Trump ha chiesto alla ministra della giustizia di perseguire i suoi rivali politici

Settembre 23, 2025 - 01:00
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Trump ha chiesto alla ministra della giustizia di perseguire i suoi rivali politici

Donald Trump ha chiesto pubblicamente alla procuratrice generale Pam Bondi di mettersi all’opera per perseguire alcuni dei suoi più noti avversari politici. Tra questi ci sarebbe l’ex direttore dell’Fbi James Comey, la procuratrice generale di New York Letitia James e il senatore democratico Adam Schiff. «Non possiamo più rimandare, sta uccidendo la nostra reputazione e credibilità», ha scritto il presidente in un post diretto a Bondi. «Mi hanno messo sotto accusa due volte e incriminato cinque volte, per nulla. Giustizia deve essere fatta, ora!» (qui il messaggio è stato ripulito da punteggiatura e maiuscole esasperate di Trump).

Le pressioni sono arrivate all’indomani della rimozione di Erik Siebert, il procuratore federale del distretto orientale della Virginia, che non aveva incriminato James e Comey, segnalando fino a che punto Trump è disposto a spingersi per piegare il Dipartimento di Giustizia al proprio disegno politico. Al posto di Siebert la Casa Bianca vorrebbe piazzare Lindsey Halligan, un’avvocata del team legale personale del presidente senza alcuna esperienza da pubblico ministero.

Il segnale è chiaro: chi non asseconda le richieste del presidente rischia l’estromissione. Altri procuratori, come Kelly Hayes nel Maryland, sono già sotto pressione: a loro viene chiesto di aprire procedimenti contro figure critiche verso Trump, anche in assenza di prove concrete. Un approccio che, come nota il New York Times, mina le fondamenta stesse del sistema di giustizia federale, che dalla stagione post-Watergate si era costruito una tradizione di autonomia rispetto all’interferenza politica.

Anche nel suo discorso alla commemorazione di Charlie Kirk, in Arizona, Trump ha alternato un omaggio alla vita di uno dei suoi più fedeli alleati e la promozione del suo programma politico sempre più autoritario: ha ricordato Kirk come un «martire» e ha attribuito la responsabilità della sua morte alla politica progressista, poi ha giurato che il Dipartimento di Giustizia sta «indagando su reti di maniaci di estrema sinistra che finanziano, organizzano, alimentano e perpetrano violenza politica».

La richiesta esplicita a Bondi segna un ulteriore scivolamento verso logiche autoritarie. Non è un episodio isolato: da quando è tornato alla Casa Bianca, Trump ha usato in modo aggressivo i poteri presidenziali per colpire avversari e rafforzare il controllo politico. Dalla minaccia di revocare le licenze televisive ai network critici, fino al ricorso massiccio a stati di emergenza nazionale per aggirare il Congresso, la sua presidenza è segnata da un uso estensivo e discutibile degli strumenti legali a disposizione.

Il messaggio politico è quello della vendetta. Trump vuole colpire chi lo ha indagato o criticato, e giustifica le sue azioni lavorando su una narrazione che lo vede vittima di un sistema ostile. Ma la conseguenza di questo suo approccio è un indebolimento già evidente delle garanzie democratiche negli Stati Uniti, con la giustizia piegata a interessi politici. Come ha sintetizzato l’ex governatore Repubblicano Chris Christie, «quando le decisioni in materia di giustizia penale vengono prese da chi non ha competenze, la gente conclude subito che siano motivate dalla politica. Ed è una discesa pericolosa che il nostro sistema politico non può permettersi di imboccare».

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Redazione Redazione Eventi e News