Un parere ANAC che solleva più dubbi che certezze sugli incentivi tecnici

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Con il parere del 23 luglio 2025 (fasc. 2764/2025), l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha ribadito che gli incentivi tecnici attribuiti ai dipendenti delle amministrazioni devono essere pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente”, sottosezione “Personale – Incarichi conferiti ed autorizzati ai dipendenti”, con indicazione di nominativo, oggetto, durata e compenso.
Un orientamento che, pur fondato sul richiamo all’art. 18 del d.lgs. 33/2013, non appare privo di criticità.
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La ratio originaria dell’art. 18 d.lgs. 33/2013
L’art. 18 del decreto trasparenza stabilisce che le pubbliche amministrazioni pubblichino gli incarichi conferiti o autorizzati ai propri dipendenti, con indicazione della durata e del compenso. La norma è stata tradizionalmente intesa con riferimento a incarichi esterni – cioè prestazioni rese dal dipendente a favore di enti diversi da quello di appartenenza – che necessitano di preventiva autorizzazione ai sensi dell’art. 53, co. 6, d.lgs. 165/2001.
Lo spirito era chiaro: rendere visibili incarichi extra-istituzionali, così da prevenire conflitti di interessi e verificare eventuali cumuli di compensi.
Estendere la disposizione agli incarichi interni, ossia a compiti istituzionali che il dipendente svolge per il proprio ente, appare un’operazione interpretativa discutibile.
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Gli incentivi tecnici non sono “incarichi esterni”
Gli incentivi per funzioni tecniche hanno una disciplina speciale nell’art. 45 del d.lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici). Essi costituiscono una voce del trattamento accessorio, correlata a responsabilità aggiuntive (RUP, DEC, collaboratori tecnici).
Si tratta quindi di compensi endo-amministrativi, fissati dalla contrattazione e liquidati con provvedimenti dirigenziali. Assimilarli a incarichi esterni di consulenza o collaborazione – che l’art. 18 mira a rendere pubblici – significa forzare il dettato normativo.
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Il nodo della riservatezza
Lo stesso Garante Privacy, nel parere del 10 marzo 2025, ha sottolineato come la diffusione indiscriminata di dati nominativi e compensi accessori rischi di tradursi in una ingiustificata esposizione dei dipendenti, rendendo conoscibile la loro situazione economico-patrimoniale.
È significativo che gli artt. 14 e 15 del d.lgs. 33/2013 impongano la pubblicazione nominativa solo per organi politici, dirigenti e consulenti esterni. Non vi è alcuna norma che estenda lo stesso regime a dipendenti non apicali che percepiscono incentivi tecnici.
Si rischia quindi di produrre una trasparenza “sproporzionata”, che collide con l’art. 5-bis del d.lgs. 33/2013 e con il principio di minimizzazione del GDPR.
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Retroattività e problemi applicativi
Altro punto irrisolto: la decorrenza dell’obbligo. Se l’interpretazione ANAC fosse accolta, occorrerebbe pubblicare tutti gli incentivi già conferiti in passato, con un carico amministrativo enorme e un dubbio di legittimità.
La trasparenza non dovrebbe trasformarsi in un obbligo retroattivo privo di base normativa espressa.
Conclusione
Il parere ANAC sembra confondere due piani distinti:
- la necessaria pubblicità degli incarichi esterni conferiti ai dipendenti (art. 18 e art. 53 d.lgs. 165/2001);
- la gestione degli incentivi interni, che trovano disciplina speciale nell’art. 45 del d.lgs 36/2023 e nei contratti collettivi.
La trasparenza è un valore costituzionale (art. 97 Cost.), ma non può diventare un pretesto per esporre dati personali in modo eccessivo e non proporzionato.
Più che chiarire, il parere ANAC sembra aprire una stagione di incertezza interpretativa, con il rischio di sovrapporre regole pensate per i controlli esterni a meccanismi retributivi interni. Un terreno scivoloso, dove il confine tra trasparenza e tutela della riservatezza appare oggi più incerto che mai.
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