Su Almasri il governo ha giocato sporco e ha perso lo stesso

L’ultima puntata del caso Almasri, il torturatore libico arrestato in Italia e prontamente rispedito in patria dal governo Meloni, è senza dubbio la più imbarazzante. L’uomo è stato infatti arrestato a Tripoli, sulla base delle stesse accuse formulate dalla Corte penale internazionale per cui avremmo dovuto trattenerlo noi. Ad aggiungere un ulteriore tocco di ridicolo a tutta la vicenda, Palazzo Chigi ieri ha detto di aver sempre saputo del mandato di cattura e di averlo rimandato apposta in Libia, dove però i video non lo mostrano tradotto in catene, ma accolto con fuochi d’artificio e portato in trionfo dai sostenitori. Posso sbagliare, naturalmente, ma l’impressione è che alla fine il governo italiano, nella consueta, difficile e oscura partita di poker con le fazioni libiche, sia riuscito al tempo stesso a barare e a perdere. Pensando di fare i furbi, hanno fatto la fine del pollo. Hanno clamorosamente disatteso impegni e vincoli internazionali per inchinarsi alla fazione risultata alla fine pure perdente.
Questo naturalmente non cancella le enormi responsabilità dei governi precedenti e di svariate generazioni di riformisti del Pd che da questo genere di partite a poker con tagliagole e torturatori sono usciti più volte in mutande, lasciando il nostro paese ostaggio dei loro ricatti, e tanti innocenti a morire nei lager. Ma lo smacco per Giorgia Meloni è particolarmente pesante, non solo per il merito della vicenda, ma anche per il contrasto con tanta propaganda e tanta retorica sulla lotta contro gli scafisti, ai quali prometteva di dare la caccia lungo tutto «l’orbe terracqueo».
Impulso che si è tradotto in leggi atroci, che spesso finiscono per mandare in carcere innocenti che meriterebbero semmai protezione, come la ventottenne Maysoon Majidi, regista e attivista curda per i diritti umani in fuga dall’Iran degli Ayatollah, che qui si è fatta dieci mesi di galera, prima di essere riconosciuta del tutto estranea alle accuse. E quando invece, per puro caso, il vero capo dei trafficanti di uomini viene catturato sul serio dalla polizia italiana, cosa fa il governo? Lo rispedisce di corsa a casa, nascondendosi dietro la scusa di presunti vizi procedurali nella richiesta della Corte penale internazionale (come questo poi si concili con la versione di ieri è un problema che lascio alla fantasia del lettore).
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