Venice Sustainable fashion forum: per Cottarelli "l'Ia ci può salvare da tanti guai, se è una bolla lo si saprà solo ex post"
"L'intelligenza artificiale ci può salvare da tanti guai, se è una bolla lo si saprà solo ex post": con queste parole Carlo Cottarelli, direttore del programma per l’Educazione nelle scienze economiche e sociali e dell’Osservatorio sui conti pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è intervenuto ieri, a Venezia, alla quarta edizione del “Venice Sustainable fashion forum" che ha messo sotto ai riflettori il tema della sostenibilità nella filiera della moda. "Harmonizing Values” è stato il titolo e il tema conduttore dell'evento annuale organizzato organizzato in modo congiunto da Confindustria Moda, Teha Group e Confindustria Veneto Est. La produttività del lavoro può aumentare grazie all'Ia, ha aggiunto Cottarelli, sottolineando che si tratta di uno strumento che può essere utilizzato per fronteggiare tempi complessi come quelli che stiamo vivendo.
"Se confrontiamo la nostra situazione con quella dei nonni e dei nostri genitori, noi non abbiamo il diritto per spaventarci; è il momento di avere coraggio per affrontare i problemi", ha aggiunto Cottarelli.
I cambiamenti geopolitici globali stanno rimodellando la transizione
In effetti, come sottolineato dalla ricerca “Just fashion transition 2025” di Teha Group, i cambiamenti geopolitici globali stanno rimodellando la transizione, concentrandosi sulla competitività e sulla sicurezza. Inoltre, l'industria della moda dell'Ue è divisa tra due tendenze a lungo termine: la frammentazione e la crescente produttività del lavoro.
Entro il 2030, l'industria della moda dell'Ue potrebbe crescere di oltre il 12%, nonostante la debolezza della domanda e l'aumento dei costi. Nel frattempo, sebbene il numero di imprese continui ad aumentare costantemente nel tempo, quasi 293mila posti di lavoro potrebbero andare persi, soprattutto nell'Europa orientale.
Come sottolineato da Carlo Cici, partner ed head of sustainability practices, The European House, Ambrosetti, presentando lo studio “Just fashion transition 2025”, “il riposizionamento della transizione in una nuova grammatica geopolitica improntata a competitività e sicurezza ricorda quanto le narrazioni siano importanti per determinare il corso del cambiamento. Il settore Ue del fashion ne è la dimostrazione. Gli attributi di valore che a lungo hanno descritto il vantaggio competitivo di Francia, Italia e Spagna, negli ultimi 20 anni hanno perso il proprio peso mediatico. Tradizione, lusso, artigianalità, design e sostenibilità, oggi, vengono associati ai Paesi “brand-of-origin” Eu meno frequentemente rispetto al periodo 2000-12".
Intanto, la Cina ha saputo ridefinire il proprio ruolo nella moda globale facendo leva su innovazione (+5,6
punti percentuali) e creatività (+6 punti percentuali), scostandosi dalla storica fama di “fabbrica del mondo”.
Agire non è solo fondamentale ma anche urgente. E l’innovazione è l’unica leva che può permettere di conciliare marginalità
di breve termine e sviluppo sostenibile di lungo periodo. Perché in un mercato insostenibile, nessuna
azienda può prosperare. Per questo, credo che le 6 proposte individuate nello studio per alimentare una
transizione che sappia essere realmente competitiva e giusta faranno molto discutere”, dice Cici.
I consumatori dell’Unione europea acquistano il 60% in più di vestiti rispetto al 2000
La moda europea, si legge, ancora, nello studio “Just fashion transition 2025”, sta compiendo progressi in materia di circolarità, specialmente sul fine vita, ma basterà per rispondere alle sfide del sovraconsumo? La produzione globale di fibre è più che raddoppiata in 2 decenni. I consumatori dell’Unione europea acquistano il 60% in più di vestiti rispetto al 2000, ma li conservano per metà del tempo, generando quasi 7 milioni di tonnellate di rifiuti l'anno. Sebbene i tassi di raccolta e riciclo siano migliorati (rispettivamente del 51% e del 20%), metà dei tessuti scartati finisce ancora nell’indifferenziata.
Le clean tech disponibili sono già mature, ma la loro adozione è ancora limitata a causa degli elevati costi iniziali
In questo scenario le clean tech disponibili nel settore sono già mature, ma la loro adozione è ancora limitata a causa degli elevati costi iniziali. Nel 66% dei casi, le soluzioni tecnologiche disponibili per il settore sono già mature, quasi la metà dei brevetti europei in ambito cleantech riguarda materiali avanzati. Infine, la finanza è la chiave per aiutare le aziende della filiera che non possono permettersi da sole gli investimenti necessari per la decarbonizzazione. Il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati per il 2030 richiederà almeno 4,4 miliardi di investimenti aggiuntivi. Il calo della marginalità nel settore però, rende tali investimenti attualmente insostenibili per quasi il 60% delle aziende italiane della moda.
Sburlati (Confindustria Moda): dobbiamo armonizzare le regole, semplificare gli audit e difendere la dignità del lavoro
Alcune possibili soluzioni per salvaguardare il made in Italy sono state illustrate anche da Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda.
“Il sistema moda è sotto pressione: l’export rallenta, l’import cresce e modelli ultra-fast mettono a rischio qualità, diritti e valore del made in Italy. La nostra risposta deve essere unitaria: legalità, innovazione e coerenza etica devono diventare i nuovi
pilastri della competitività europea. L’Epr non è un vincolo, ma una grande opportunità per costruire in Italia la prima filiera europea del riciclo tessile, creando occupazione e valore sostenibile. Dobbiamo armonizzare le regole, semplificare gli audit e difendere la dignità del lavoro lungo tutta la catena produttiva. La sostenibilità non può essere solo un adempimento burocratico: è la leva per ridare centralità alla manifattura
italiana, ricca di competenze ma povera di materie prime, per un sistema che diventi un nuovo motore di
bellezza, responsabilità e innovazione", ha auspicato Sburlati.
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