. Si tratta di un passaggio cruciale: il ballottaggio non è solo un meccanismo tecnico, ma un momento di sintesi democratica, in cui diverse forze possono convergere su una candidatura comune, garantendo rappresentatività e coesione.

Altro punto critico riguarda il premio di maggioranza fisso, che assegna automaticamente il 60% dei seggi alla coalizione del vincitore, indipendentemente dal consenso reale ottenuto. Un sistema di questo tipo, osservano i costituzionalisti Stefano Ceccanti e Salvatore Curreri, rischia di creare una sproporzione evidente tra voti e seggi, alterando la rappresentanza nei consigli comunali.

Infine, l’abolizione del voto disgiunto ridurrebbe la libertà di scelta dell’elettore, limitando la possibilità di esprimere un voto personale e indipendente dai partiti. Una scelta che, oltre a impoverire la partecipazione civica, finirebbe per favorire le logiche di schieramento rigido, a scapito delle esperienze civiche e delle liste locali.

Un potere sempre più concentrato

Oltre ai problemi di rappresentanza, il nuovo sistema rischierebbe di accentuare il carattere monocratico del potere locale, concentrando nelle mani del sindaco un controllo ancora maggiore sul consiglio comunale. In questo modo, l’organo elettivo verrebbe di fatto ridotto a una funzione di ratifica, con un indebolimento della dialettica politica interna e del ruolo di controllo dell’opposizione.

«Si andrebbe verso un modello plebiscitario – avverte Curreri – dove la scelta del sindaco coinciderebbe quasi interamente con la composizione del governo cittadino. Un equilibrio costruito con pazienza negli anni verrebbe spezzato in nome di una presunta efficienza».

A destare preoccupazione è anche il profilo costituzionale della riforma. Diversi giuristi ritengono che il nuovo sistema possa entrare in conflitto con i principi di uguaglianza del voto e rappresentanza proporzionale sanciti dalla Carta. La riduzione della soglia e il premio fisso, infatti, potrebbero determinare maggioranze artificiali non rispecchianti la volontà popolare.

Le motivazioni politiche dietro la riforma

Dietro l’apparente obiettivo di “semplificare” le elezioni comunali, molti osservatori intravedono invece un disegno politico più ampio. Nei grandi centri urbani, infatti, le forze di centro-sinistra hanno spesso ottenuto risultati migliori, ma questo — osservano i critici — non dipende dal meccanismo del ballottaggio, bensì da fattori socioculturali e demografici comuni a molte democrazie occidentali.

La modifica della legge, dunque, rischierebbe di cristallizzare vantaggi elettorali momentanei, piegando le regole del gioco a interessi di parte. Un approccio che, secondo ALI, mina la credibilità dell’intero sistema democratico locale.

Un appello al Parlamento

L’associazione dei sindaci invita il Parlamento a riflettere a fondo prima di approvare una riforma che, sotto il pretesto della rapidità, potrebbe cancellare trent’anni di equilibrio istituzionale. «Non è la velocità dello spoglio elettorale che rafforza la democrazia – ricordano da ALI – ma la qualità della rappresentanza e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni».

Il sistema attuale, con il doppio turno e il voto disgiunto, ha mostrato di saper garantire governabilità e partecipazione anche nei contesti politici più frammentati. Cambiarlo ora, senza una ragione sistemica e senza un confronto ampio con i territori, significherebbe rinunciare a una delle conquiste più solide della democrazia italiana.

Il messaggio è chiaro: la democrazia locale non ha bisogno di essere “semplificata”, ma rafforzata. Difendere l’attuale modello elettorale significa difendere il principio stesso della rappresentanza, su cui si fonda la fiducia dei cittadini verso i loro sindaci e le istituzioni che li governano.

Il documento di ALI Autonomie con l’allarme dei sindaci sulla riforma delle elezioni comunali

Qui il testo completo.

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